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L’attuale riscaldamento della Terra non ha precedenti in 24mila anni e la colpa è solo nostra

Attraverso l’analisi di sedimenti marini e un modello climatico è stato dimostrato che il grave riscaldamento della Terra non ha precedenti in 24mila anni.
A cura di Andrea Centini
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Lo scorso agosto l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) dell'ONU ha pubblicato la prima parte del Sixth Assessment Report, il più grande e approfondito studio sui cambiamenti climatici, nel quale è stato dimostrato incontrovertibilmente che sono state le attività umane a innescare il riscaldamento globale eccezionale che stiamo vivendo. In parole semplici, i cambiamenti climatici sono solo e soltanto colpa nostra, a causa delle emissioni di anidride carbonica (CO2) e altri gas a effetto serra che immettiamo costantemente in atmosfera, in particolar modo a partire dalla Rivoluzione Industriale. Ora un nuovo studio pubblicato su Nature ha messo in relazione l'aumento delle temperature medie osservato negli ultimi 150 anni con le variazioni verificatesi negli ultimi 24mila anni, rilevando quanto veloce ed estremo è stato l'incremento provocato dalle nostre azioni scellerate, che rischiano di farci sprofondare in una vera e propria apocalisse climatica nel giro di pochi decenni. Il grafico sottostante mostra meglio di qualunque parola l'intensità di tale incremento, una brusca impennata dopo 10mila anni di sostanziale equilibrio.

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A condurre il nuovo studio è stato un team di ricerca americano guidato da scienziati dell'Università dell'Arizona, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Laboratorio di clima e dinamica globale del Centro nazionale per la ricerca atmosferica di Boulder (Colorado), del Dipartimento di Scienze dell'Atmosfera dell'Università di Washington di Seattle e del Dipartimento di Scienze della Terra e dell'Ambiente dell'Università del Michigan. I ricercatori, coordinati dal dottor Matthew Osman, ricercatore presso il Dipartimento di Geoscienze dell'ateneo di Tucson, sono giunti alle loro conclusioni ricostruendo le temperature globali nel corso dei millenni attraverso un modello paleoclimatico, dal picco dell'ultima era glaciale – chiamato massimo glaciale – fino ai giorni nostri. Per farlo hanno analizzato oltre 500 registrazioni paleoclimatiche, ovvero i “record” delle temperature del passato, che possono essere rilevate osservando le alterazioni che si verificano nei sedimenti marini. Il professor Osman e i colleghi hanno analizzato campioni dalle coste e dai fondali marini di tutto il mondo, ottenendo evidenza delle variazioni nelle temperature verificatisi nell'arco di 24 mila anni, con intervalli ristretti a soli 200 anni. I dati raccolti sono stati successivamente inseriti in un modello climatico standard, che ha permesso di ottenere un quadro d'insieme più ampio ed esaustivo, in grado di colmare le lacune di altre simulazioni.

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Il dato più evidente della ricerca risiede nell'intensità e nell'accelerazione del riscaldamento, che negli ultimi 150 anni – cioè da quando è iniziata la Rivoluzione Industriale – è enormemente superiore rispetto a quanto avvenuto negli ultimi 24mila anni, da quando le calotte glaciali hanno iniziato a sciogliersi dopo l'ultimo massimo glaciale. All'epoca la calotta del polo nord occupava una porzione significativa dell'emisfero settentrionale, coprendo ampia parte del Nord America, come mostra il grafico soprastante. “Questa ricostruzione suggerisce che le temperature attuali non hanno precedenti in 24.000 anni e indica anche che la velocità del riscaldamento globale causato dall'uomo è più veloce di qualsiasi cosa abbiamo visto nello stesso periodo”, ha dichiarato in un comunicato stampa la professoressa Jessica Tierney, paleoclimatologa presso l'Università dell'Arizona e responsabile del laboratorio in cui sono stati elaborati i dati dello studio. Con essi gli scienziati hanno creato vere e proprie mappe grazie alle quali è possibile osservare come è cambiata la temperatura in un dato luogo nell'arco di millenni. “Queste mappe sono davvero potenti. Con esse è possibile per chiunque esplorare come sono cambiate le temperature sulla Terra, a un livello molto personale. Per me, essere in grado di visualizzare l'evoluzione delle temperature di 24.000 anni nel luogo esatto in cui mi trovo oggi, o dove sono cresciuto, ha davvero aiutato a radicare il senso di quanto sia grave il cambiamento climatico oggi”, ha dichiarato il dottor Osman.

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Nel grafico si osserva un robusto incremento delle temperature tra 18mila e 10mila anni fa, dovuto allo scioglimento delle calotte glaciali dopo il massimo glaciale; poi per poco meno di 10mila anni, fino al 1870, si determina un sostanziale equilibrio. Ma da quel momento in poi inizia un'impressionante impennata fino ai giorni nostri, dovuta alla grande emissione di carbonio legata al consumo dei combustibili fossili. Altri grafici messi a punto da altre organizzazioni climatiche, come il Global Carbon Project, mostrano invece la ripidissima curva degli ultimi decenni, in cui le emissioni di CO2 sono aumentate in modo vertiginoso portandoci sull'orlo della catastrofe climatica. “Il fatto che oggi siamo così lontani dai limiti di ciò che potremmo considerare normale è motivo di allarme e dovrebbe sorprendere tutti”, ha affermato il dottor Osman.

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Al momento, come indicato dal Climate Clock basato sui più importanti studi climatici al mondo, siamo a 1,2° C di riscaldamento in più rispetto alla temperatura media dell'epoca preindustriale. L'obiettivo degli Accordi di Parigi sul Clima e della COP26 – attualmente in corso di svolgimento a Glasgow – è contenere l'aumento a 1,5° C, tuttavia un primo rapporto sugli impegni presi indica che siamo lontanissimi dal poter raggiungere questo traguardo. È infatti necessario abbattere immediatamente e in modo drastico le emissioni di CO2 e di altri gas a effetto serra, ma i Paesi si stanno impegnando solo a lungo termine, cercando la neutralità carbonica (zero emissioni nette) attorno alla metà del secolo. Di questo passo, secondo il rapporto di Climate Action Tracker, rischiamo di arrivare a 2,7° C di riscaldamento entro il 2100, con conseguenze catastrofiche per l'intera umanità, l'ambiente e la biodiversità. I dettagli della nuova ricerca “Globally resolved surface temperatures since the Last Glacial Maximum” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature.

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