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Covid 19

Così la proteina usata dal coronavirus per infettare le cellule può entrare nel cervello

Attraverso esperimenti condotti in laboratorio su modelli murini, un team di ricerca americano guidato da scienziati dell’Università di Washington ha dimostrato che la proteina S del coronavirus SARS-CoV-2 è in grado di superare la barriera emato-encefalica e penetrare nel cervello, in modo analogo a una proteina simile del virus dell’HIV. In questo modo potrebbe innescare l’infiammazione alla base della “tempesta di citochine” e altre complicazioni.
A cura di Andrea Centini
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Cervello. Credit: kalhh
Cervello. Credit: kalhh
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È ormai ampiamente dimostrato che la COVID-19, l'infezione provocata dal coronavirus SARS-CoV-2, in alcuni pazienti può manifestarsi con molteplici condizioni neurologiche, che spaziano dalla perdita dell'olfatto (anosmia) e del gusto (disgeusia) all'affaticamento, passando per mal di testa, delirio, la cosiddetta “nebbia cerebrale”, disfunzioni cognitive, alterazione della coscienza e persino ictus. Un recente studio guidato da scienziati italiani della Clinica Neurologica III dell’Ospedale San Paolo e del Centro di ricerca “Aldo Ravelli” dell’Università Statale di Milano ha dimostrato che ben il 75 percento dei pazienti contagiati che si reca al pronto soccorso presenta condizioni neurologiche, mentre una nuova indagine internazionale coordinata dall'Università di Manchester ha scoperto che, in rari casi, nei bambini l'infezione può provocare anche paralisi. Fino a poco tempo fa non era chiaro se il virus fosse in grado di attaccare direttamente il sistema nervoso, ma nuovi studi stanno dimostrando che ha questa capacità. L'ultima ricerca in ordine cronologico ha determinato che la proteina S del patogeno è in grado di attraversare la barriera emato-encefalica, ed è potenzialmente in grado di innescare l'infiammazione che è alla base di gravi complicazioni.

A determinare che la proteina S o Spike del coronavirus SARS-CoV-2 è in grado di attraversare la barriera emato-encefalica e penetrare nel cervello è stato un team di ricerca americano guidato da scienziati del Veterans Affairs Puget Sound Health Care System di Seattle e della divisione di Gerontologia e Medicina Geriatrica dell'Università di Washington, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Neuroscienze della Oregon Health & Science University. Gli scienziati, coordinati dai professori William A. Banks e Michelle A. Erickson, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto alcuni esperimenti con modelli murini (topi), nei quali la proteina S1 è stata in grado di attraversare facilmente la barriera dell'encefalo e penetrare nello spazio cerebrale parenchimale. La S1 è stata assorbita anche da polmoni, milza, reni e fegato, come si legge nell'abstract dello studio.

Secondo il professor William A. Banks, docente di Medicina presso l'ateneo di Seattle, “la proteina S1 probabilmente induce il cervello a rilasciare citochine e prodotti infiammatori”, come dichiarato in un comunicato stampa, e ciò potrebbe essere alla base della cosiddetta tempesta di citochine, una reazione esagerata del sistema immunitario per combattere il virus che rischia di essere più pericolosa dell'infezione stessa. Essa può infatti determinare insufficienze d'organo e sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), due condizioni spesso fatali. Lo scienziato ha affermato che la proteina S del coronavirus si comporta in modo non dissimile dalla proteina gp 120 del virus dell'HIV. Entrambe sono glicoproteine ricche di zuccheri che si aggrappano ai recettori delle cellule umane. Nello caso della Spike, bersaglio prioritario dei vaccini, essa si lega al recettore ACE-2 e permette di rompere la parete cellulare, favorendo l'invasione dell'RNA virale e dunque il processo di replicazione che ne consegue, che è alla base dell'infezione.

“Sappiamo che quando hai l'infezione da COVID hai problemi di respirazione e questo avviene perché è in corso un'infezione nel tuo polmone, ma un'ulteriore spiegazione è che il virus entra nei centri respiratori del cervello e causa problemi anche lì”, ha spiegato il professor Banks. Gli autori dello studio hanno anche scoperto che la proteina S1 entrava più rapidamente nel bulbo olfattivo e nel rene dei topi maschi rispetto a quelli femmina, e ciò potrebbe – almeno in parte – spiegare perché gli uomini sono più suscettibili alle complicazioni della COVID-19 delle donne. Naturalmente si stratta di studi su modelli animali che andranno suffragati da indagini cliniche ad hoc. I dettagli della ricerca “The S1 protein of SARS-CoV-2 crosses the blood–brain barrier in mice” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature Neuroscience.

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