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Basta mangiare cani: l’ipocrisia di chi critica Yulin con un panino al prosciutto in mano

Il Festival dell’indignazione sul Festival della carne di cane di Yulin è iniziato: mentre addentiamo una mucca, ci sconvolgiamo per l’atroce fine a cui è destinato il migliore amico dell’uomo in Cina. Ma quando saremo sazi di ipocrisia e inizieremo a fare spazio nel nostro menù al consumo consapevole?
A cura di Zeina Ayache
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Il profumo della carne alla brace, l’acquolina in bocca ed è subito barbecue, una scena normale no?
Anzi, una scena desiderata per alcuni.
Mucche, conigli, polli, maiali e cinghiali, grigliamo tutto e tutto ci va bene, fino a che su questa brace non ci sono i cani.

Per carità, è anche comprensibile considerando che si tratta di animali per noi da compagnia con i quali dividiamo le nostre giornate e che culturalmente non sono alimenti, ma cosa ci fa sentire migliori di chi invece sceglie di mangiare i cani?

Il Festival della carne di cane di Yulin è iniziato e, come ogni anno, ci indigniamo per la crudeltà con cui vengono trattati i cani destinati a morti atroci, prima che la loro carne venga venduta per essere mangiata.

Ammassati dentro gabbie, spesso rapiti da abitazioni in cui vivevano con una famiglia di umani, presi a bastonate, bolliti, spellati.

Le scene da volta stomaco dai mercati di Yulin sono ormai impresse nelle nostre menti, ma c’è qualcosa che ci impedisce di vedere con lo stesso orrore ciò che accade nei nostri allevamenti intensivi e nei nostri macelli.

Certo, dalle nostri parti ci sono più regole igienico-sanitarie, che non impediscono agli animali di vivere tra feci e pus, e la macellazione prevede lo stordimento, per quanto sia facile osservare animali che cercano di fuggire al loro destino consapevoli di ciò che sta per accadere.

E se questo non dovesse bastare, dobbiamo ricordarci che noi, che ci sentiamo meglio dei cinesi, togliamo i vitelli appena nati alle madri per non sprecare il latte e li lasciamo morire perché la loro carne non serve, selezioniamo i pulcini che non servono e li tritiamo vivi come se fossero carta straccia, tagliamo la coda e i genitali ai maialini senza anestesia.

Ma noi non mangiamo i cani, e siamo migliori dei cinesi.

I cinesi, come se tutti i cinesi poi si nutrissero di carne di cane, quando è proprio dalle nuove generazioni di cinesi che si sta alzando sempre di più la voce di chi dice no al Festival di Yulin, dice no alla violenza ingiustificabile sui cani, dice no ai cani come alimenti.

E noi in occidente cosa diciamo dei nostri allevamenti? Magari commentiamo Yulin mentre mastichiamo un boccone di panino al prosciutto.

Mettere da parte l’ipocrisia potrebbe essere un primo passo verso una rivoluzione vera: quella in cui diventiamo consumatori consapevoli non necessariamente vegani o vegetariani, che fanno scelte ragionate e sostenibili, per la nostra salute e per il benessere degli animali, e che per questo possono permettersi, forse, di sentirsi non tanto migliori, ma almeno più in pace con se stessi.

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