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I bambini nati nel 2020 saranno esposti a ondate di calore estreme 7 volte più dei nonni

Save The Children in collaborazione con gli scienziati della Vrije Universiteit Brussel (VUB) ha messo a punto un nuovo rapporto che stima il catastrofico impatto dei cambiamenti climatici sui bambini nati nel 2020. Rispetto ai nonni, infatti, subiranno ondate di calore mortali con una frequenza sette volte superiori, oltre a subire quasi il triplo della siccità e delle inondazioni.
A cura di Andrea Centini
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Tra la fine di giugno e l'inizio di luglio il Nord America è stato investito da una catastrofica cupola di calore, una cappa di alta pressione che ha innescato temperature estreme e incendi devastanti. La città di Lytton, nella Columbia Britannica, sono stati raggiunti quasi 50 gradi, il record assoluto per il Canada; solo un paio di giorni dopo è stata completamente distrutta da un incendio innescato da “nuvole sputafuoco”, a loro volta legate ai cambiamenti climatici. A causa dell'ondata di calore letale sono morte centinaia di persone tra Canada e Stati Uniti; oltre un miliardo di animali marini sono stati “cotti vivi” dalle temperature estreme, mentre i pulcini degli uccelli si sono gettati da nidi altissimi (molti sono morti sul colpo o dopo una lunga agonia) per evitare di morire di caldo. Le ondate di calore rappresentano una delle conseguenze più pericolose del riscaldamento globale, e ora gli scienziati stimano che i bambini nati nel 2020 saranno esposti a un numero sette volte superiore di questi eventi rispetto ai piccoli nati nel 1960.

A determinare questa cifra drammatica è stato un team di ricerca dell'organizzazione senza scopo di lucro “Save The Children” in stretta collaborazione con gli scienziati del BCLIMATE della Vrije Universiteit Brussel (VUB), un ateneo dei Paesi Bassi con sede in Belgio. Mediamente, come indicato, i bambini nati nell'anno dello scoppio della pandemia di COVID-19 saranno mediamente esposti a un numero di ondate di calore sette volte superiore a rispetto a quelle vissute dai bimbi nati 60 anni fa, proprio a causa della “febbre del pianeta”, in costante aumento sotto la spinta delle emissioni di anidride carbonica (CO2) e di altri gas a effetto serra – come il metano – derivati dalle attività antropiche. Si tratta tuttavia di una media. Nel rapporto “Nati in crisi climatica: Perché dobbiamo agire subito per proteggere i diritti dei bambini” si evidenzia infatti che i piccoli nati in alcuni Paesi saranno enormemente più esposti. In Afghanistan, ad esempio, le ondate di calore saranno ben 18 volte più frequenti.

Come sottolineato dalla ONLUS, sebbene l’86 percento delle emissioni globali di anidride carbonica deriva dalle attività dei Paesi ricchi e industrializzati, saranno proprio quelli a reddito basso a sperimentare gli effetti più drammatici delle ondate di calore mortali e degli altri eventi estremi catalizzati dai cambiamenti climatici. Siccità, carestie, malnutrizione, trasmissione di malattie, tempeste e alluvioni sempre più intense e frequenti, sono tutti fattori catalizzati dalle temperature in aumento. Non va inoltre dimenticato che in molti casi le comunità dei Paesi poveri vino in abitazioni più fragili ed esposte all'impatto di eventi climatici violenti. Secondo le stime di Save The Children, i bambini nati nel 2020 saranno colpiti dalla siccità 2,6 volte in più; dalle inondazioni dei fiumi 2,8 volte in più; dal triplo della perdita dei raccolti agricoli e dal doppio degli incendi devastanti (che interesseranno particolarmente anche tutta l'area mediterranea). Per i piccoli del Mali la perdita dei raccolti agricoli sarà ben dieci volte superiore. Non c'è da stupirsi che nell'ultimo "Sciopero Globale per il Clima" gli attivisti guidati da Greta Thunberg hanno chiesto ai potenti della Terra di risarcire i Paesi del Sud del mondo cancellando il debiti e donando nuovi fondi, proprio a causa del nostro debito climatico e l'enorme disparità di emissioni prodotte nel corso del tempo.

Come sottolineato da Save The Children il rischio di queste catastrofi è concreto, ma siamo ancora in tempo per evitare le conseguenze peggiori, se riusciremo a contenere l'aumento della temperatura media a 1,5° C rispetto all'epoca preindustriale, come sottoscritto nell'Accordo di Parigi per il Clima per l'obiettivo più virtuoso (quello di 2° C non è più considerato sufficiente dagli esperti). “La crisi climatica è di fatto una crisi dei diritti dei bambini, e l'azione sul cambiamento climatico non è solo un obbligo morale, ma anche un obbligo legale per i governi di agire nel migliore interesse dei bambini. Le recenti ondate di calore negli Stati Uniti e in Canada, gli incendi in Australia, le inondazioni in Europa e in Cina, le molteplici siccità che stanno causando crisi alimentari in luoghi come l'Afghanistan, il Madagascar e la Somalia, hanno chiaramente dimostrato che nessun luogo è sicuro. Senza un'azione immediata, consegneremo un futuro mortale ai nostri figli. Dobbiamo eliminare la nostra dipendenza dai combustibili fossili, creare reti di sicurezza finanziaria per l’adattamento ai cambiamenti climatici e sostenere le comunità più colpite. Possiamo ribaltare la situazione, ma dobbiamo ascoltare i bambini e passare all'azione per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi e dare molta più speranza ai bambini che non sono ancora nati”, ha dichiarato Inger Ashing, amministratrice delegata di Save the Children International. Gli occhi sono puntati alla COP-26 di Glasgow che si terrà a novembre, nella quale dovranno essere prese decisioni forti, immediate e necessarie per scongiurare la più grave minaccia che incombe sull'intera umanità.

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