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Covid 19

Quali effetti collaterali del vaccino Covid devi aspettarti in base a sesso, età e dose

I vaccini contro il coronavirus SARS-CoV-2 possono provocare effetti collaterali come ogni altro farmaco, e nella maggior parte dei casi sono lievi e transitori. Le probabilità di svilupparne di più (e di più intensi) sono legate a diversi fattori, che spaziano dall’età al sesso, fino all’aver già avuto la COVID-19. Vediamoli nel dettaglio.
A cura di Andrea Centini
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Come qualsiasi altro farmaco, anche il vaccino contro il coronavirus SARS-CoV-2 può innescare degli effetti collaterali; nella stragrande maggioranza dei casi, fortunatamente, si tratta di sintomi lievi e transitori, che tendono a sparire nel giro di 24-48 ore. I più comuni sono sono dolore al sito dell'iniezione, arrossamento/gonfiore sul braccio, affaticamento, mal di testa, dolori articolari e muscolari e febbre. Con i vaccini, del resto, alcune reazioni sono anche un “segnale” che il principio attivo sta facendo il proprio dovere, cioè stimolare il sistema immunitario a reagire contro l'antigene, che nel caso dei farmaci anti COVID è la proteina S o Spike del patogeno. Si tratta del “grimaldello biologico” che il patogeno sfrutta per agganciarsi al recettore ACE-2 delle cellule umane, rompere la parete cellulare, riversare all'interno l'RNA virale e avviare la replicazione, che a sua volta determina l'infezione (chiamata COVID-19). Producendo anticorpi neutralizzanti contro questa proteina, si impedisce l'attacco alle cellule e dunque si previene la malattia, soprattutto la forma grave e la morte in caso di esposizione al coronavirus.

Ma gli effetti collaterali dei vaccini non sono naturalmente uguali per tutti, e ciò può dipendere da diversi fattori come età, sesso, condizioni di salute sottostanti, precedenti infezioni e sensibilità agli eccipienti contenuti nei flaconcini (qui la lista degli “ingredienti” dei vaccini di Moderna e Pfizer). Ad esempio, chi è sensibile a una delle sostanze presenti nei vaccini, è indubbiamente esposto al rischio di avere una reazione allergica, che può spaziare dalla “semplice” orticaria fino allo shock anafilattico, un'emergenza medica potenzialmente letale se non opportunamente trattata. Non a caso tutti coloro che si sottopongono alla vaccinazione vengono tenuti sotto osservazione per almeno 15 minuti, proprio perché le reazioni anafilattiche – una risposta esagerata del sistema immunitario – sono “esplosive” e generalmente immediate, dopo il contatto con la sostanza. Fortunatamente sono decisamente rare e non hanno nulla a che fare con i comuni effetti collaterali, che sono più che attesi dai medici.

Come emerso dagli studi clinici, l'effetto collaterale più comune che segue dopo l'inoculazione dei vaccini di Pfizer, Moderna e Johnsons & Johnson è il dolore/gonfiore al sito dell'iniezione. Durante i trial clinici questo sintomo è stato riferito dall'84% dei vaccinati col BNT162b2/Tozinameran di Pfizer-BioNtech; dal 92 percento di quelli trattati con l'mRNA-1273 o CX-024414 di Moderna-NIAID; e dal 49 percento di chi ha ricevuto il monodose Ad26.COV2.S o JNJ-78436735 di Johnsons & Johnson. L'affaticamento è stato osservato nel 65 percento dei vaccinati con Pfizer e Moderna e quasi nel 40 percento di quelli trattati Johnson & Johnson. Per quanto concerne il vaccino russo Sputnik V, il dolore al sito dell'iniezione è stato rilevato nel 60 percento dei partecipanti agli studi clinici; febbre nel 50 percento; cefalea nel 43 percento; stanchezza nel 30 percento circa e dolori muscolari-articolari nel 25 percento.

