video suggerito
video suggerito
Covid 19

La variante inglese continua a evolvere: sviluppata preoccupante mutazione del ceppo sudafricano

In alcuni campioni virali estratti da pazienti contagiati dalla variante inglese del coronavirus SARS-CoV-2, un team di ricerca britannico ha identificato una nuova mutazione già presente nella variante sudafricana. Chiamata E484K, tale modifica avrebbe la capacità di ridurre l’efficacia dei vaccini. Al momento è stata identificata solo in rari casi.
A cura di Andrea Centini
1.891 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

La variante inglese del coronavirus SARS-CoV-2 sta continuando a evolversi, e in alcuni (rari) casi ha presentato una mutazione che sta preoccupando gli esperti. Si tratta infatti della mutazione E484K posizionata sulla proteina S o Spike, la glicoproteina a forma di “ombrellino” che costella il “guscio esterno” (pericapside o peplos) del patogeno e che viene sfruttata come un "grimaldello biologico" per agganciarsi al recettore ACE-2 delle cellule umane, scardinare la parete cellulare e permettere l'inserimento dell'RNA virale, il processo che dà il via alla replicazione e dunque all'infezione (COVID-19). Questa specifica mutazione è stata già osservata nel lignaggio 501.V2 (la variante sudafricana) e in quello P.1 o B.1.1.248 (la variante brasiliana) e in base a studi preliminari sarebbe in grado di ridurre l'efficacia del vaccino ed eludere l'immunità innescata dall'infezione naturale. Lo dimostrerebbe la pioggia di casi che si sta registrando a Manaus, in Brasile, già duramente colpita durante la prima fase della pandemia e ora letteralmente martoriata.

A scoprire la mutazione E484K in alcuni campioni virali estratti da pazienti britannici infettati dalla variante inglese è stato un team di esperti del New and Emerging Respiratory Virus Threats Advisory Group (NEVRTAG), organo multidisciplinare che sta fornendo consulenza specialistica al governo di Boris Johnson per affrontare la pandemia. I risultati sono stati pubblicati nel rapporto “Investigation of novel SARS-CoV-2 variant Variant of Concern 202012/01” della Public Health England (PHE), l’Agenzia governativa del Dipartimento della Sanità e dell’Assistenza sociale del Regno Unito. Su oltre 200mila sequenze genomiche virali sequenziate dagli esperti del COVID-19 Genomics UK (COG-UK), la mutazione E484K è stata trovata soltanto in un 11 casi di variante inglese. "Le informazioni preliminari suggeriscono più di un evento di acquisizione", si legge nel documento.

Tenendo presente che la variante inglese (nota col nome di B.1.1.7 o Variant of Concern 202012/01 – VOC-202012/01) a partire da settembre si è diffusa in modo capillare in vaste aree della Gran Bretagna, il fatto che tale mutazione sia stata trovata in così pochi casi indica comunque che un ceppo ulteriormente mutato non è ancora "esploso" tra la popolazione. Gli scienziati raccomandano di rispettare scrupolosamente le norme anti contagio di base, come il distanziamento sociale, l'uso delle mascherine e il lavaggio accurato e costante delle mani con acqua e sapone o un gel idroalcolico. In questo modo non solo si riducono i contagi del lignaggio originale di Wuhan, ma anche delle varianti, impedendo al virus di continuare a mutare ed evolversi in ceppi potenzialmente ancor più trasmissibili, elusivi e potenzialmente letali.

Fortunatamente i vaccini anti COVID già approvati (come quello di Moderna) e alcuni in approvazione sembrano avere una certa efficacia contro la variante sudafricana con la mutazione E484K, sebbene i risultati siano inferiori rispetto a quelli riscontrati per il ceppo originale. Ad esempio, il vaccino candidato “NVX-CoV2373” prodotto dalla casa farmaceutica americana Novavax in uno studio di Fase 2b condotto in Sudafrica ha dimostrato un'efficacia del 49,4 percento, mentre in uno studio di Fase 3 nel Regno Unito la protezione è risultata essere dell'89,3 percento, in linea con quella dimostrata da altre preparazioni. Il vaccino Ad26.COV2.S della multinazionale Johnson & Johnson nello Studio di Fase 3 “ENSEMBLE” ha invece dimostrato un'efficacia del 57 percento contro la variante africana. Tenendo presente che la soglia minima considerata accettabile dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per un vaccino anti COVID è del 50%, queste percentuali – da confermare con ulteriori indagini – possono essere considerate accettabili. Le case farmaceutiche di tutto il mondo sono comunque pronte ad aggiornare i vaccini per colpire le varianti, qualora fosse dimostrata la capacità delle stesse di eludere la vaccinazione. I virus mutano naturalmente circolando nell'ospite, e solo rispettando il più possibile le norme anti contagio favoriremo al massimo il prosieguo della campagna vaccinale, i cui risultati diventeranno tangibili nei prossimi mesi, anche se da Israele arrivano già adesso segnali molto incoraggianti.

1.891 CONDIVISIONI
32834 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views