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Covid 19

La mortalità dei pazienti COVID in terapia intensiva passata dal 60% al 36% nel 2020: ora è stabile

Analizzando i dati di oltre 43mila pazienti COVID ricoverati nei reparti di terapia intensiva in Europa, Nord America, Australia, Asia Meridionale e Medio Oriente, un team di ricerca britannico ha dimostrato che il tasso di mortalità è passato dal 60 percento alla fine di marzo al 36 percento a ottobre 2020. Ora cala molto più lentamente.
A cura di Andrea Centini
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Nel momento in cui stiamo scrivendo, sulla base della mappa interattiva messa a punto dagli scienziati dell'Università Johns Hopkins, nel mondo si registrano circa 2,3 milioni di morti a causa del coronavirus SARS-CoV-2, 90mila dei quali soltanto in Italia. Prima di morire, molti pazienti COVID vengono ricoverati nei reparti di terapia intensiva, l'ultima risorsa per provare a salvar loro la vita. Durante la prima ondata della pandemia la mortalità nelle unità di terapia intensiva raggiungeva picchi del 60 percento (in Lombardia si è arrivati al 49 percento), ma questo dato, col passare dei mesi, è stato abbattuto fino al 36 percento, anche grazie alla miglior comprensione della patologia e all'uso di farmaci come il desametasone. Nonostante questo progressivo miglioramento sia stato ben evidente nel corso del 2020, dalla fine dell'anno i tassi di mortalità si sono assestati e tendono a scendere molto più lentamente.

A dimostrarlo un team di ricerca internazionale guidato da scienziati del Royal United Hospitals Bath NHS Foundation Trust di Bath e dell'Università di Bristol, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'istituto Severn Deanery e del Dipartimento di Anestesia presso l'Ospedale Universitario “James Cook” di Middlesbrough. Gli scienziati, coordinati dal professor Tim Cook, docente presso la Facoltà di Medicina dell'ateneo britannico, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto un approfondito studio di revisione su 52 ricerche, che raccoglievano dati di oltre 43mila pazienti ricoverati in terapia intensiva in Europa, Nord America, Australia, Asia Meridionale e Medio Oriente. Il nuovo studio è il prosieguo di un'indagine pubblicata a luglio 2020, nella quale è stato stimato che la mortalità in terapia intensiva era passata dal 60 percento di marzo (in piena prima ondata) al 42 percento della fine di maggio. Nella nuova ricerca sono stati inclusi i dati fino a ottobre 2020, mese nel quale è stato registrato un ulteriore calo fino al 36 percento. La mortalità nelle unità di terapie intensiva oggi si attesta tra il 30 e il 40 percento nella maggior parte dei Paesi. La mortalità più bassa è stata registrata nelle unità di terapia intensiva nello Stato di Victoria in Australia, all'11 percento, mentre la più alta in quattro Paesi mediorientali, dove si è arrivati al 62 percento. In Svezia, durante la prima ondata, la mortalità è stata del 23 percento. I dati dei casi in Australia e Medio Oriente sono comunque limitati e andranno rivalutati più avanti, spiegano Cook e colleghi.

Come sottolineato dagli autori dello studio, il calo registrato nel corso del 2020 è legato anche all'impiego di trattamenti che forniscono reali benefici ai pazienti. Ad esempio, è stato dimostrato che il farmaco corticosteroide desametasone e altri steoridi hanno una capacità significativa di abbattere la mortalità, mentre altri farmaci considerati promettenti durante la prima fase della pandemia (come l'idrossiclorochina, l'azitromicina, gli antiretrovirali lopinavir e ritonavir e il remdesivir) non hanno mostrato un'efficacia acclarata. L'emersione di nuove varianti e il boom di contagi registrati nelle ultime settimane stanno tuttavia avendo un impatto sui ricoveri in terapia intensiva, e i nuovi dati andranno monitorati con attenzione con le prossime indagini. “La nostra analisi include studi pubblicati solo fino a ottobre 2020. Da allora, sono emerse diverse varianti del virus e in alcuni Paesi hanno modificato la traiettoria della pandemia fino a dicembre 2020 e fino a gennaio 2021. Ciò ha aumentato i ricoveri in terapia intensiva in quelle località e meriteranno ulteriori analisi a tempo debito”, ha dichiarato il professor Cook in comunicato stampa, che si aspetta comunque un impatto positivo da parte della campagna vaccinale. I dettagli della ricerca “Mortality in patients admitted to intensive care with COVID‐19: an updated systematic review and meta‐analysis of observational studies” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Anaesthesia.

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