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Covid 19

Un nuovo studio mostra perché le mascherine sono efficaci contro il coronavirus

Per spezzare la catena dei contagi del coronavirus SARS-CoV-2 è fondamentale il lavaggio delle mani, mantenere il distanziamento sociale e indossare le mascherine laddove necessario: in un nuovo studio guidato da scienziati dell’Università della California è stato dimostrato quanto è importante il ruolo dei dispositivi di protezione individuale.
A cura di Andrea Centini
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Ormai lo sappiamo bene: per proteggerci dal contagio del coronavirus SARS-CoV-2 è doveroso mantenere il distanziamento sociale, indossare laddove richiesto le mascherine (chirurgiche o “di comunità”) e curare l'igiene delle mani, lavandole con acqua e sapone per 40-60 secondi o con una soluzione idroalcolica (almeno al 75 percento) per 20-30 secondi, come specificato dal Ministero della Salute e dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Queste misure di sicurezza sono efficaci poiché il patogeno emerso in Cina viaggia attraverso gli aerosol e il droplet (goccioline di saliva), che espelliamo quando tossiamo, starnutiamo o semplicemente parliamo.

Ci sono numerosi studi di fluidodinamica che hanno analizzato i movimenti di questi flussi di particelle potenzialmente contaminate, tenendo presenti numerosi fattori come dimensioni e distanza percorsa dalle goccioline; capacità filtranti delle mascherine; distanza percorsa da droplet e aerosol; effetti del vento, della temperatura, dell'umidità e delle particelle inquinanti e molti altri ancora. È per via dei risultati di queste indagini e a causa della capacità di diffondere il virus da parte degli asintomatici che le autorità sanitarie di tutto il mondo hanno predisposto misure per spezzare la catena dei contagi. Ora c'è un nuovo studio di revisione che dimostra quanto è importante indossare le mascherine e mantenere il distanziamento sociale.

A condurlo un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'autorevole Scripps Institution of Oceanography presso l'Università della California di San Diego, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Chimica dell'Aerosol Science Research Center presso la National Sun Yat-sen University di Kaohsiung, Taiwan. Gli scienziati, coordinati dalla professoressa Kimberly Prather, docente all'ateneo di La Jolla, hanno indicato che l'essere umano produce goccioline respiratorie che vanno da 0,1 a 1000 μm, e che la combinazione tra gravità, dimensione del droplet, inerzia, ed evaporazione determina fino a che punto quando vengono emesse sono in grado di viaggiare nell'aria o depositarsi da qualche parte: in un modo o nell'altro, se la carica virale è sufficiente, possono innescare l'infezione (la COVID-19) per inalazione o contatto con una superficie contaminata (toccando ad esempio il pulsante del bancomat infetto, e poi portandosi le dita sul viso).

Prather e colleghi hanno sottolineato che il SARS-CoV-2 si replica tre volte più velocemente del patogeno responsabile della SARS, dunque può diffondersi rapidamente nella faringe ed essere emesso all'estero prima della risposta immunitaria e dunque della comparsa dei sintomi. Ciò determina la notevole capacità di diffusione del virus anche nella fase asintomatica (che può perdurare per tutta la durata dell'infezione, nel 25 percento dei casi secondi i CDC americani). Gli autori dello studio ricordano che un solo minuto di conversazione ad alta voce può generare aerosol contenenti dai mille ai centomila virioni del SARS-CoV-2, flussi infettivi che possono permanere nell'aria per ore – fondamentalmente nei locali chiusi nei quali non circola aria – e dunque essere inalati. A causa delle loro piccole dimensioni possono finire direttamente negli alveoli polmonari, in profondità, e scatenare così l'infezione. Anche per queste ragioni nelle linee guida delle riaperture viene data grande in portanza all'aerazione dei locali.

Poiché non è semplice definire il comportamento degli aerosol infettivi, e in particolar modo determinare quali distanze possono percorrere, resta difficile calcolare una distanza di sicurezza effettivamente sicura. Basti pensare che un recente studio dell'Università di Nicosia (Cipro) pubblicato sulla rivista scientifica Physics of Fluids ha determinato che una leggera brezza (tra i 4 e i 15 chilometri orari) è sufficiente per far viaggiare fino a 6 metri le goccioline di saliva espulse dalla bocca. Pertanto il metro richiesto in Italia o i 6 piedi (180 centimetri) raccomandati negli Stati Uniti, potrebbero davvero non bastare a proteggerci da potenziali flussi contaminati dal virus, che potrebbero avvantaggiarsi anche della presenza di particelle inquinanti cui “ancorarsi”. È alla luce di tutte queste considerazioni che gli studiosi sottolineano l'importanza di indossare sempre le mascherine, laddove richiesto. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Science.

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