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Covid 19

Perché per i bambini è più rischiosa la Covid della vaccinazione

Pur avendo un rischio minore degli adulti, anche i bambini possono ammalarsi gravemente di Covid. Ecco perché i pediatri sostengono la vaccinazione.
A cura di Andrea Centini
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Al momento in Italia e nel resto d'Europa i vaccini anti Covid sono approvati per le fasce di popolazione con età uguale o superiore ai 12 anni, tuttavia entro la fine del mese l'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) si pronuncerà sul via libera per i bambini tra i 5 e gli 11 anni. Negli Stati Uniti la Food and Drugs Administration (FDA) ha già autorizzato il vaccino di Pfizer-BioNTech per questa fascia di età considerandolo sicuro ed efficace, mentre in Israele sono appena iniziate le prime inoculazioni. Tutto lascia pensare che anche l'agenzia europea darà l'ok, così come l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) che si pronuncerà a stretto giro. Nonostante la stragrande maggioranza degli esperti ritenga importante vaccinare anche i più piccoli contro la COVID-19, vi sono ancora dubbi e perplessità circa la necessità di immunizzarli, in particolar modo perché, rispetto agli adulti, hanno un rischio significativamente inferiore di sviluppare la forma grave e potenzialmente fatale della patologia.

I dati epidemiologici, tuttavia, dimostrano che anche i bambini e gli adolescenti possono ammalarsi gravemente di COVID-19 e sviluppare complicazioni potenzialmente fatali. Non a caso sia la Società Italiana di Pediatria (SIP) che l'Associazione degli Ospedali Pediatrici Italiani (AOPI) hanno recentemente pubblicato un documento ufficiale nel quale sostengono la vaccinazione nei più piccoli e condividono la recente autorizzazione dell’FDA del vaccino anti Covid per la fascia di età 5 – 11 anni, quale "ulteriore e valido strumento di prevenzione dell’infezione e della diffusione del virus pandemico all’interno di tale fascia di popolazione". Naturalmente in attesa che l'EMA e l'AIFA comunichino il proprio parere. Tale posizione è suffragata dai dati diffusi dall'Istituto Superiore di Sanità (ISS) relativi all'impatto della COVID-19 nei più piccoli. Dall'inizio della pandemia al 9 novembre 2021, scrive la SIP, nella fascia di popolazione 0-19 anni sono stati confermati 791.453 casi di infezione, fra i quali 8.451 ospedalizzazioni, 249 ricoveri in terapia intensiva e 36 decessi. I numeri sono significativamente più bassi rispetto a quelli degli adulti, ma sottolineano che anche i piccoli possono ammalarsi gravemente e purtroppo perdere la vita per il SARS-CoV-2. La SIP afferma che non vanno sottovalutati nemmeno i 239 casi di MIS-C (sindrome infiammatoria multisistemica pediatrica) rilevati tra marzo 2020 a giugno 2021 e i casi di Long Covid rilevati tra i piccoli.

A preoccupare gli esperti vi è il significativo incremento dei contagi nella fasce d'età pediatrica che si sta riscontrando nelle ultime settimane. “Da un confronto con i dai dati pubblicati dall’ISS il 25 agosto, emerge che in poco più di due mesi, per la sola fascia di età 6-10 anni, c’è stato un incremento pari a 24.398 casi; oltre all’aumento dell’incidenza dei casi in tutte le fasce di età, si rileva, in particolare un’incidenza più elevata nella popolazione di età < 12 anni, attualmente non eligibile per la vaccinazione”, scrive la SIP. Il principale motore della quarta ondata dei contagi in Italia e in molti altri Paesi, attualmente, è la variante Delta (B.1.617.2, ex seconda indiana), divenuta dominante nei messi scorsi dopo aver soppiantato l'Alpha (ex inglese) che aveva dominato la terza ondata. Come spiegato a Fanpage dal virologo Fabrizio Pregliasco, questa variante del patogeno pandemico – notoriamente più contagiosa – colpisce di più i bambini rispetto ad altri ceppi perché ha una migliore capacità di agganciarsi al recettore ACE2, quello che il virus sfrutta per avviare l'infezione. I bimbi hanno meno ACE2 degli adulti ed è per questo che durante la prime fasi della pandemia sono stati meno coinvolti, ma ora, con la variante Delta in forte circolazione, le cose stanno cambiando.

