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Chi è in testa nella corsa al vaccino anti COVID

I vaccini candidati in sviluppo contro il coronavirus SARS-CoV-2 sono circa duecento, dei quali quaranta testati sull’uomo e 9 entrati nella sperimentazione clinica di Fase 3, quella più delicata che precede l’approvazione e l’immissione in commercio. Ecco qual è la preparazione in testa alla “corsa” e quali sono le altre considerate più promettenti e vicine al traguardo.
A cura di Andrea Centini
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Nel momento in cui stiamo scrivendo, sulla base del documento “DRAFT landscape of COVID-19 candidate vaccines” dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, risultano in sperimentazione ben 198 vaccini candidati contro il coronavirus SARS-CoV-2. La maggior parte di essi (156) si trova ancora nella fase preclinica della sperimentazione, viene cioè testata su cellule umane in provetta (in vitro) e su modelli animali, mentre i restanti 42 sono già entrati in quella clinica, ovvero vengono testati sull'uomo. Fra questi ultimi ce ne sono 9 entrati nella delicatissima Fase 3, cioè quella che, se superata, porta all'autorizzazione e all'immissione in commercio del vaccino. Durante la Fase 3 sono coinvolti migliaia di partecipanti e vengono valutate a fondo efficacia della preparazione e sicurezza, benché quest'ultima caratteristica (assieme alla posologia) di solito viene vagliata con cura già in Fase 1 e 2, assieme alla risposta anticorpale/immunitaria. È dunque in atto una vera e propria corsa al vaccino, e come abbiamo visto non tutti sono così vicini alla linea del traguardo: ma chi è in testa alla ‘competizione'?

Premesso che la corsa al vaccino tra centri di ricerca, laboratori privati, società di biotecnologie, colossi farmaceutici e università potrebbe addirittura peggiorare la pandemia di coronavirus SARS-CoV-2, come sottolineato al Guardian dal professor Sir Richard Peto dell'Università di Oxford, avere una preparazione che sia realmente sicura ed efficace contro il patogeno emerso in Cina è considerata da molti esperti l'arma vincente (anche se da sola non basterà) per sconfiggerlo. Normalmente, come sottolineato a Fanpage.it dal virologo Fabrizio Pregliasco, lo sviluppo di un nuovo vaccino richiede circa 6 – 8 anni, sebbene si possa arrivare anche a molti di più (quello per la varicella, ad esempio, è stato messo a punto dopo ben 20 anni). Stiamo tuttavia vivendo una pandemia che ha messo in ginocchio il mondo intero, sia dal punto di vista sanitario che economico, e lo sforzo collettivo dei ricercatori punta a ottenere una preparazione valida nel giro di un anno (il coronavirus SARS-CoV-2 è stato ufficialmente riconosciuto all'inizio del 2020). Il tempo è un fattore fondamentale, poiché è solo superando tutte le tappe della sperimentazione e il successivo iter di approvazione dalle autorità internazionali competenti che si è sicuri di avere una soluzione realmente valida.

Tenendo presente il normale percorso sperimentale, sebbene accorciato per cause di forza maggiore, il vaccino candidato che sta vincendo questa corsa è indubbiamente il ChAdOx1 o AZD1222 messo a punto dagli scienziati dello Jenner Institute dell’Università di Oxford, in stretta collaborazione con i colleghi italiani dell'azienda Advent-Irbm di Pomezia (Roma) e col supporto di AstraZeneca, colosso farmaceutico svedese-britannico che si sta occupando della produzione e della distribuzione del vaccino. Un ulteriore contributo italiano verrà dato dalla logistica, dato che il vaccino verrà infialato ad Anagni, come sottolineato dal ministro della Salute Roberto Speranza. La ragione per cui si trova più avanti rispetto alla ‘concorrenza', risiede nel fatto che è entrato rapidamente nella Fase 3 (attualmente viene testato su 50mila persone in Brasile e nel Regno Unito) dopo aver ottenuto ottimi risultati nei trial clinici precedenti. Nello studio “Safety and immunogenicity of the ChAdOx1 nCoV-19 vaccine against SARS-CoV-2: a preliminary report of a phase 1/2, single-blind, randomised controlled trial” pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica The Lancet è stato dimostrato che la preparazione determina una robusta produzione di cellule T e di anticorpi neutralizzanti, oltre a essere ben tollerata (non causa effetti collaterali significativi). Sulla scorta di questi e altri risultati positivi, nonostante una breve battuta d'arresto a causa di un evento avverso in un paziente (non causato dal vaccino), gli scienziati e la casa farmaceutica AstraZeneca hanno ricevuto fondi governativi per continuare il lavoro e per le prenotazioni di un gran numero di dosi, ancor prima che si conosca l'effettiva efficacia. Recentemente l’Agenzia europea dei medicinali (EMA) ha avviato l'iter di approvazione con i dati preliminari e se tutto andrà secondo i piani il primo lotto di dosi potrebbe essere diffuso già entro la fine del 2020 (da destinare a operatori sanitari e forze dell'ordine). L'Unione Europea ha già acquistato preventivamente 400 milioni di dosi da AstraZeneca.

Benché il “vaccino di Oxford” sia quello considerato il più vicino al "traguardo", in realtà ci sono già due preparazioni che sono state approvate dai ministeri della Salute degli Stati in cui sono stati prodotti: si tratta del vaccino russo “Sputnik V” prodotto dal Gamaleya Research Institute di Mosca e del vaccino cinese Ad5-nCoV prodotto dalla società cinese CanSino Biological in collaborazione con l’Istituto di Biotecnologie dell’Università di Pechino. Il vaccino russo Gam-Covid-Vac o più semplicemente Sputnik V, così chiamato per omaggiare il pionieristico programma satellitare, è stato approvato per l'uso di massa dopo aver ottenuto risultati promettenti negli studi clinici di Fase 1 e 2. Come indicato, le linee guida internazionali prevedono studi clinici di Fase 3 prima dell'approvazione, pertanto in Russia si è deciso di accelerare i tempi con tutti i dubbi del caso. Situazione analoga è avvenuta in Cina per l'Ad5-nCoV; che dopo aver dimostrato risultati soddisfacenti nei trial di Fase 1 e 2 è stato approvato per l'uso su vasta scala sui militari.

Tra gli altri vaccini candidati che si trovano in ottima posizione figurano anche l'mRNA-1273 sviluppato all’azienda di biotecnologie statunitense Moderna in collaborazione con i National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), il primo in assoluto a essere sperimentato sull'uomo e per il quale l'EMA ha avviato l'iter di approvazione come per quello di Oxford; il BNT162 messo a punto da BioNTech in collaborazione col colosso farmaceutico Pfizer; l'Ad26.COV2.S di Janssen Vaccine (Johnson & Johnson), la cui sperimentazione è stata tuttavia recentemente sospesa per un evento avverso da valutare in un partecipante; l'Nvx-CoV2373 di Novavax, il CoronaVac si Sinovach Biotech e altri ancora. Un elenco dettagliato sui vaccini anti COVID in sperimentazione e le loro caratteristiche è consultabile cliccando sul seguente link.

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