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Cosa devi sapere sulla variante Delta prima di partire per le vacanze

Più contagiosa e maggiormente in grado di sfuggire alla copertura dei vaccini, soprattutto per chi ha ricevuto una singola dose di Astrazeneca, la variante è motivo di preoccupazione perché si diffonde più rapidamente e potrebbe colpire in modo più grave rispetto alle precedenti versioni virali.
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A cura di Valeria Aiello
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Partenze e programmi di vacanza per gli italiani che, proprio nel momento in cui il Paese sta riaprendo, con tutte le regioni (tranne la Valle d’Aosta) in zona bianca da lunedì, sentono suonare il campanello d’allarme della variante Delta del coronavirus. Cautela, e adesso anche preoccupazione per i viaggiatori, in particolare per coloro che arrivano dal Regno Unito, dove la variante identificata per la prima volta in India, è già il ceppo più diffuso. Il Ministro della Salute Speranza ha firmato l’ordinanza con cui l’Italia stabilisce una quarantena di cinque giorni con obbligo di tampone per chi proviene dalla Gran Bretagna per mitigare il rischio di diffusione, estendendo il divieto di arrivi da India, Bangladesh e Sri Lanka.

Dove si sta diffondendo la variante Delta

Finora, la variante Delta (B.1.617.2) conosciuta anche come indiana, è stata segnalata in almeno 80 Paesi e, al momento, rappresenta l’1% dei casi sequenziati in Italia, ha affermato Teresa Palamara, direttrice del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto superiore di Sanità, aggiungendo che per adesso il ceppo “non costituisce un particolare pericolo” nel nostro Paese, “a patto di continuare con le attività di tracciamento dei casi e isolamento dei contatti”.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la variante Delta è pronta a prendere piede” in Europa e probabilmente anche in altri Paesi, inclusi gli Stati Uniti, dove gli epidemiologi della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health ritengono che “le possibilità di incontrare la variante Delta, in Usa o in Europa o in altre parti del mondo, sono piuttosto alte”. Sempre negli Usa, i Centers for Disease and Control Prevention (CDC) mostrano la mappa dei Paesi in cui sono state identificate le varianti di preoccupazione, elencando anche il livello di rischio nelle diverse nazioni.

Perché la variante Delta fa più paura

Il timore è che la variante Delta, del 60% più contagiosa della variante Alfa (ex inglese) che, a sua volta, lo era del 50% rispetto al ceppo originario di Wuhan, possa vanificare gli sforzi della campagna di immunizzazione perché maggiormente in grado di sfuggire alla copertura vaccinale, soprattutto tra chi ha ricevuto una singola dose di Astrazeneca.

In uno studio in preprint su MedRXiv pubblicato dal Public Health England (PHE) l’efficacia di una singola dose contro la variante Delta è di circa il 33%, con una riduzione media del 17% nel confronto con la variante inglese. Una differenza assoluta che “supporta la scelta di massimizzare la somministrazione di due dosi” ha indicato la PHE. Dopo due dosi, d’altra parte, sono state riscontrate “modeste differenze nell’efficacia” contro la variante B.1.617.2, stimate in una riduzione media di cinque punti percentuali nel caso di due dosi di Pfizer (88% contro la malattia causata da variante Delta rispetto al 93% calcolato per la variante Alfa) e di 6 punti percentuali dopo due dosi di Astrazeneca (60% contro Delta e 66% contro Alfa).

Su The Lancet, un studio dell’Università di Edimburgo e della Public Health Scotland, stima che il contagio da ceppo Delta (di cui il 70% si è verificato in persone non vaccinate) aumenti di due volte il rischio di ricovero in ospedale nella popolazione in generale, confermando che le patologie preesistenti sono associate a una maggiore possibilità di sviluppare forme gravi di Covid-19. Nel prevenire l’ospedalizzazione, i numeri del ministero della salute britannico evidenziano inoltre che il vaccino di Pfizer è efficace al 94% dopo la prima dose e al 96% dopo la seconda in seguito al contagio con variante Delta. Il siero di Astrazeneca, d’altra parte, previene il rischio di ricovero con efficacia del 71% dopo la prima dose e del 92% dopo la seconda.

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