Una prima significativa differenza nello sviluppo degli effetti collaterali è dovuta a una precedente infezione da SARS-CoV-2. Chi ha già avuto la COVID-19 solitamente sperimenta sintomi più forti dopo la prima dose, proprio perché il suo organismo aveva già alcune “armi” per combattere il patogeno. La prima iniezione, in parole semplici, ha l'effetto del richiamo o boost (anche per questo alcuni esperti considerano inutile fare la seconda iniezione a chi è già stato contagiato). Nelle persone che non sono mai state esposte al virus, invece, è normalmente la seconda dose a innescare sintomi più forti e numerosi, per lo stesso principio. Non è un caso che brividi e dolori muscolari sono stati più comuni in chi ha ricevuto la seconda dose di vaccino durante i trial clinici (per Pfizer il doppio dopo la seconda dose e per Monderna addirittura il quintuplo). Lo studio “Robust spike antibody responses and increased reactogenicity in seropositive individuals after a 2 single dose of SARS-CoV-2 mRNA vaccine” guidato da scienziati della Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York ha dimostrato che i tre quarti di chi aveva avuto la COVID-19 ha sperimentato effetti collaterali dopo la prima dose con un vaccino a mRNA, contro il 66 percento di coloro che non erano mai stati esposti al virus.

Anche le fasce d'età più giovani hanno maggiori probabilità di sperimentare sintomi più forti rispetto agli anziani, per il fatto che col passare degli anni il nostro sistema immunitario diventa meno “pronto” e reattivo, pertanto la reazione scaturita dall'inoculazione del vaccino può risultare più blanda in chi è in avanti con l'età. Dopo una singola dose del vaccino di Moderna, circa il 60 percento di chi aveva meno di 65 anni ha sperimentato effetti collaterali, rispetto al 48 percento degli over 65. Dopo la seconda dose, gli effetti collaterali sono stati sperimentati dall'80 percento circa dei giovani e dal 70 percento dagli anziani. Per il Johnson & Johnson, che è monodose, gli under 60 avevano il 60 percento circa di probabilità di sperimentare effetti collaterali, contro il 45 percento degli over 60. Per quanto concerne lo Pfizer, la situazione non è stata molto differente, pur avendo abbracciato fasce di età leggermente diverse: il 34 percento degli over 55 ha sperimentato affaticamento dopo la prima dose rispetto al 47 percento degli under 55; dopo la seconda dose le percentuali sono state del 51 percento e del 59 percento.

Le donne hanno probabilità superiori di sviluppare effetti collaterali rispetto agli uomini, per via dell'“assetto ormonale”. Gli estrogeni, come specificato dal dottor Vivek Cherian a Business Insider, sono ormoni che tendono ad avere una stimolazione immunitaria, mentre gli androgeni come il testosterone hanno proprietà immunosoppressive. Si ritiene che proprio questa differenza ormonale tra uomini e donne possa spiegare la ragione per cui i maschi hanno un rischio sensibilmente superiore di sviluppare complicazioni potenzialmente fatali della COVID-19. Come indicato nel documento “First Month of COVID-19 Vaccine Safety Monitoring — United States, December 14, 2020–January 13, 2021” dei CDC americani, circa l'80 percento degli effetti collaterali segnalati dopo la vaccinazione anti Covid riguardava le donne, nonostante rappresentassero il 60 percento del totale dei vaccinati.

Le persone con condizioni di salute che compromettono il sistema immunitario, infine, hanno minori probabilità di sperimentare effetti collaterali proprio perché presentano una risposta immunitaria indebolita. In questa categoria possono esservi ad esempio i malati di cancro che seguono cicli di chemioterapia. Per chi soffre di condizioni autoimmuni, d'altro canto, come specificato dal dottor Cherian a Business Insider non ci si aspettano effetti collaterali più forti di quelli osservabili nella popolazione media.

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