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Covid 19

Perché serve la terza dose di vaccino anti Covid e cosa succede al tuo corpo quando la ricevi

Ad oggi gli over 60, gli immunodepressi, i trapiantati e in generale tutte quelle persone più a rischio di Covid grave (o che potrebbero avere avuto una risposta immunitaria più blanda alle prime due dosi) possono prenotare la terza dose di vaccino anti Covid. Ecco perché è necessaria e in che modo aumenta la protezione dal contagio e dalla malattia grave.
A cura di Marco Paretti
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A partire dalla fine di settembre diverse categorie di persone si sono potute prenotare per ottenere la terza dose di vaccino anti Covid. Sono gli over 60, gli immunodepressi, i trapiantati: tutte quelle persone più a rischio di Covid grave o che potrebbero avere avuto una risposta immunitaria più blanda alle prime due dosi. Al momento la campagna relativa alla dose aggiuntiva è riservata a loro, ma probabilmente non saranno solo queste categorie ad aver bisogno di una terza dose: da gennaio anche tutti gli altri potrebbero dover fare questa terza dose.

Attenzione, stiamo parlando di terza dose e non di richiamo, che è un’altra cosa: la terza dose è una dose aggiuntiva che va a completare il ciclo vaccinale, mentre il richiamo è un’inoculazione che ogni anno facciamo per proteggerci, per esempio, dall’influenza. Per il momento la direzione con i vaccini anti Covid non è questa: non dovremo vaccinarci ogni 6 mesi, si spera.

La terza dose però serve, perché diversi studi hanno dimostrato che sebbene la protezione da ospedalizzazione e morte resta alta, quella dal contagio inizia a calare dopo 6 mesi, arrivando anche attorno al 50% per i vaccini di Pfizer e Moderna. La terza dose fornisce quindi un boost allo scudo immunitario, riportando la protezione dal contagio su livelli ottimali, oltre il 95%, stimolando il sistema immunitario mettendolo nuovamente davanti al nemico. Insomma, si riproduce ciò che viene fatto anche con le prime due dosi.

Ormai sappiamo come funziona: i vaccini a mRNA contengono istruzioni per produrre la proteina S, che una volta inoculate nel braccio spingono le nostre cellule a produrla. Questo processo richiama l'attenzione del nostro sistema immunitario – che già conosce molto bene il nemico, trattandosi della terza dose – che produce nuove cellule B della memoria che producono gli anticorpi neutralizzanti e nuove cellule T specializzate nel colpire le cellule già infettate dal virus. L'intero meccanismo collauda di nuovo il sistema immunitario e fa innalzare in modo significativo gli anticorpi circolanti contro il patogeno.

È normale che dopo qualche tempo il numero di anticorpi circolanti diminuisca nel flusso sanguigno: se mantenessimo livelli elevatissimi e costanti di queste cellule per tutte le malattie infettive il nostro sarebbe un fluido decisamente troppo denso e inutile al suo scopo. È per questo che conserviamo cellule della memoria (ad esempio nel midollo) pronte a produrre nuovi anticorpi non appena si riaffaccia il nemico. Ma queste cellule, per quanto longeve, generalmente non vanno incontro a mitosi e col passare del tempo diminuiscono in modo significativo. I richiami o in questo caso le terze dosi rimpinguano anche questo esercito garantendoci una protezione forte e duratura.

E gli effetti collaterali? Generalmente sono simili o minori di quelli della seconda dose. E se siete preoccupati dai casi di miocardite, sappiate che oggi ne registriamo 11 ogni 100.000 vaccinazioni nel gruppo di ragazzi tra i 16 e i 29 anni. Tutte lievi e che si risolvono velocemente. Lo stesso non si può dire dei problemi al cuore causati dalla Covid, ben più gravi e duraturi.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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