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Nobel Michel Mayor: “L’uomo non migrerà mai sui pianeti al di fuori del Sistema solare”

I pianeti extrasolari sono troppo lontani e non abbiamo le tecnologie per raggiungerli in tempi umani, per questo la nostra specie non migrerà su di essi. È il concetto espresso in una conferenza stampa dall’astronomo Michel Mayor, fresco vincitore del premio Nobel per la Fisica del 2019. Assieme al collega Didier Queloz scoprì il primo esopianeta della storia, 51 Pegasi b, il cui storico annuncio fu dato nel 1995.
A cura di Andrea Centini
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Lo scienziato svizzero Michel Mayor, fresco vincitore del Nobel per la Fisica 2019 per aver scoperto il primo esopianeta della storia assieme a Didier Queloz, a margine di una conferenza stampa tenutasi nei pressi di Madrid ha affermato che l'uomo non riuscirà mai a migrare sui pianeti al di fuori del Sistema solare. Il motivo è semplice: sono troppo lontani. “Se stiamo parlando di esopianeti, le cose dovrebbero essere chiare: non migreremo lì”, ha dichiarato all'AFP l'astronomo settantasettenne.

Le distanze in ballo, del resto, vanno ben al di là delle nostre attuali tecnologie e della vita umana stessa. Basti pensare al sistema Proxima Centauri, il più vicino al Sistema solare, che dista “soltanto” 4,23 anni luce. È un'inezia dal punto di vista squisitamente astronomico, ma tenendo presente che la velocità della luce è pari a 300mila chilometri al secondo, e che in un anno la luce percorre 9.500 miliardi di chilometri, il sistema si trova a ben 40mila miliardi di chilometri da noi. Percorrendoli alla velocità massima raggiunta da alcune delle sonde "proiettile" lanciate verso il Sole (tra i 200 e i 300mila chilometri orari), impiegheremmo tra i 15mila e i 20mila anni per arrivare su Proxima b, l'esopianeta potenzialmente abitabile del sistema. Insomma, non siamo affatto pronti per i viaggi interstellari, e fin quando non inventeremo qualcosa in grado di raggiungere velocità vicine a quella della luce, si tratta di un obiettivo semplicemente impraticabile. E stiamo parlando di Proxima b, il più vicino di tutti; figuriamoci i possibili pianeti abitabili di Trappist-1, a 39 anni luce, o Gliese 1016 b a “soli” 12 anni luce.

"Questi pianeti sono molto, troppo lontani. Anche nel caso molto ottimista di un pianeta abitabile che non sia troppo lontano, diciamo poche decine di anni luce, che non è molto – è praticamente nel nostro quartiere – il tempo per arrivarci è davvero notevole”, ha sottolineato Michel Mayor. “Stiamo parlando di centinaia di milioni di giorni utilizzando i mezzi che abbiamo a disposizione oggi”, ha aggiunto lo studioso. Per questo motivo ha affermato che “dobbiamo prenderci cura del nostro pianeta, che è molto bello e ancora assolutamente vivibile”. Poi ha ribadito di aver sentito il bisogno di “uccidere” tutte le affermazioni riguardo a una possibile fuga su un altro pianeta al di fuori del Sistema solare, nel caso in cui la Terra non fosse più vivibile.

Si tratta di un bel problema per l'umanità, dato che al di là delle potenziali fusioni catastrofiche tra la Via Lattea e la Grande Nube di Magellano (prevista tra 2 miliardi di anni) e quella con la Galassia di Andromeda (tra circa 4,5 miliardi di anni), il Sole è destinato a terminare il suo ciclo vitale, a espandersi e distruggere tutti i pianeti più vicini, Terra compresa. Il nostro pianeta potrebbe addirittura essere inglobato durante il processo di espansione. La vita, comunque, verrebbe spazzata via prima di questo momento, a causa delle temperature infernali scatenate dalla stella morente, che faranno evaporare gli oceani e annienteranno tutta la biosfera, uomo compreso. Ma in realtà l'estinzione della nostra specie potrebbe essere più vicina di quanto possimo immaginare; secondo alcuni scienziati, del resto, la fine della civiltà come la conosciamo oggi potrebbe arrivare già nel 2050, a causa dei cambiamenti climatici. Ciò potrebbe davvero portarci sul baratro dell'estinzione, assieme a tutte le altre specie annientate con le nostre mani.

Mayor, come indicato, ha vinto il premio Nobel per la Fisica 2019 assieme a Didier Queloz per aver scoperto il primo esopianeta della storia, 51 Pegasi b nella costellazione di Pegaso. Lo storico annuncio fu dato nel 1995 e cambiò per sempre la nostra visione dell'Universo. Il prestigioso premio del 2019 è stato assegnato anche a James Peeble per aver teorizzato la radiazione cosmica di fondo.

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