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Perché il cambiamento climatico sarà catastrofico per l’Italia, secondo il rapporto Onu

Il bacino del Mediterraneo è considerato dagli scienziati un’area particolarmente esposta alle conseguenze dei cambiamenti climatici, con effetti che si palesano in anticipo e con maggiore intensità rispetto ad altre aree. Secondo il nuovo rapporto del Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) dell’ONU le minacce per l’Italia e gli altri Paesi affacciati sul “Mare Nostrum” sono particolarmente gravi, se non porremmo un immediato freno alle emissioni di carbonio.
A cura di Andrea Centini
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Il 9 agosto è stata pubblicata la prima parte del Sesto Rapporto di Valutazione messo a punto dagli scienziati del Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) delle Nazioni Unite, il più approfondito studio dedicato all'impatto del riscaldamento globale, al suo percorso storico e alle misure necessarie per arginarne la minaccia. Dall'indagine è emerso che la catastrofe climatica alle porte è indubbiamente figlia delle attività umane, attraverso la costante immissione di gas a effetto serra – in particolar modo anidride carbonica – a partire dalla Rivoluzione Industriale ma letteralmente esplosa nell'ultimo cinquantennio, determinando una vera e propria rottura degli equilibri globali. Nel 2019, ad esempio, è stato determinato che i livelli di CO2 atmosferici erano i più alti degli ultimi 2 milioni di anni; che l'aumento della temperatura superficiale degli ultimi 50 anni è stato il più rapido in assoluto degli ultimi 2 mila anni; che negli ultimi 10 anni il tasso di innalzamento del mare è triplicato e che lo scioglimento dei ghiacci degli ultimi decenni non ha paragoni da millenni. Le conseguenze di questi e altri effetti si fanno già sentire, ma nei prossimi anni avranno una portata catastrofica, se non argineremo le emissioni e raggiungeremo la neutralità carbonica nel più breve tempo possibile. Sebbene l'impatto sarà globale, vi sono aree della Terra in cui i cambiamenti climatici presenteranno il conto in anticipo e con effetti particolarmente distruttivi. Fra esse figura anche il Mediterraneo e dunque l'Italia, come emerso dal recente rapporto dell'ONU.

A causa della peculiare posizione geografica, della conformazione del bacino e dei molteplici fattori che ne caratterizzano il clima, il Mediterraneo – assieme all'Artico – è considerato uno dei "punti caldi" per le conseguenze del riscaldamento globale. Non a caso, secondo il modello messo a punto dall'ONU, la regione mediterranea nei prossimi anni si riscalderà mediamente del 20 percento in più rispetto alle medie globali. È noto che nei Paesi affacciati sul “Mare Nostrum” le estati sono già particolarmente lunghe e calde, talvolta siccitose e caratterizzate da vasti incendi, spesso appiccati dalla mano dell'uomo – come avvenuto recentemente in Sardegna e in Grecia – ma catalizzati proprio dalle condizioni climatiche che favoriscono la propagazione delle fiamme. A causa delle temperature sempre più elevate, tutti questi fenomeni verranno amplificati in modo significativo, determinando conseguenze drammatiche sull'ambiente, su flora e fauna e naturalmente sulla salute delle persone.

In un capitolo dedicato all'area mediterranea, gli scienziati dei Paesi dell'IPCC sottolineano che i rischi principali sono rappresentati dall'innalzamento del livello del mare, dalla perdita di biodiversità (sia terrestre che marina), dalle alterazioni nel ciclo dell'acqua, dalla siccità, dagli incendi boschivi, dalla produzione alimentare, dalle ondate di calore estreme e dalla diffusione di vettori di malattie. Quest'ultimo è un chiaro riferimento alle zanzare, portatrici di patologie infettive gravi e potenzialmente fatali. Con un aumento significativo della temperatura, infatti, in Italia potrebbero arrivare e adattarsi specie tropicali come la zanzara della febbre gialla (Aedes aegypti), vettrice di malattie alla stregua della di dengue, chikungunya, Zika e altre ancora. In decine di milioni dovranno combattere con carenza di acqua, carestie, alluvioni sempre più frequenti e un aumento significativo di ondate di calore estremo potenzialmente fatali. I raccolti potrebbero crollare fino al 64 percento se non arresteremo l'emorragia di gas a effetto serra.

La settimana che ci attende, la più calda dell'estate 2021 con temperature che in diverse località potrebbero raggiungere e superare i 45° C, in un futuro stravolto dai cambiamenti climatici potrebbe diventare la normalità. Una situazione simile ha causato centinaia di morti in Nord America tra fine giugno e inizio luglio a causa della "cupola di calore" che ha fatto raggiungere quasi i 50° C in alcune città di Canada e Stati Uniti. Secondo il rapporto entro il 2050 circa 100 milioni di persone nel Mediterraneo settentrionale potrebbero essere esposte a stress da calore elevato o molto elevato, con conseguenze potenzialmente fatali.

Il calore estremo catalizza anche gli incendi, che già oggi rappresentano una grave minaccia in Italia e in altri Paesi nell'area mediterranea. Secondo le stime dell'ONU, se la temperatura superficiale aumenterà di 2° C rispetto all'epoca preindustriale le aree devastate dai roghi boschivi raddoppieranno; se invece la temperatura media aumenterà di 3° C, la distruzione aumenterà quasi del 200 percento. Del resto le ondate di calore estremo e la siccità seccano la vegetazione e la rendono maggiormente predisposta alla propagazione delle fiamme, mentre i venti caldi possono trasportare a grande distanza le ceneri ardenti e appiccare nuovi focolai a partire dalle cime degli alberi, rendendo i roghi ancor più incontrollabili e pericolosi.

Va anche tenuto presente che l'Italia ha oltre 8mila chilometri di coste e gli scienziati ritengono che il livello del mare, nello scenario peggiore, entro il 2100 potrebbe aumentare di ben 2 metri a causa dello scioglimento dei ghiacci. Moltissime città e regioni costiere – come ad esempio Venezia e la pianura Pontina – rischiano di finire letteralmente sott'acqua, mentre la stragrande maggioranza delle spiagge scomparirebbe e larga parte della preziosa macchia mediterranea andrebbe perduta per sempre. Secondo l'ONU solo contenendo l'aumento delle temperature al di sotto dei 2° C – l'obiettivo meno virtuoso dell'Accordo di Parigi sul Clima – sarà possibile mantenere in uno stato vitale  “gli insediamenti costieri, i siti del patrimonio culturale e gli ecosistemi terrestri e marini” nel bacino Mediterraneo

Gli scienziati dell'IPCC ritengono che al ritmo attuale di emissioni raggiungeremo l'aumento di 1.5° C entro i primi anni '30, molto prima rispetto a quanto preventivato in precedenza. Il superamento di questa soglia potrebbe verificarsi anche se saremo bravi a contenere anidride carbonica, metano e altri gas a effetto serra, tuttavia, vi sarà una differenza sostanziale: nel secondo caso, infatti, entro il 2100 si verificherebbe un'inversione di marcia, con una riduzione delle temperature a 1,4° C; nel primo ci sarebbe un ulteriore aumento in grado di mettere a repentaglio l'intera umanità. Come sottolineato da António Guterres, segretario generale dell’ONU, il nuovo rapporto dell'IPCC deve "suonare una campana a morto per il carbone e per i combustibili fossili, prima che distruggano il nostro pianeta". Tutti noi dobbiamo iniziare a fare la nostra parte per scongiurare un futuro di sofferenza e devastazioni.

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