122 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Un milione di specie rischia l’estinzione a causa nostra: l’allarme degli scienziati

Nel nuovo rapporto stilato dagli scienziati dell’IPBES, un organo dell’ONU deputato al controllo della biodiversità e degli ecosistemi, è emerso tutto il dramma dell’impatto umano sul Pianeta. A causa nostra, infatti, rischia di estinguersi in breve tempo ben un milione di specie animali e vegetali.
A cura di Andrea Centini
122 CONDIVISIONI

In un breve lasso di tempo circa un milione di specie animali e vegetali rischia di estinguersi a causa nostra, molte delle quali destinate a sparire nel giro di pochi decenni. Ciò avrebbe un impatto catastrofico non solo sulla biodiversità e sulla tenuta degli ecosistemi, ma anche sulla disponibilità di cibo e sulla salute umana. Ad essere minacciata sarebbe dunque la nostra stessa sopravvivenza. Ad annunciarlo gli esperti dell'IPBES (Piattaforma intergovernativa per la biodiversità e i servizi ecosistemici), un organo delle Nazioni Unite che ha stilato un rapporto completo sulla salute globale degli ecosistemi. Il documento, messo a punto da circa 150 scienziati in tre anni di lavoro e sottoscritto all'unanimità da una commissione apposita, è stato presentato in seno a un meeting svoltosi all'UNESCO di Parigi.

Credit: Lucky2013
Credit: Lucky2013

Numeri drammatici. Il tasso di estinzione evidenziato dagli scienziati risulta essere decine o centinaia di volte superiore rispetto al passato, un fenomeno che ha innescato la cosiddetta “sesta estinzione di massa”. Rischiano di sparire il 25% dei mammiferi; il 33% dei mammiferi marini; il 41% degli anfibi; il 31% degli squali; il 19% dei rettili; il 13% degli uccelli; il 33% delle barriere coralline e il 7% dei pesci, oltre a numerosissime piante. Gli insetti rischiano di essere letteralmente falcidiati, e tra le numerose specie che rischiano estinzione vi sono gli impollinatori che sono alla base di fondamentali raccolti per la nostra specie. Nel secolo scorso la maggior parte di piante e animali ha subito un drammatico declino del 20% o più. Tra gli esempi specifici citati dagli esperti ci sono le vaquita, piccole focene (cetacei) delle quali restano soltanto una decina di esemplari; le renne selvatiche estinte in numerosi Stati e il collasso delle barriere coralline.

Colpa nostra. Il motore di questa catastrofe è rappresentato dalle attività dell'uomo, che ha messo le mani su un terzo della superficie terrestre e sul 75 percento delle acque dolci solo per produrre cibo (coltivazione e allevamenti). Deprediamo 60 miliardi di tonnellate di “frutti” della Terra ogni anno, per soddisfare il fabbisogno della nostra specie, con ritmi insostenibili. Un terzo degli stock ittici, ad esempio, nel 2015 è stato sfruttato oltre la soglia della sostenibilità, mentre per il 60 percento di essi si è arrivati al limite. Poiché si prevede che entro il 2050 la popolazione mondiale salirà a 9 miliardi di persone, la richiesta di risorse diventerà ancora maggiore, catalizzando il rischio di collasso globale. La distruzione degli habitat naturali, i cambiamenti climatici, l'introduzione di specie invasive e di malattie, l'utilizzo di pesticidi, l'estrazione mineraria, la costruzione di dighe, l'inquinamento e altri fattori antropici sono tutti coinvolti in questo dramma.

Speranze. Gli scienziati guidati dal professor Robert Watson, un chimico britannico che ha presieduto l'IPBES, indicano che non ancora tutto è perduto, sottolineando che le nazioni sviluppate e quelle in via di sviluppo possono unire le forze per impedire il sovrasfruttamento delle risorse, oltre all'aumento di 2° centigradi della temperatura media rispetto ai livelli preindustriali. “Non è troppo tardi per agire, ma solo se si comincia a farlo adesso a tutti i livelli, locale e mondiale”, ha dichiarato Watson. Insomma, c'è ancora speranza per evitare la catastrofe, ma bisogna agire in fretta.

122 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views