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Incendi devastanti in Europa entro il 2099: i cambiamenti climatici alimentano le fiamme

Un team di ricerca italo-spagnolo ha determinato che i cambiamenti climatici rischiano di raddoppiare le dimensioni dei devastanti incendi nell’area mediterranea. Entro il 2099 le aree divorate dalle fiamme potrebbero essere dal 40 al 100 percento più estese, in base a quanto riusciremo a contenere l’aumento delle temperature medie.
A cura di Andrea Centini
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A causa dei cambiamenti climatici le aree divorate dagli incendi nei Paesi dell'area mediterranea  potrebbero raddoppiare entro il 2099, con effetti particolarmente devastanti nella penisola iberica. A tratteggiare l'inquietante scenario un team di ricerca internazionale guidato da studiosi dell'Università di Barcellona, che hanno collaborato con i colleghi del Regional Atmospheric Modeling Group dell'Università di Murcia e dell'Istituto di geoscienze e georisorse del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Pisa.

Gli scienziati, guidati dal professore italiano Marco Turco, docente di climatologia presso il Dipartimento di fisica applicata dell'ateneo catalano, sono giunti a questa conclusione dopo aver simulato gli effetti dell'aumento delle temperature medie (rispetto all'epoca preindustriale) su tre distinti livelli: +1,5° centigradi, che corrisponde all'obiettivo raccomandato fissato negli Accordi sul clima di Parigi del 2015; +2° centigradi (l'obiettivo minimo dell'accordo) e +3° centigradi. Dai risultati delle simulazioni è emerso che gli incendi cresceranno proporzionalmente all'aumentare delle temperature e della siccità, spaziando da un +40 percento a un +100 percento entro il 2099. Il raddoppio delle aree devastate è previsto con un aumento di 3° centigradi, uno scenario catastrofico, considerando che si accompagnerebbe anche a devastanti inondazioni a causa dello scioglimento dei ghiacci e ad altri fenomeni, come migrazioni di massa, carestie e guerre per le risorse.

Le simulazioni al computer sono state elaborate sulla base di modelli climatici regionali nei quali è stato considerato anche il comportamento della vegetazione in relazione al riscaldamento globale. “Questi risultati, combinati con il recente aumento dell'esposizione della società ai grandi incendi, impone un ripensamento delle attuali strategie di gestione”, ha dichiarato all'ANSA il professor Marco Turco, primo autore dello studio pubblicato su Nature Communications. “Gli effetti del cambiamento climatico – ha aggiunto lo studioso italiano – potrebbero superare gli sforzi di prevenzione degli incendi, il che significa che dovremmo aumentare l'impegno nel prossimo futuro”.

A rendere ancor più preccupante il futuro un reprt dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), in base al quale la situazione prodotta dai cambiamenti climatici è molto più grave del previsto. Siamo infatti sull'orlo di danni irrecuperabili agli ecosistemi, di conseguenza l'obiettivo minimo dei 2° centigradi sarebbe insufficiente. Per questa ragione si dovrebbe puntare a quello di 1,5° centigradi, con un abbattimento della CO2 emessa nell'atmosfera del 100% entro il 2050. A causa del riscaldamento globale in Italia nel 2018 è stato registrato registrato l'anno più caldo dal 1800, secondo le rilevazioni del CNR.

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