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Covid 19

Perdita dell’olfatto per coronavirus e raffreddore: scienziati spiegano le differenze

Un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell’Università Cattolica di Lovanio (Belgio) ha messo a confronto la perdita dell’olfatto sperimentata dai pazienti con COVID-19 (l’infezione causata dal coronavirus SARS-CoV-2) con quella di chi ha un brutto raffreddore. Ecco quali sono le differenze emerse dai test.
A cura di Andrea Centini
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Credit: Mojpe
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Quando prendiamo un brutto raffreddore o l'influenza non di rado sperimentiamo anche la perdita dell'olfatto, una condizione che rende il periodo di convalescenza ancor più fastidioso, dato che non riusciamo ad apprezzare nemmeno ciò che mangiamo. Da quando il coronavirus SARS-CoV-2 ha iniziato a diffondersi nel mondo è noto che la perdita dell'olfatto – tecnicamente conosciuta col termine di anosmia – rappresenta uno dei sintomi più comuni della COVID-19, l'infezione provocata dal patogeno, assieme a tosse, febbre, problemi gastrointestinali (diarrea) e difficoltà respiratorie. Poiché le malattie respiratorie comuni provocano la perdita dell'olfatto, riuscire a discernere tra le varie “forme” di anosmia può essere molto utile ai medici anche sotto il profilo diagnostico.

A confrontare le peculiarità della perdita dell'olfatto scaturita dal coronavirus con quelle del raffreddore è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati delle Cliniche Universitarie Saint-Luc di Bruxelles e dell'Università Cattolica di Lovanio (Belgio), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Norwich Medical School presso l'Università dell'East Anglia (Regno Unito), della The Norfolk Smell & Taste Clinic, del Dipartimento di Otorinolaringoiatria dell'Ospedale Taksim di Istanbul (Turchia), dell'Ospedale Universitario di Foggia e di altri centri di ricerca sparsi per il mondo. Gli scienziati, coordinati dai professori C. Huart e Carl Philpott, hanno coinvolto nello studio trenta persone (dieci affette da COVID-19, dieci con un brutto raffreddore e dieci sane del gruppo di controllo) e le hanno sottoposte a vari test per valutare la capacità di percepire gli odori e il gusto e determinarne le differenze. La disgeusia, ovvero l'incapacità o la capacità alterata di percepire il gusto, è infatti un altro sintomo tipico della COVID-19.

Dall'analisi dei dati è emerso che una delle differenze principali tra i pazienti contagiati dal coronavirus e quelli col raffreddore risiede nel fatto che i primi possono respirare liberamente dal naso, dato che non lo presentano chiuso o che cola (rinorrea). Inoltre, le persone con COVID-19 non sono in grado di percepire i gusti amari e dolci. “Abbiamo scoperto che la perdita dell'olfatto era molto più profonda nei pazienti con COVID-19. Erano meno in grado di identificare gli odori e non erano in grado di rilevare i gusti amari o dolci. In effetti la perdita del gusto sembrava essere la differenza sostanziale tra pazienti con COVID-19 rispetto a quelli con il raffreddore”, ha dichiarato il professor Carl Philpott in comunicato stampa pubblicato dall'Università dell'East Anglia.

Gli scienziati ritengono queste differenze di grande interesse, poiché con appositi test rapidi sarebbe possibile discernere tra un paziente con COVID-19 e uno colpito da una comune malattia respiratoria. Naturalmente, come sottolineato dagli autori della ricerca, tali test non possono sostituire i tamponi rino-faringei e simili, tuttavia se approntati quando c'è carenza dei primi, utilizzati negli aeroporti e nei triage dove serve uno screening rapido per indirizzare i pazienti nei vari reparti, possono essere di grande aiuto.

Ma perché c'è questa differenza nella perdita dell'olfatto tra chi è colpito dal raffreddore e chi dal coronavirus? Secondo gli scienziati ciò è dovuto al fatto che il SARS-CoV-2 riesce a farsi strada nel sistema nervoso centrale e infiammarlo, probabilmente attraverso il bulbo olfattorio, che può andare incontro anch'esso a seria infiammazione, come dimostrato di recente da scienziati dell'Università di Pavia. In precedenza due scienziati britannici delle università di Londra e Reading avevano mostrato che l'infezione da SARS-CoV-2 può determinare una “sindrome della schisi”, il blocco della fessura olfattiva da parte di tessuto gonfio e muco, inoltre il virus può aggredire cellule sustentacolari che aiutano i neuroni a percepire gli odori. Gli scienziati ritengono che i danni a questi tessuti in alcuni pazienti potrebbero non essere mai recuperati, e sono destinati così a perdere l'olfatto per sempre. I danni neurologici causati dal coronavirus sono molteplici (li sviluppa il 75 percento dei pazienti) e in alcuni casi possono essere anche letali. I dettagli della ricerca “Comparison of COVID-19 and common cold chemosensory dysfunction” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Rhinology.

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