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Covid 19

Questo schema mostra lo sviluppo dei sintomi di COVID-19, dalla febbre alla morte

A poco più di un anno dal primo caso diagnosticato di COVID-19, l’infezione provocata dal coronavirus SARS-CoV-2, i medici ancora non conoscono tutte le caratteristiche della patologia, ma hanno indicazioni piuttosto chiare sul modo in cui essa può evolvere in base alla sequenza di sintomi. Questo schema, basato sui dati di vari studi, mostra dalla comparsa della febbre alla guarigione o al possibile decesso, nel caso in cui si sviluppi la forma più critica dell’infezione.
A cura di Andrea Centini
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La COVID-19, l'infezione provocata dal coronavirus SARS-CoV-2, è una malattia nuova e poliedrica, che sebbene sia determinata da un patogeno respiratorio, nella sua forma severa può interessare praticamente ogni organo e tessuto del nostro corpo, principalmente attraverso coaguli di sangue e un diffuso stato infiammatorio (tempesta di citochine). I medici devono ancora capire diverse caratteristiche della patologia, ma oggi, a un anno dal primo caso diagnosticato, hanno un quadro generale piuttosto preciso di come essa si manifesti dopo il contagio e come può evolvere giorno dopo giorno, in base alla sequela di sintomi che potete osservare nello schema qui di seguito, messo a punto da Business Insider e basato sui dati estratti da diversi studi clinici.

Credit: Shayanne Gal / Insider
Credit: Shayanne Gal / Insider

Come sottolineano i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie americani (CDC – Centers for Disease Control and Prevention), tra i principali enti che si occupano di salute pubblica negli Stati Uniti, il periodo di incubazione medio della COVID-19 è di 4-5 giorni, ciò significa che dal momento del contagio alla comparsa dei primi segni della malattia (tipicamente febbre seguita da tosse) passano circa cinque giorni, ma si può arrivare a un massimo di 14 giorni. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il tempo di incubazione spazia infatti dai 2 giorni alle due settimane. Di seguito riportiamo come può evolvere la COVID-19, sulla base di indagini cliniche condotte condotte su pazienti ricoverati in Cina, dove il virus ha compiuto lo spillover (salto di specie da animale all'uomo) e dalla metropoli Wuhan ha raggiunto il resto del mondo.

Primo giorno: a differenza dell'influenza, che ha un esordio improvviso e virulento, nella COVID-19 i sintomi partono più lentamente. Normalmente si sviluppa prima la febbre e poi la tosse, esattamente l'opposto dell'influenza. Tra gli altri possibili sintomi vi sono affaticamento, mal di testa, vomito, mal di gola e altri ancora. Una piccola percentuale di pazienti può presentare sintomi gastrointestinali – come la diarrea – un paio di giorni prima dei sintomi respiratori, un possibile “campanello d'allarme” per la forma più grave dell'infezione. In media, a partire dal terzo giorno dalla comparsa dei sintomi si può finire ricoverati in ospedale con una polmonite in caso infezione seria (ma possono passare anche 7/8 giorni prima del ricovero, come mostra lo studio Clinical Characteristics of Coronavirus Disease 2019 in China).

  • Quinto giorno: se si è stati colpiti dalla forma grave, in media i sintomi iniziano a peggiore a cinque giorni dalla comparsa, con la possibilità di sperimentare difficoltà respiratorie (dispnea). A volte questo sintomo si presenta dopo una settimana.
  • Ottavo giorno: i casi più gravi manifestano complicazioni come severe polmoniti bilaterali interstiziali o addirittura la pericolosa sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) innescata dalla tempesta di citochine, una condizione potenzialmente fatale in cui i polmoni si riempiono di liquido infiammatorio e iniziano a determinarsi danni al delicato tessuto per gli scambi gassosi. A questo punto può essere necessaria l'intubazione. L'ARDS è una condizione che spesso porta alla morte.
  • Nono giorno: in base allo studio cinese “Clinical course and risk factors for mortality of adult inpatients with COVID-19 in Wuhan, China: a retrospective cohort study” pubblicato su The Lancet, una parte dei pazienti al nono giorno può sviluppare una pericolosa sepsi, anch'essa legata a una risposta immunitaria incontrollata.
  • Decimo-dodicesimo giorno: il ricovero in terapia intensiva, nei pazienti che continuano a peggiorare, è richiesto in media al decimo o undicesimo giorno. Come rilevato dalle indagini condotte in Cina, i pazienti che necessitano di questo trattamento hanno maggiori probabilità di avere forti dolori addominali e perdita dell'appetito. Quest'ultimo è un sintomo che può presentarsi anche in chi sviluppa la forma lieve dell'infezione. Per i pazienti che migliorano, in media, al dodicesimo giorno sparisce la febbre.
  • Sedicesimo- diciannovesimo giorno: sempre secondo lo studio cinese condotto a Wuhan e pubblicato sull'autorevole The Lancet, al sedicesimo giorno può passare la tosse nel pazienti che migliorano. Al diciannovesimo in media si risolvono anche le difficoltà respiratorie.
  • Ventunesimo giorno: a circa tre settimane dall'esordio dei sintomi, lo studio cinese evidenzia che mediamente i pazienti o vengono dimessi dall'ospedale oppure perdono la vita a causa dell'infezione.
  • Oltre il trentesimo giorno: una parte dei pazienti guarita dalla COVID-19 sviluppa la cosiddetta “sindrome del COVID lungo” o “Long COVID”, una condizione caratterizzata da strascichi duraturi dell'infezione, con affaticamento, mal di testa e perdita dell'olfatto e del gusto tra i sintomi più ricorrenti, come mostrato da un recente studio internazionale.

Naturalmente si tratta di uno schema generale e la malattia può avere un'evoluzione anche molto differente in casi specifici. È importante sottolineare che, come specificato dai CDC, circa il 40 percento delle infezioni è asintomatica, cioè non determina alcun sintomo, pur risultando la positività al tampone oro-rinofaringeo. Tra le infezioni sintomatiche, solo un quinto (20 percento) evolve nella forma grave della COVID-19, e una porzione ancor più piccola in quella critica e potenzialmente fatale. Ad oggi, in base alla mappa interattiva messa a punto da scienziati dell'Università Johns Hopkins, nel mondo sono state contagiate ufficialmente quasi 62 milioni di persone, mentre le vittime sono 1,45 milioni (in Italia si registrano 1,5 milioni di contagi e 53.677 morti).

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