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Covid 19

Contro il coronavirus in sviluppo 160 vaccini candidati: possibile svolta entro l’autunno

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha affermato che ci sono 160 vaccini candidati in sviluppo contro il coronavirus SARS-CoV-2, dei quali una ventina già entrati nella sperimentazione umana e uno persino approvato, una preparazione cinese che sarà somministrata ai militari. Tra i più promettenti vi è il vaccino dell’Università di Oxford, che potrebbe raggiungere il “traguardo” entro il mese di ottobre.
A cura di Andrea Centini
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Durante l'ultima conferenza dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sul coronavirus SARS-CoV-2, tenutasi a Ginevra martedì 7 luglio, il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus ha dichiarato che la pandemia, a livello globale, è “in accelerazione e non è stato ancora raggiunto il picco”. Per suffragare quanto annunciato, Ghebreyesus ha fatto un esempio sibillino: se infatti ci sono voluti tre mesi prima che tutto il mondo raggiungesse i 400mila contagiati, questo numero di casi è stato toccato e superato soltanto nell'ultimo fine settimana. Complessivamente, sulla base della mappa interattiva dell'Università Johns Hopkins, nel mondo si registrano oltre 11,8 milioni di infettati e più di 544mila vittime (in Italia si contano 241.956 contagiati e 34.899 deceduti). Alla luce di questi dati è indubbio che avere un vaccino sicuro ed efficace nei tempi più rapidi possibili rappresenta la migliore via d'uscita da questa catastrofe, che ha avuto un impatto sanitario, sociale ed economico paragonabile a quello di una guerra mondiale. Ma a che punto siamo con lo sviluppo dei vaccini?

Una panoramica sulle preparazioni attualmente in sperimentazione viene fornita proprio dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, che aggiorna costantemente il documento “Draft landscape of COVID-19 candidate vaccines”, consultabile e scaricabile – è un file PDF – cliccando sul seguente link. Sulla base dell'ultimo aggiornamento, datato 6 luglio, al momento risultano in sperimentazione ben 160 vaccini candidati contro il coronavirus SARS-CoV-2. Ovviamente non sono tutti nella medesima posizione sperimentale, con alcuni nettamente in vantaggio su altri. Va tenuto conto che in media, per ottenere un nuovo vaccino, si impiegano dai 6 agli 8 anni, mentre milioni di dosi di almeno una delle preparazioni in sviluppo dovrebbero essere addirittura pronte per questo autunno, a meno di un anno dalla scoperta della “misteriose polmonite” emersa a Wuhan. A rendere ancor più incredibile questo traguardo scientifico, coadiuvato da ingenti investimenti, il fatto che fino ad oggi non è mai stato creato un vaccino contro un coronavirus.

Dei 160 vaccini indicati dall'OMS, in 21 si trovano nella sperimentazione clinica, ovvero vengono testati sull'uomo, mentre i restanti 139 sono ancora nella pre-clinica, ovvero sono testati su cellule in provetta (in vitro) o su modelli animali. Tra quelli coinvolti nella sperimentazione umana, la maggior parte si trova nella Fase 1, nella quale vengono effettuati test di sicurezza e dosaggio con poche decine di persone; una decina di vaccini è nella Fase 2, nella quale la sicurezza viene valutata su centinaia di persone; una manciata è invece proiettata nella Fase 3, la più avanzata, con migliaia di persone coinvolte. Un vaccino cinese è stato addirittura già omologato e approvato, ma al momento solo per i militari.

I vaccini candidati anti coronavirus non sono tutti uguali, dato che spesso sono sviluppati grazie a piattaforme-tecnologie anche molto distanti. Alcuni si basano sull'RNA messaggero, altri sul DNA, altri ancora su plasmidi, ricombinanti e virus inattivati (adenovirus). Questi ultimi vengono sfruttati come “navette” per presentare all'organismo l'antigene da colpire, principalmente la proteina S o Spike del SARS-CoV-2, quella che il virus sfrutta per legarsi al recettore ACE2 delle cellule umane, invaderle, avviare la replicazione e l'infezione, la COVID-19. Qualunque sia la formulazione, l'obiettivo del vaccino è promuovere una risposta immunitaria dell'organismo, cioè la produzione di anticorpi neutralizzanti in grado di prevenire l'infezione, o magari rendere meno aggressiva la COVID-19.

Uno dei primi vaccini approvati per la sperimentazione umana, quello di Moderna Inc., si basa su RNA messaggero ed è progettato per produrre proteine virali; la Fase 3 dovrebbe partire questo mese, e qualora dovesse superarla, milioni di dosi potrebbero essere pronte per l'inizio del prossimo anno. Un altro promettente vaccino basato sull'mRNA è quello sviluppato da BioNTech e Pfizer, che in base a un recente studio ha dimostrato di produrre una potente risposta anticorpale. Centinaia di milioni di dosi potrebbero essere disponibili entro la fine del 2020. I vaccini candidati basati su vettori virali sono quelli che si trovano nella fase più avanzata della sperimentazione; di essi fa parte la preparazione ChAdOx1 (o AZD1222) messa a punto dall'Università di Oxford in collaborazione con l'azienda italiana Advent-Irbm di Pomezia e la casa farmaceutica AstraZeneca. Attualmente è testato in Fase 3 in Inghilterra, Brasile e Sudafrica. Le prime dosi “approvate” per operatori sanitari e forze dell'ordine potrebbero essere disponibili a ottobre. Il vaccino cinese Ad5-nCoV basato su un adenovirus inattivato, sviluppato dalla CanSino Biological Inc. in collaborazione con l'Istituto di Biotecnologie di Pechino e l'Accademia Militare delle Scienze, pur non essendo entrato in Fase 3 alla fine di giugno è stato approvato per essere utilizzato sui militari. Non è noto se sia obbligatorio o meno. Colossi farmaceutici come Novartis, Merck, SANOFI e Johnson&Johnson stanno tutti sviluppando i propri vaccini candidati; attualmente queste preparazioni sono in fase pre-clinica, ma entro la fine dell'anno dovrebbero tutte essere testate sull'uomo.

Ad oggi non è ancora chiaro se tutte queste preparazioni saranno davvero sicure ed efficaci contro il SARS-CoV-2, e soprattutto, pur innescando la produzione di anticorpi neutralizzanti, non è noto per quanto tempo possa durare la potenziale immunità, se essa sarà totale (prevenzione) o parziale, con una riduzione dei sintomi. In un approfondimento pubblicato sull'autorevole rivista Nature, è stato indicato che le preparazioni testate sulle scimmie garantiscono una certa immunità, ma la replicazione virale nel naso è risultata identica a quella di esemplari non vaccinati. Ciò significa che i vaccini potrebbero sì proteggere dal'infezione, ma non evitare la diffusione del patogeno, con tutto ciò che ne consegue sulla persistenza della pandemia.

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