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Covid 19

Coronavirus, perdita dell’olfatto e del gusto tra i possibili sintomi

Tra i possibili sintomi della COVID-19, l’infezione scatenata dal coronavirus SARS-COV-2, figurano anche la perdita dell’olfatto e del gusto. A segnalarli il virologo dell’Università di Bonn Hendrik Streeck, che li ha individuati nel 30% percento dei pazienti, e il professor Massimo Galli dell’Università degli Studi di Milano. I due sintomi, molto forti, comparirebbero quando si sta guarendo e c’è qualche dubbio sulla loro totale reversibilità.
A cura di Andrea Centini
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I medici hanno individuato altri due possibili sintomi associati alla COVID-19, l'infezione scatenata dal nuovo coronavirus emerso in Cina (SARS-CoV-2): la perdita dell'olfatto (anosmia) e l'alterazione/perdita del senso del gusto (disgeusia). Fortunatamente, come specificato al Corriere della Sera dal professor Massimo Galli, docente di Malattie infettive presso l’Università degli Studi di Milano e primario del reparto di Malattie infettive III dell’Ospedale Luigi Sacco, si tratterebbe di sintomi che “compaiono più spesso quando il paziente è sulla via della guarigione”, anche se ci sono alcuni dubbi circa la loro reversibilità.

In precedenza il professore di virologia e direttore dell'Istituto di virologia e ricerca sull'HIV dell'Università di Bonn (Germania) Hendrik Streeck, in un'intervista al quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine, aveva dichiarato che sia la perdita dell'olfatto che quella del gusto erano molto diffuse tra i pazienti positivi di Heinsberg, città di circa 40mila abitanti della Renania Settentrionale-Vestfalia dove per il momento è concentrata l'epidemia in Germania. “Quasi tutte le persone infette che abbiamo intervistato, e questo vale per ben due terzi, ha descritto una perdita dell'olfatto e del gusto che dura diversi giorni. È un sintomo così forte che una madre non ha potuto sentire l'odore del pannolino sporco del suo bambino. Altri non sentivano più l'odore del loro shampoo e il cibo iniziava ad avere un sapore insipido. Non possiamo ancora dire esattamente quando compaiono questi sintomi, ma crediamo un po' più tardi nell'infezione”, ha spiegato il giovane epidemiologo e ricercatore tedesco al quotidiano di Francoforte.

Gli ha fatto eco il professor Massimo Galli sul Corriere della Sera: “Negli ultimi giorni abbiamo ricevuto varie segnalazioni e abbiamo visto nei nostri pazienti casi di anosmia e di disgeusia, anche in pazienti con sintomi modesti o di limitata gravità. Non sono ancora disponibili dati raccolti sistematicamente, sto parlando solo di osservazioni personali e del mio team. La perdita di gusto e olfatto può comparire anche in altre infezioni delle vie respiratorie, ma nella Covid-19 sembrerebbe più frequente e marcata”. Lo specialista ha aggiunto di non sapere ancora se si tratti di sintomi transitori e se rientrino del tutto con la guarigione. Si tratta certamente di una sintomatologia che impatta molto negativamente con la qualità della vita; oltre a perdere del tutto il sapore di ciò che si mangia, infatti, il non poter sentire odori può rappresentare anche un serio pericolo, dato che ci si potrebbe non accorgere di una pericolosa perdita di gas o di altre sostanze volatili nocive nell'aria.

Oltre all'anosmia e alla disgeusia, il professor Hendrik Streeck ha affermato che anche la diarrea è un sintomo piuttosto comune causato dalla COVID-19, dato che è stato osservato nel 30 percento dei pazienti intervistati dal suo team. La ragione risiede nel fatto che il patogeno, quando invade l'organismo, si lega a un recettore chiamato ACE-2 che è diffuso in diversi tessuti, tra i quali anche quelli dell'apparato digerente. I sintomi più comuni legati all'infezione, come specificato dall'Istituto Superiore di Sanità nel suo nuovo rapporto sulla malattia e dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, sono febbre, tosse e difficoltà respiratorie (dispnea). La complicanza più comune è una polmonite bilaterale interstiziale che può essere anche letale. Dettagli sui sintomi e sulle complicazioni causati dalla COVID-19 sono stati riportati in due articoli pubblicati sull'autorevole rivista scientifica The Lancet.

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