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Covid 19

Stop a farmaco anti-artrite Sarilumab per curare i pazienti COVID: non offre i benefici sperati

Grazie a uno studio di Fase 3 condotto su 420 pazienti gravi e critici ospedalizzati con COVID-19, l’infezione da coronavirus SARS-CoV-2, è stato dimostrato che il farmaco anti-artrite sarilumab (nome commerciale Kevzara) non offre i benefici clinici sperati. Alla luce di questi risultati la casa farmaceutica francese Sanofi ha deciso di non condurre ulteriori studi.
A cura di Andrea Centini
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Il colosso farmaceutico francese Sanofi ha annunciato con un comunicato stampa che il trattamento sperimentale basato sul farmaco Kevzara nei pazienti gravi e critici affetti da COVID-19 – l'infezione causata dal coronavirus SARS-CoV-2 – non ha dato i benefici sperati, pertanto si è deciso di non condurre ulteriori trial clinici. Il Kevzara, nome commerciale del principio attivo Sarilumab, è un anticorpo monoclonale immunosoppressore e antiinfiammatorio progettato per combattere l'artrite reumatoide, ed era considerato molto promettente anche contro la COVID-19 per la sua capacità di contrasto alla citochina interleuchina-6 (IL-6). Tra le complicanze più pericolose dell'infezione da coronavirus vi è infatti una risposta sproporzionata del sistema immunitario, con una produzione eccessiva di citochine – la cosiddetta “tempesta di citochine” – che può determinare danni e insufficienza in numerosi organi, sino al decesso del paziente.

Per questo motivo diversi farmaci basati sullo stesso principio di azione del Sarilumab sono stati inclusi nei protocolli terapeutici per il trattamento dei pazienti con COVID-19, in “uso compassionevole” e “off label” (fuori etichetta). Oggi la doccia fredda del comunicato di Sanofi, legato ai risultati insoddisfacenti di uno studio di Fase 3 condotto su 420 pazienti di numerosi Paesi, tra i quali figura anche l'Italia. “Kevzara® (sarilumab) somministrato per via endovenosa con una dose di 200 mg o 400 mg a pazienti gravi o critici ospedalizzati con COVID-19 non ha soddisfatto il suo endpoint primario e endpoint secondario chiave, quando Kevzara è stato confrontato con un placebo aggiunto alle normali cure ospedaliere”, si legge nel comunicato della casa farmaceutica francese. “Sebbene questo studio non abbia prodotto i risultati sperati, siamo orgogliosi del lavoro che è stato svolto dal team per approfondire la nostra comprensione del potenziale utilizzo di Kevzara nel trattamento della COVID-19”, ha dichiarato il professor John Reed, a capo del dipartimento di ricerca e sviluppo di Sanofi.

La casa farmaceutica ha sottolineato che sono stati rilevati alcuni benefici, benché non statisticamente rilevanti, come la riduzione dei giorni di ricovero e migliori risultati clinici raggiunti più rapidamente. Inoltre, "è stata osservata una tendenza verso una ridotta mortalità nel gruppo di pazienti critici che non è stata osservata nel gruppo dei pazienti gravi”, si legge ancora nel comunicato. Si riporta infine che “eventi avversi gravi sono stati riportati dal 26-29 percento dei pazienti con Kevzara e dal 24 percento dei pazienti trattati col placebo”, mentre “infezioni gravi (inclusa la polmonite da COVID-19) sono state osservate nell'11-13 percento dei pazienti con Kevzara e nel 12 percento dei pazienti trattati con placebo”.

Alla luce di tutti questi risultati, come indicato non verranno condotti ulteriori trial clinici a base di Kevzara, sia da parte di Sanofi che di Regeneron. La comunicazione di Sanofi giunge a una paio di settimane dalla pubblicazione dello studio “Outcomes and biomarker analyses among patients with COVID-19 treated with interleukin 6 (IL-6) receptor antagonist sarilumab at a single institution in Italy” condotto da scienziati italiani, nel quale erano invece stati rilevati alcuni benefici. Nello specifico, i ricercatori coordinati dall'oncologo dell'Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli Paolo Antonio Ascierto avevano evidenziato un miglioramento dei sintomi clinici in 10 dei 15 pazienti trattati con Sarilumab, con un'efficacia maggiore riscontrata in quelli non ancora intubati. In un post su Facebook il professor Ascierto aveva dichiarato che “l’anti-interleuchina-6 sottocute può funzionare”, in particolar modo nei pazienti non intubati. Lo studio di Fase 3 che ha spinto Sanofi a ritirare la sperimentazione del Kevzara, come specificato, è stato invece condotto su pazienti gravi e critici.

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