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Opinioni

L’incubo della plastica nei pesci italiani che mangiamo: quali sono i rischi per la salute

Trovate microplastiche nei pesci che nuotano nel mare italiano e che finiscono nei nostri piatti. La nuova indagine di Greenpeace mostra, ancora una volta, quanto la questione plastica sia attuale e sottolinea i rischi per la nostra salute: rischi ancora non chiari ad oggi e per questo, forse, più preoccupanti.
A cura di Zeina Ayache
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Nei pesci del mare italiano è presente la microplastica, cioè mini frammenti di plastica, che potrebbe essere pericolosa non solo per la salute degli animali, ma anche per la nostra, visto che li mangiamo. La questione ‘microplastiche', come ricorda anche Greenpeace, non può più essere sottovalutata, non tanto (non solo) per questioni legate all'ambiente, ma quanto perché ancora non è chiaro come e se queste sostanze possano interagire con il nostro organismo rischiando di danneggiarci.

Un mare e pesci di plastica. Come riporta l'ultimo rapporto di Greenpeace sulla questone, “Microplastic investigation in water and trophic chain along the Italian coas”, negli organismi marini appartenenti a specie diverse, sono risultati presenti microplastiche di dimensioni inferiori ai 5 millimetri nel 25/30% dei soggetti analizzati: stiamo parlando di acciughe, triglie, merluzzi, scorfani, gamberi e cozze che nuotano nei mari di Genova, Grosseto, Isola del Giglio, Ventotene e Napoli e che finiscono nei nostri piatti e, di conseguenza, nel nostro corpo. “La maggior parte delle plastiche ritrovate è fatta di polietilene (PE), ovvero il polimero con cui viene prodotta la maggior parte del packaging e dei prodotti usa e getta” spiega Greenpeace che sull'argomento afferma: “Ciò che ci preoccupa maggiormente è la rapida evoluzione di questo problema e la graduale trasformazione delle microplastiche in nanoplastiche, particelle ancora più piccole che se ingerite dai pesci possono trasferirsi nei tessuti ed essere quindi ingerite anche dall’uomo, con rischi per la salute ancora sconosciuti”.

Gli effetti della plastica sul corpo. “È urgente quindi che la ricerca scientifica acquisisca nuove conoscenze e contribuisca a sensibilizzare la coscienza di tutti su questa tematica emergente” afferma Stefania Gorbi, docente di Biologia Applicata alla Università Politecnica delle Marche, che affronta una questione decisamente attuale. Ma di cosa dovremmo avere paura? Ad oggi non lo sappiamo, ma la comunità scientifica è al lavoro per poterci dare una risposta. Viene da chiedersi perché preoccuparsi di qualcosa di cui non conosciamo effettivamente le conseguenze. Il punto è che negli ultimi anni i ricercatori hanno iniziato a notare che alcune sostanze contenute nella plastica hanno effetti negativi su di noi. Tra queste:

  • il bisfenolo A, un composto che si utilizza per la produzione di materiali plastici (ad esempio confezioni di alimenti) che favorisce l'obesità e ha potenziali conseguenze sulla riproduzione, si comporta infatti come gli estrogeni però negli uomini,
  • il Triclosan, che si trova nei giocattoli, è interagisce con il funzionamento degli ormoni maschili,
  • e quindi in generale di EDC, quelle sostanze che si trovano nei contenitori di plastica e che sono state bannate dall'UE proprio perché pericolosi.

Insomma, la presenza di queste sostanze nei nostri pesci non è più solo un problema per l'ambiente e gli ecosistemi, ma anche per noi esseri umani ed è davvero giunto il momento di ridurre l'utilizzo della plastica prima di scoprire quanto sia effettivamente dannosa.

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Giornalista. Mi sono sempre chiesta chi ci fosse dietro alle notizie veicolate ogni giorno dai giornali, dalla TV e dal Web. Poi mi sono informata e sono diventata una di loro. Credo fortemente nella divulgazione e per questo faccio il possibile per raccontare attraverso le esperienze e le emozioni ciò che accade sul nostro Pianeta.
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