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Perché i vaccini Covid possono non funzionare contro la variante sudafricana

Secondo gli scienziati la risposta ai vaccini finora approvati potrebbe non essere sufficiente a contrastare la nuova variante: “Presenti una serie di mutazioni che possono rendere il virus irriconoscibile per il sistema immunitario”.
A cura di Valeria Aiello
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La protezione conferita dai vaccini anti-Covid finora approvati potrebbe non essere sufficiente a contrastare la variante sudafricana del coronavirus. Denominata 501.V2, la nuova variante preoccupa gli esperti perché presenta una serie di mutazioni che permetterebbero al virus di sfuggire alla risposta immunitaria indotta dalla vaccinazione. Ne parlavamo anche qui, riportando i timori che ruotano attorno ad alcune mutazioni osservate a livello della proteina Spike che il coronavirus Sars-Cov-2 utilizza per legare le cellule umane e penetrare al loro interno per replicarsi.

In particolare, rispetto alla variante emersa nel Regno Unito, la variante identificata in Sudafrica presenta “un numero di mutazioni aggiuntive… che sono preoccupanti” ha detto alla Reuters Simon Clarke, professore associato di microbiologia presso l’Università di Reading, in Inghilterra. Anche Lawrence Young, virologo e professore di oncologia molecolare presso la Warwick University, ha osservato che la variante sudafricana presenta “più mutazioni” a livello della proteina di Spike. “Il loro accumularsi potrebbe portare il virus a eludere la protezione, rendendolo irriconoscibile per il sistema immunitario”.

Al momento, non ci sono prove che indichino che i vaccini anti-Covid finora approvati non siano efficaci contro le varianti del mutate del virus. Le poche informazioni ad oggi disponibili sembrano suggerire che una mutazione, denominata E484K, abbia il potenziale per ridurre il riconoscimento del virus da parte degli anticorpi indotti dall’infezione e ulteriori test di neutralizzazione dovrebbero presto rivelare se la protezione conferita dalla vaccinazione sarà efficace contro la variante del virus che presenta questa mutazione.

In tal senso, anche gli sviluppatori di vaccini, inclusi gli scienziati di Pfizer/BioNTech e il professor John Bell, docente di medicina dell’università di Oxford e membro della task force britannica sui vaccini, stanno conducendo saggi di neutralizzazione sia con la variante 501.V2 sia con la variante inglese, denominata B.1.1.7. Qualora una delle varianti mostrasse di poter eludere la protezione indotta dall’immunizzazione, le formulazioni dei vaccini potranno comunque essere modificate per aumentare la loro efficacia.  “Aggiustamenti che richiederebbero circa sei settimane per essere realizzati”  secondo quanto riportato alla Reuters dagli sviluppatori.

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