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Poche reazioni allergiche al vaccino anti COVID di Pfizer: Regno Unito vaccinerà gli allergici

Il capo del gruppo di lavoro sui vaccini anti COVID della Commissione britannica, il professor Munir Pirmohamed, ha annunciato che nel Regno Unito il vaccino di Pfizer-BioNTech sarà somministrato anche ai pazienti che soffrono di allergie ad alimenti e farmaci (purché non agli eccipienti contenuti nella fiala). Le autorità sanitarie hanno deciso di allentare le maglie dopo gli oltre 2 milioni di somministrazioni effettuate negli USA e nel Regno Unito, che hanno dato vita a pochissime reazioni allergiche.
A cura di Andrea Centini
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Come avviene per qualunque farmaco, anche i vaccini anti COVID recentemente approvati possono scatenare una reazione allergica nei soggetti sensibili. Tuttavia le preparazioni di Pfizer-BioNTech e Moderna-NIAID si basano su nanoparticelle lipidiche di polietilenglicole (PEG), mai usate in preparazioni di questo tipo (seppur presenti in altri farmaci e prodotti di uso comune come shampoo e dentifrici). Poiché in passato il PEG aveva dato vita ad alcuni casi di reazioni anafilattiche e (rare) reazioni si sono manifestate anche durante gli studi clinici dei vaccini, le autorità sanitarie del Regno Unito e i CDC americani hanno inizialmente deciso di non raccomandare la vaccinazione a tutti i soggetti allergici, dato che potrebbero avere una predisposizione a sviluppare una reazione a questo o ad altri eccipienti presenti nei flaconcini (questa la lista degli “ingredienti”).

Dopo la prima ondata di vaccinazioni, che ha coinvolto 800mila persone nel Regno Unito e oltre 1,5 milioni negli Stati Uniti, i casi di gravi reazioni allergiche registrati dai sistemi sanitari sono stati pochissimi (meno di 10 negli Stati Uniti e pochi altri nel Regno Unito), pertanto la Commissione sui farmaci britannica ha deciso di rivedere rapidamente la propria posizione, permettendo la vaccinazione anche a chi è allergico a farmaci e prodotti alimentari, come indicato dal Munir Pirmohamed, a capo del gruppo di lavoro sui vaccini anti COVID della commissione britannica. Naturalmente saranno esclusi tutti coloro che risultano allergici a una o più sostanze contenute nei flaconcini. Anche la Food and Drug Administration (FDA) americana ha sottolineato che la vaccinazione non è raccomandata per chi è sensibile agli eccipienti dei vaccini di Moderna e Pfizer.

Per quanto concerne l'Italia, l'Associazione Allergologi Immunologi Italiani Territoriali e Ospedalieri (Aaiito) raccomanda di programmare una campagna di comunicazione chiara in merito ai rischi che possono correre gli allergici. Tenendo conto che le reazioni a qualunque vaccino sono assai rare, come del resto sta dimostrando anche la campagna anti COVID, l'obiettivo sarà quello di rassicurare i circa 15 milioni di italiani che soffrono di forme allergiche non severe, che potrebbero non aderire alla campagna vaccinale proprio alla luce di alcuni casi di anafilassi citati dagli organi di stampa. Fra i più significativi balzati agli onori della cronaca vi sono quelli di una operatrice sanitaria di un ospedale dell'Alaska trattata col vaccino di Pfizer Comirnaty (o Tozinameran) e di un medico del Boston Medical Center, fortemente allergico ai crostacei. Entrambi sono stati prontamente trattati dai colleghi con farmaci ad hoc e hanno superato la crisi nel giro di poche ore. Tutte le vaccinazioni prevedono un periodo di monitoraggio di 15-30 minuti dopo le iniezioni, proprio per intervenire nel caso in cui si dovesse manifestare una reazione allergica.

Oltre alla campagna informativa, l'Associazione Allergologi Immunologi Italiani Territoriali e Ospedalieri (Aaiito) chiede di istituire un registro dove poter indicare tutte le reazioni allergiche evidenziate in sede di somministrazione, al fine di identificare potenziali fattori di rischio. Inoltre l'associazione non tenderebbe a escludere a priori anche le persone che hanno gravi allergie per altri composti e farmaci, garantendo la vaccinazione ai soggetti sensibili in ambienti altamente protetti, dove poter intervenire istantaneamente in caso di reazioni. Ovviamente ciascuno di noi potrà discutere della propria condizione col medico curante e valutare sulla base delle indicazioni delle autorità competenti. Al momento, comunque, la reattogenicità dei vaccini approvati, seppur considerata da alcuni più “intensa” rispetto a quella di un comune vaccino influenzale, si caratterizza per sintomi di breve durata come dolori al sito dell'iniezione, febbre, affaticamento e mal di testa.

Come dichiarato a Science dalla professoressa Drew Weissman, immunologa presso l'Università della Pennsylvania, la causa di questa reattogenicità sarebbe proprio delle nanoparticelle lipidiche di polietilenglicole (PEG), utilizzate come “guscio” per trasportare l'RNA messaggero della proteina S o Spike del coronavirus, grazie al quale il nostro organismo viene spinto a generare immunità. “Sospettiamo che la nanoparticella lipidica causi la reattogenicità, perché le nanoparticelle lipidiche senza mRNA all'interno fanno la stessa cosa negli animali. Vediamo la produzione, nel muscolo, di mediatori infiammatori che causano dolore, arrossamento, gonfiore, febbre, sintomi simil-influenzali”, ha dichiarato la scienziata. Non tutti gli esperti sono tuttavia concordi e pensano che anche altri eccipienti dei vaccini possano scatenare la risposta immunitaria. Ma come indicato si tratta di eventi estremamente rari, che si possono verificare anche con altri farmaci e non destano preoccupazione.

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