Lo dimostrando anche i dati dei CDC americani, che hanno osservato un significativo incremento delle ospedalizzazioni dei piccoli proprio da quando la nuova variante ha iniziato a diffondersi con forza. “Il tasso di ospedalizzazione settimanale associato a COVID-19 per 100.000 bambini e adolescenti durante la settimana terminata il 14 agosto 2021 è stato quasi cinque volte superiore al tasso durante la settimana terminata il 26 giugno 2021; tra i bambini di età compresa tra 0 e 4 anni, il tasso di ospedalizzazione settimanale durante la settimana terminata il 14 agosto 2021 è stato quasi 10 volte superiore a quello della settimana terminata il 26 giugno 2021. Nel periodo 20 giugno-31 luglio 2021, il tasso di ospedalizzazione tra i bambini adolescenti non vaccinati (di età compresa tra 12 e 17 anni) era 10,1 volte superiore a quella tra gli adolescenti completamente vaccinati”, si legge nell'articolo “Hospitalizations Associated with COVID-19 Among Children and Adolescents — COVID-NET, 14 States, March 1, 2020–August 14, 2021”. Da quando è iniziata la pandemia negli USA sono morti per COVID-19 214 piccoli nella fascia di età 0 – 4 anni e 498 giovanissimi in quella 5 – 18 anni, numeri drammatici riportati dai CDC in questa tabella costantemente aggiornata.

Non c'è da stupirsi che alla luce di questi dati la Food and Drugs Administration (FDA) abbia approvato la vaccinazione anche nei più piccoli, dopo aver analizzato a fondo i dati depositati da Pfizer-BioNTech. “Gli scienziati hanno condotto studi clinici con circa 3.000 bambini e la Food and Drug Administration (FDA) ha stabilito che il vaccino Pfizer-BioNTech COVID-19 ha soddisfatto gli standard di sicurezza ed efficacia per l'autorizzazione nei bambini di età compresa tra 5 e 11 anni”, scrivono i CDC. Come emerso dalla sperimentazione, il vaccino si è dimostrato sicuro e ben tollerato, determinando effetti collaterali lievi e transitori paragonabili a quelli evidenziati nella fascia di età tra i 16 e i 25 anni, come febbre, dolore al sito dell'iniezione, affaticamento e mal di testa. Nessuno ha avuto reazioni avverse severe. Va ricordato che la dose di vaccino Covid per i più piccoli è di 10 microgrammi, un terzo di quella somministrata agli adulti. Per quanto concerne i casi di miocardite (infiammazione al muscolo cardiaco) osservati negli adolescenti dopo la vaccinazione, la Società Italiana di Pediatria nell'infografica Vaccino Covid-19 per bambini e adolescenti: 8 domande e 8 risposte indica che in generale “è difficile stabilire un collegamento diretto e certo con la vaccinazione COVID-19. Tutti i casi di miocardite ad oggi riportati sono stati comunque di modesta entità e si sono risolti con le specifiche cure mediche”.

In conclusione, il presidente di AOPI Alberto Zanobini afferma che i dati mostrano con chiarezza “che l’infezione da coronavirus non è priva di rischi anche per l’età pediatrica”, per questa ragione si ritiene opportuno “sfruttare tutte le opportunità che la ricerca scientifica ci mette a disposizione per proteggere al meglio i più piccoli, vaccini compresi”. Non va infine dimenticato che i bambini non immunizzati possono rappresentare un serbatoio significativo per il virus, permettendo la diffusione anche alla popolazione adulta più suscettibile di malattia grave.

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