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La “cura Ascierto” contro l’infezione da coronavirus efficace su alcuni pazienti: lo studio

Un trattamento contro la COVID-19 (l’infezione da coronavirus SARS-COV-2) sperimentato dall’oncologo Paolo Antonio Ascierto del Pascale di Napoli risulta essere efficace in alcuni pazienti. Si basa su un anticorpo monoclonale – il Sarilumab – antagonista dell’interleuchina-6, come il Tocilizumab. Funziona meglio sui pazienti non ancora intubati.
A cura di Andrea Centini
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Trattandosi di una malattia completamente nuova, l'infezione scatenata dal coronavirus SARS-CoV-2 (chiamata COVID-19) ha rappresentato – e rappresenta tuttora – una sfida particolarmente impegnativa per medici e scienziati, che hanno dovuto trattare un fiume di pazienti attraverso terapie sperimentali, off label e in uso compassionevole proprio perché non esistono ancora farmaci specifici per contrastarla. Naturalmente gli esperti sanno bene su quali risorse già disponibili poter puntare, e fra quelle che hanno offerto maggiori speranze nella lotta alla pandemia figurano gli antiinfiammatori e immunosoppressori alla stregua del Tocilizumab, potenzialmente in grado di contrastare una delle complicanze peggiori dell'infezione, la cosiddetta “tempesta di citochine”, una reazione sproporzionata del sistema immunitario che può determinare insufficienza multiorgano e decesso del paziente.

Tra i medici in prima linea ad aver utilizzato il Tocilizumab sui contagiati dal coronavirus figura l'oncologo dell'Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli Paolo Antonio Ascierto, fautore di un protocollo terapeutico che ha dato diversi risultati positivi nel corso della sperimentazione. Recentemente, tuttavia, le conclusioni di un importante studio di Fase 3 (chiamato CoVacta) e basato sul principio attivo non sono state incoraggianti, tanto da spingere lo stesso Ascierto a dichiarare su Facebook che “l'utilizzo del tocilizumab confrontato con il placebo non ha dimostrato un vantaggio statisticamente significativo nel ridurre la mortalità a 4 settimane e nel miglioramento clinico nei pazienti con COVID-19”. Ciò nonostante, il medico ha sottolineato che “lo studio riporta anche che il tempo di dimissione nei pazienti trattati con tocilizumab risulta essere inferiore”, aggiungendo che il “dato potrebbe indicarci che esiste un sottogruppo di pazienti che potrebbe comunque beneficiare del trattamento con tocilizumab. La chiave potrebbe essere in alcuni biomarcatori”. In parole semplici, porte ancora aperte a potenziali benefici offerti dal Tocilizumab.

A determinare che i farmaci contro la citochina interleuchina-6 (IL-6) – tra le responsabili delle suddette “tempeste” – possano essere efficaci nel trattare i pazienti con COVID-19 è un nuovo studio condotto dallo stesso Ascierto, in collaborazione con i colleghi di varie unità dell'Azienda Ospedaliera dei Colli-Monaldi (Napoli), tra i quali il professor Vincenzo Montesarchio del Dipartimento di Oncologia Medica. Nel caso specifico il farmaco coinvolto è il Sarilumab, un altro anticorpo monoclonale antagonista dell'interleuchina-6 normalmente utilizzato contro l'artrite reumatoide, esattamente come il Tocilizumab. Analizzando i dati di 15 pazienti sottoposti al trattamento, è emerso che i sintomi clinici sono migliorati in 10 di essi, mentre l'efficacia è risultata essere superiore in quelli non ancora intubati. Per la selezione dei pazienti che possono rispondere meglio al trattamento sembrerebbero giocare un ruolo fondamentale i livelli di interleuchina-6.

“Abbiamo imparato una lezione importante dalla breve esperienza d’uso di sarilumab nel trattamento della polmonite severa da COVID-19”, ha commentato in un nuovo post su Facebook il professor Ascierto. “1) l’anti-interleuchina-6 sottocute può funzionare; 2) funziona meglio nei pazienti non intubati; 3) i livelli basali di interleuchina-6 sono cruciali e necessari nella selezione dei pazienti 4) PCR, NRL ed eosinofili sono biomarcatori utili per il follow-up”, ha sottolineato lo specialista, aggiungendo che “anche se gli studi di fase 3 hanno dato risultati negativi, siamo convinti che l’anti-interleuchina-6 possa avere il suo ruolo. Probabilmente i punti fondamentali sono la valutazione sull’interleuchina-6 sierica e il tempo di somministrazione dell’anti-IL-6”.

Lo scienziato ha tuttavia affermato che solo con un vaccino o un buon antivirale si potrà porre fine al problema. I dettagli del nuovo studio “Outcomes and biomarker analyses among patients with COVID-19 treated with interleukin 6 (IL-6) receptor antagonist sarilumab at a single institution in Italy” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Journal of Immunotherapy of Cancer (JITC).

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