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Strage di cetacei in Nuova Zelanda, morte 145 balene pilota: molte soppresse con l’eutanasia

Sulla spiaggia di Mason Bay, sita nell’isola neozelandese di Stewart Rakiura, hanno perso la vita 145 balene pilota o globicefali. I cetacei si sono spiaggiati per motivi ignoti la sera di sabato 24 novembre. Molti esemplari sono stati trovati morti, mentre i sopravvissuti sono stati uccisi con l’eutanasia. I soccorritori straziati dal dolore non potevano salvarli.
A cura di Andrea Centini
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Circa 145 globicefali o balene pilota (gen. Globicephala) sono morti in un nuovo, drammatico spiaggiamento di massa in Nuova Zelanda. Quando sono stati trovati i cetacei, nella sera di sabato 24 novembre, la metà aveva già perso la vita; i restanti esemplari sono stati soppressi dallo staff del Dipartimento della Conservazione (DOC) “Te Papa Atawbai” a causa dell'impossibilità di salvarli.

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Ad accorgersi degli animali è stato un escursionista impegnato in una gita sulla Mason Bay della remota isola di Stewart Rakiura, a sud del grande Paese oceanico. L'uomo ha avvistato i cetacei attorno alle 22:30 e ha avvisato immediatamente le autorità, ma purtroppo per varie ragioni non c'è stato nulla da fare per salvare i superstiti della tragedia. Ad annunciarlo col cuore spezzato il direttore del DOC Rep Leppens, intervenuto immediatamente per i soccorsi. “Purtroppo, la probabilità di riportare in acqua con successo le restanti balene era estremamente basso”, ha dichiarato in un comunicato il dirigente. “La posizione remota, la mancanza di personale nelle vicinanze e le condizioni critiche delle balene suggeriva che la cosa più umana da fare era quella di praticare l'eutanasia”, ha aggiunto Leppens, sottolineando che si è trattato di una decisione straziante. Sulla remota isola vivono circa 400 persone.

Solo un paio di giorni prima una decina di ferese (Feresa attenuata), piccoli delfinidi conosciuti col nome comune di “pigmy killer whale”, orche pigmee, sono stati trovati spiaggiati a 90 miglia dalla Mason Bay; due sono morti, per gli altri i volontari sono ancora a lavoro nel tentativo di salvarli. Ancor prima si erano spiaggiati un capodoglio di 15 metri (Physeter macrocephalus) e un “capodoglio pigmeo” o cogia di De Blainville (Kogia breviceps), entrambi morti dopo ore di agonia. Secondo gli scienziati gli episodi non sono collegati fra loro, anche perché in Nuova Zelanda gli spiaggiamenti di cetacei sono piuttosto frequenti. Nel corso dell'anno, in media, il Dipartimento della Conservazione interviene 85 volte, e nella maggior parte dei casi si tratta di singoli esemplari.

Purtroppo la Nuova Zelanda è nota anche per i tragici spiaggiamenti di massa, che coinvolgono principalmente proprio i globicefali, cetacei balzati agli onori della cronaca anche per i massacri alle isole Faroe. Nel febbraio del 2017 lungo la meravigliosa Golden Bay si arenarono e morirono circa 400 di essi, mentre nel 1918, in quello che viene considerato il più grande spiaggiamento di massa della storia, morirono in mille. Le ragioni di questi eventi sono ancora parzialmente avvolte dal mistero; si ritiene che vari fattori possano concorrere a scatenarli. Fra essi ci sono la malattia di un esemplare leader (che trascina sulla spiaggia l'intero “pod”), la geografia dei fondali, le maree e l'inseguimento da parte dei predatori. Potrebbero essere coinvolte anche le attività solari che influenzano il campo magnetico terrestre, i sonar militari (come quelli che avrebbero provocato la morte di decine e forse centinaia di zifidi in Nord Europa) e quelli per l'estrazione mineraria.

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