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Sonda NASA “tocca” asteroide potenzialmente pericoloso e preleva campioni: perché sono così preziosi

Nella notte tra il 20 e il 21 ottobre la sonda OSIRIS-REx della NASA è “atterrata” sull’asteroide Bennu per prelevarne alcuni campioni, che verranno riportati sulla Terra nel 2023. La manovra è avvenuta a 320 milioni di chilometri dalla Terra. Perché i frammenti del “sasso spaziale” sono così preziosi per gli scienziati.
A cura di Andrea Centini
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La sonda OSIRIS-REx della NASA  è atterrata su un asteroide, ne ha recuperato un campione e si è allontanata in tutta sicurezza dalla superficie. La spettacolare manovra, avvenuta a ben 320 milioni di chilometri dalla Terra, è stata accolta con scroscianti applausi dagli ingegneri del centro di controllo dell'agenzia aerospaziale americana, che assieme ai colleghi della Lockheed Martin hanno controllato da remoto l'ingombrante veicolo spaziale, un grosso cubo di due metri per lato equipaggiato con due “ali” (i pannelli solari) di oltre 8 metri.

L'asteroide da cui è stato prelevato il materiale è 101955 Bennu, un corpo celeste di classe Apollo scoperto nel 1999 e con un diametro di circa mezzo chilometro. È un oggetto classificato come PHA (Potentially Hazardous Asteroid), ovvero potenzialmente pericoloso, a causa delle grandi dimensioni e per la vicinanza della sua orbita con quella terrestre. Alcuni studi hanno stimato un possibile rischio di impatto con la Terra nel XXII secolo, tra il 2169 e il 2199; le probabilità sono assai poche, ma comunque considerate non trascurabili, e i calcoli sulle traiettorie dovranno essere approfonditi anche grazie ai dati raccolti da OSIRIS-REx.

La sonda della NASA orbita attorno a Bennu dal 2018, più precisamente dalle 18:00 di lunedì 3 dicembre, quando lo raggiunse dopo un viaggio di poco più di due anni e una spettacolare manovra di “fionda gravitazionale” attorno alla Terra. Durante gli ultimi 24 mesi, gli strumenti a bordo della sonda – il cui nome è l'acronimo di Origins, Spectral Interpretation, Resource Identification, Security, Regolith Explorer – hanno studiato nel dettaglio la composizione e le caratteristiche dell'asteroide. È stato ad esempio scoperto che in passato il “sasso spaziale” ospitava acqua liquida, inoltre sono state osservate misteriose eruzioni di materiale verso lo spazio profondo. L'analisi della superficie è stata particolarmente accurata per trovare uno spazio piano dove far atterrare (rapidamente, è stato un "touch & go") la sonda, il tempo necessario per la raccolta dei campioni. A causa delle numerose rocce gli scienziati hanno scelto un'area con un diametro di sicurezza di soli 8 metri, mentre all'inizio si puntava a trovarne uno di almeno 50.

Dopo essersi messa in posizione, OSIRIS-REx (in rotazione) è stata fatta scendere delicatamente attraverso il controllo dei propulsori in un'area chiamata Nightingale (usignolo), dove l'estrusione di un braccio meccanico ha permesso la raccolta del materiale. È stato sparato azoto gassoso affinché sistema di risucchio potesse prelevare almeno 60 grammi di regolite, la polvere che ricopre Bennu. Tutte le operazioni sembrano essere andate a buon fine, così come il distacco dall'asteroide e il ritorno in orbita. Il segnale di successo è arrivato con circa 18 minuti di ritardo al centro di controllo, scatenando l'emozione e gli applausi degli scienziati.

Nei prossimi giorni i sensori della sonda analizzeranno i campioni prelevati dall'asteroide; se il peso sarà superiore ai 60 grammi, come si spera, la sonda inizierà il suo lungo viaggio di ritorno sulla Terra, se invece sarà inferiore a gennaio del 2021 OSIRIS-REx ci riproverà, ma in un altro sito dell'asteroide. L'obiettivo è riportarli sulla Terra. Poter studiare campioni puri dell'oggetto ci fornirà informazioni preziosissime sulla sua composizione e sull'evoluzione del Sistema solare, considerando che questi sassi spaziali hanno circa 4,5 miliardi di anni. Bennu potrebbe persino contenere gli "ingredienti" in grado di spiegare la nascita della vita sul nostro pianeta. Sapere di cosa è composto ci aiuterà anche a contrastarlo nel caso in cui dovesse davvero puntare il nostro pianeta tra più di cento anni. Infine, sapere quali elementi sono custoditi negli asteroidi potrebbe essere utile per le future missioni spaziali, che potrebbero usarli come “miniere” per estrarre carburante e altro materiale.

Se tutto andrà secondo i piani, OSIRIS-REx rientrerà nell'orbita terrestre nel 2023, nel mese di settembre, quando “sparerà” sulla Terra una capsula contenente il suo prezioso carico. Ma un'altra capsula con un "morso" di asteroide è già in arrivo. A dicembre di quest'anno dovrebbero infatti rientrare i campioni raccolti dalla sonda giapponese Hayabusa 2, che nel 2019 ha “bombardato” l'asteroide Ryugu per prelevarne preziosi frammenti.

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