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Covid 19

Perché non devi saltare la seconda dose di vaccino Covid per paura degli effetti collaterali

Secondo un dato diffuso dai CDC americani, circa l’8 percento di chi ha ricevuto la prima dose di vaccino anti Covid si sta rifiutando di sottoporsi all’inoculazione di richiamo. La ragione principale è la paura degli effetti collaterali, ma c’è anche chi si ritiene “protetto” con una sola dose. Ecco perché non bisogna aver paura della seconda dose e perché è importante farla.
A cura di Andrea Centini
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Al momento c'è solo un vaccino anti Covid approvato per l'uso di emergenza che si basa su una singola dose, il JNJ-78.436.735/Ad26.COV2.S di Janssen Pharmaceutica (Johnson & Johnson), mentre tutti gli altri hanno bisogno di un richiamo per garantire l'immunizzazione completa. In base alla tipologia di vaccino, la seconda dose può essere somministrata tra 21 e 42 giorni (vaccini a mRNA di Pfizer-BioNTech e Moderna-NIAID) o a 3 mesi di distanza, come nel caso del Vaxzevria di AstraZeneca-Oxford-IRBM. Il richiamo è ritenuto fondamentale per ottenere una duratura e completa protezione, anche se una singola dose garantisce comunque una certa immunità. A causa di ciò, soprattutto per paura degli effetti collaterali, in molti stanno rinunciando alla dose di richiamo, un rifiuto che può rappresentare un serio problema di salute pubblica, dato che lo scudo immunitario potrebbe essere inefficace o troppo breve.

A lanciare l'allarme sono i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC – Centers for Disease Control and Prevention) americani, che in base a un dato riportato dal New York Times rilevano che circa l'8 percento di coloro che hanno ricevuto la prima dose sta rifiutando la seconda. Come indicato, la ragione è principalmente legata al timore di reazioni avverse, ma c'è anche chi “si sente a posto” con una singola inoculazione. Com'è noto la seconda dose di un qualsiasi vaccino genera una risposta più forte della prima, semplicemente perché si tratta della somministrazione di “collaudo”, in grado di generare la giusta quantità di anticorpi neutralizzanti, cellule della memoria e altre armi contro l'antigene interessato. Quando infatti riceviamo il richiamo, il nostro sistema immunitario è già perfettamente in grado di riconoscere il “nemico” presentatogli con la prima dose; pertanto quando l'organismo reagisce più vigorosamente, eventualmente con febbre, dolore al sito dell'iniezione, brividi, dolori muscolari (mialgia), mal di testa e altri sintomi passeggeri (normalmente spariscono in 24-48 ore). Sperimentarli significa che il vaccino sta facendo il proprio dovere. Ma in tanti sono spaventati e, probabilmente anche spinti dalla narrazione sugli eventi tromboembolici associati al vaccino di Johnson & Johnson (ora sospeso negli USA) e a quello di AstraZeneca, che negli Stati Uniti non è nemmeno stato approvato.

Come indicato, gli effetti collaterali nella stragrande maggioranza dei casi sono lievi e temporanei. Tra i più diffusi vi sono disturbi al sito dell'iniezione e stanchezza. Come emerso dai trial clinici, il dolore/gonfiore al sito dell'iniezione è stato riferito dall'84 percento dei vaccinati col farmaco di Pfizer-BioNtech e dal 92 percento di quelli trattati col vaccino di Moderna-NIAID. L'affaticamento è stato osservato invece nel 65 percento di entrambi i gruppi di vaccinati. Dopo una singola dose del vaccino di Moderna, circa il 60 percento degli under 65 ha sperimentato effetti collaterali, rispetto al 48 percento degli over 65. Dopo la seconda dose, gli effetti collaterali sono stati sperimentati dall'80 percento della fascia più giovane e dal 70 percento dei più maturi. Per quanto concerne lo Pfizer, il 34 percento degli over 55 ha sviluppato affaticamento dopo la prima dose rispetto al 47 percento degli under 55; dopo la seconda dose si è passati rispettivamente al 51 percento e al 59 percento. Per il Johnson & Johnson, gli under 60 avevano il 60 percento circa di probabilità di sviluppare effetti collaterali, contro il 45 percento degli over 60. Secondo una nuova indagine dedicata ai vaccini a mRNA, le reazioni allergiche sono state invece riscontrate solo nel 2 percento dei vaccinati mentre il tasso di anafilassi è risultato appena di 2,47 casi ogni 10mila somministrazioni.

Per evitare che le persone saltino la seconda dose, in Arkansas e in Illinois i funzionari di sanità pubblica hanno obbligato i fornitori dei vaccini a contattare chi ha ricevuto la prima dose con messaggi, telefonate ed mail affinché si rechino effettivamente a fare la seconda dose. Nei campus universitari ci sta organizzando affinché tutti gli studenti di ritorno dalle vacanze estive siano completamente immunizzati. Ma i rifiuti continuano ad aumentare e la situazione allarma gli esperti: “Sono molto preoccupato, perché le persone hanno bisogno di quella seconda dose”, ha dichiarato al NYT il professor Paul Offit, docente presso l'Università della Pennsylvania e membro del comitato consultivo sui vaccini della Food and Drug Administration. Nell'Illinois, in base a quanto segnalato dal quotidiano americano, fin quando i vaccini venivano somministrati nelle RSA e agli operatori sanitari il 100 percento delle persone riceveva la seconda dose. Ora questa soglia è scesa al 90 percento, con l'allargamento della campagna vaccinale. In Arkansas sono 84mila (11 percento) le persone che non hanno ricevuto la seconda dose. In alcuni casi la ragione non è il rifiuto, ma il rinvio dell'appuntamento a causa della (momentanea) carenza di dosi. Non a caso sono state istituite vere e proprie cliniche speciali per assicurarsi che chiunque ha saltato la seconda dose – per qualunque ragione – possa ricevere anche la seconda.

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