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Usiamo 3 milioni di mascherine al minuto e molte finiscono nell’ambiente: rischio disastro ecologico

Per combattere il coronavirus SARS-CoV-2 è fondamentale indossare le mascherine, ma a causa dell’inciviltà di molti e della mancanza di linee guida standardizzate per lo smaltimento, grandi quantità finiscono nell’ambiente. Poiché composte fondamentalmente da polimeri plastici, possono rilasciare facilmente microplastiche, nanoplastiche e altri composti dannosi. Ecco i consigli degli esperti per evitare un disastro ecologico.
A cura di Andrea Centini
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A causa della pandemia di COVID-19 abbiamo imparato a convivere con le mascherine, dispositivi di protezione individuale indispensabili per spezzare la catena dei contagi da coronavirus SARS-CoV-2. Poiché servono praticamente a tutta l'umanità, essendo il patogeno ubiquitario, ne produciamo quotidianamente quantità enormi, che si trasformano in una vera e propria montagna di rifiuti. Basti pensare che secondo recenti stime, ogni mese, in tutto il mondo ne vengono utilizzate e gettate circa 130 miliardi, pari a 3 milioni ogni minuto. Purtroppo moltissime mascherine non vengono correttamente smaltite e finiscono nell'ambiente – a tutti noi è capitato di vederne per terra -, ed essendo fatte in larga parte di polimeri plastici, in particolar modo quelle monouso, rappresentano un pericolo significativo per gli ecosistemi, la fauna, la flora e la nostra salute.

A lanciare l'allarme sui rischi rappresentati dalle mascherine non correttamente smaltite è un team di ricerca internazionale composto da scienziati dell'Università della Danimarca Meridionale e del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale della prestigiosa Università di Princeton, Stati Uniti. Gli scienziati, coordinati dal professor Elvis Genbo Xu, docente di tossicologia ambientale presso il Dipartimento di Biologia dell'ateneo nordeuropeo, hanno analizzato i dati dei rapporti sullo smaltimento di questi particolari rifiuti, che in moltissimi casi risulta inappropriato. I ricercatori sottolineano che mancano linee guida a livello internazionale, nonostante l'enorme produzione, e ciò sta alimentando il rischio di contaminazione ambientale (catalizzato anche dall'inciviltà di molti).

La principale preoccupazione per gli esperti è legata alla composizione delle mascherine, fondamentalmente polimeri plastici che non si biodegradano facilmente, ma che possono frammentarsi e dar vita in poche settimane alle famigerate microplastiche (con diametro inferiore ai 5 millimetri) e alle ancor più subdole nanoplastiche (con diametro inferiore al micrometro). Molte mascherine di nuova generazione sono direttamente realizzate in fibre microscopiche, che una volta nell'ambiente favoriscono il rilascio delle particelle plastiche molto più rapidamente dei sacchetti, delle bottiglie e di altri rifiuti finiti nel mirino delle associazioni ambientaliste. E le microplastiche rappresentano una vera e propria emergenza globale. Secondo un recente studio guidato da scienziati dell'Organizzazione per la ricerca scientifica e industriale del Commonwealth (CSIRO), ogni anno finiscono nei fondali marini circa 14 milioni di tonnellate di microplastiche. Sono state trovate anche nei luoghi più remoti del pianeta, dagli abissi della Fossa delle Marianne alle vette più elevate, persino nell'Artico. Ormai sono così diffuse che sono approdate nelle catene alimentari di tutto il pianeta, arrivando anche nei nostri piatti; uno studio le ha rilevate in tutti i campioni ittici analizzati, mentre un'altra ricerca le ha individuate per la prima volta negli organi umani. Ne “consumiamo” circa 5 grammi a settimana, che è come sgranocchiare una saporita carta di credito ogni sette giorni, come rilevato da un'indagine del WWF.

Le mascherine non correttamente smaltite rischiano di esacerbare una situazione già ampiamente drammatica. Come specificato dal professor Elvis Genbo Xu in un comunicato stampa, questi dispositivi possono “accumulare e rilasciare sostanze chimiche e biologiche nocive, come bisfenolo A, metalli pesanti e microrganismi patogeni. Questi possono avere un impatto negativo indiretto su piante, animali e uomini”. In Italia il destino delle mascherine è quello di finire nell'indifferenziata ed essere incenerite, ma alcune società si stanno già muovendo per il riciclo. Proprio il fatto di essere fondamentalmente di plastica le rende idonee a tale trattamento, tuttavia vanno considerate come rifiuti speciali per via del rischio sanitario da non sottovalutare.

Per risolvere questo problema, che paragonano a una vera e propria "bomba ecologica", gli autori dello studio suggeriscono di predisporre bidoni della spazzatura specifici per la mascherine e mettere a punto linee guida standardizzate per la gestione dello smaltimento; raccomandano di sostituire quelle usa e getta con quelle riutilizzabili e di prendere in considerazione lo sviluppo di mascherine biodegradabili. I dettagli della ricerca “Preventing masks from becoming the next plastic problem” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Frontiers of Environmental Science & Engineering.

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