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Covid 19

Perché le varianti del coronavirus sono un rischio anche per i 110 milioni di contagiati

Sempre più studi stanno determinando che alcune delle varianti mutate del coronavirus SARS-CoV-2 presentano una certa capacità elusiva nei confronti degli anticorpi, sia quelli prodotti da una precedente infezione naturale che quelli innescati dal vaccino. Tra quelle che preoccupano di più gli esperti la sudafricana e la brasiliana, che presentano la peculiare mutazione E484K.
A cura di Andrea Centini
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Alla data odierna, mercoledì 17 febbraio 2021, nel mondo si registrano circa 110 milioni di infezioni complessive da coronavirus SARS-CoV-2 e 2,4 milioni di decessi. Negli ultimi mesi una “fetta” significativa di nuovi contagi e vittime è stata provocata dalle varianti emergenti del patogeno, e si ritiene che nelle prossime settimane giocheranno un ruolo ancor più significativo nella pandemia di COVID-19. Una delle più diffuse, la variante inglese B.1.1.7 (o Variant of Concern 202012/01 – VOC-202012/01), entro marzo potrebbe diventare quella dominante in diversi Paesi, e poiché è caratterizzata da una maggiore trasmissibilità e potenzialmente anche da una mortalità superiore (fino al 70 percento, secondo un recente rapporto del team NEVRTAG), gli esperti stimano che possa avere un impatto ancor più significativo sui numeri della pandemia. A preoccupare particolarmente gli esperti vi sono soprattutto le varianti sudafricana, brasiliana e la nuova inglese B.1.525 (identificata anche a Napoli), a causa di una mutazione chiamata E484K sulla proteina S o Spike che dona al coronavirus una certa capacità di eludere sia gli anticorpi indotti dall'infezione naturale che l'immunità innescata dal vaccino. Ciò significa che gran parte dei 100 milioni di persone già infettate potrebbero essere esposte a rischio di reinfezione, così come potrebbero non ottenere una completa efficacia dal vaccino le oltre 180 milioni di persone già trattate.

A dimostrare i pericoli delle varianti con mutazione E484K vi sono alcuni casi emblematici. A Manaus, in Brasile, nelle ultime settimane è stato registrato un vero e proprio boom di contagi a causa della variante brasiliana, nonostante la città fosse stata già colpita duramente la prima ondata. L'amministrazione locale pensava addirittura che potesse essere stata raggiunta l'immunità di gregge, per quanto numerosi erano stati i positivi nei primi mesi della pandemia, tuttavia l'impennata di casi osservata nell'ultimo periodo suggerisce che non si erano fatti i conti con la nuova variante, in grado di “aggirare” gli anticorpi naturali prodotti in precedenza. La Fondazione Oswaldo Cruz a gennaio ha annunciato il primo caso ufficiale di reinfezione confermata con la variante brasiliana, ovvero quello di una ventinovenne di Manaus, che era stata già infettata una prima volta a marzo. Un caso emblematico si è verificato anche in Francia, come riporta il quotidiano spagnolo El Pais, dove un uomo contagiato (lievemente) a settembre 2020 è risultato nuovamente positivo a gennaio 2021. Questa reinfezione, tuttavia, è risultata essere decisamente più grave della prima, tanto che il paziente è stato trasferito nel reparto di terapia intensiva dell'Ospedale Louis Mourier e intubato. Dalle indagini genomiche condotte sui campioni virali estratti dall'uomo, gli scienziati hanno determinato che si trattava di variante sudafricana, principalmente nota proprio per la mutazione E484K. Questa “modifica” induce un vero e proprio cambio di struttura nella proteina S o Spike, ed è per questo che gli anticorpi legati al ceppo originale/selvatico di Wuhan hanno maggiori difficoltà ad attaccarla.

Le doti elusive delle varianti che presentano questa mutazione risultano evidenti dai risultati degli studi clinici condotti su due vaccini candidati, l'NVX-CoV2373 sviluppato dalla casa biofarmaceutica americana Novavax e l'Ad26.COV2.S di Johnson & Johnson/Janssen Pharmaceutica. Nel primo caso, il vaccino ha mostrato un'efficacia dell'89,3 percento nel Regno Unito e solo del 49,4 percento in Sudafrica; nel secondo l'efficacia rilevata negli Stati Uniti d'America è stata del 72 percento, mentre in Sudafrica del 57 percento. Questi dati mostrano chiaramente che entrambe le preparazioni risultano meno efficaci contro la variante sudafricana. “Ci sono prove convincenti che un'infezione con il virus originale non protegge dalla reinfezione con la variante B.1.351 (la sudafricana)”, ha dichiarato il dottor Shabir Madhi dell'Università del Witwatersrand (Johannesburg). Lo studio “mRNA vaccine-elicited antibodies to SARS-CoV-2 and circulating variants” pubblicato su Nature ha rilevato che anche i vaccini di Pfizer-BioNTech e Moderna-NIAID avrebbero un'efficacia minore contro le varianti portatrici della mutazione E484K. Fortunatamente sussisterebbe una certa protezione contro la forma grave della COVID-19; ciò significa che sebbene il rischio di reinfezione a causa della variante sudafricana sia rilevante, è improbabile che si sviluppi l'infezione grave (come invece accaduto per il paziente francese).

L'efficacia dei vaccini contro la diffusa variante inglese sarebbe infine molto migliore, anche per quelli già approvati e disponibili. Secondo la ricerca preliminare “Do antibody positive healthcare workers have lower SARS-CoV-2 infection rates than antibody negative healthcare workers? Large multi-centre prospective cohort study (the SIREN study), England: June to November 2020” condotta su 20mila operatoti sanitari britannici e pubblicata su MedRxiv, aver avuto un'infezione precedente da coronavirus SARS-CoV-2 proteggerebbe all'83 percento dal rischio di reinfezione ad almeno cinque mesi di distanza dal primo contagio. Anche in questo caso è stato dimostrato che i “reinfettati” sviluppavano forme generalmente non gravi di COVID-19. I rischi delle varianti sono comunque da non sottovalutare, perché potrebbero permettere al coronavirus di continuare a circolare e mutare nonostante proceda la campagna vaccinale globale. Le case farmaceutiche sono comunque a lavoro su vaccini aggiornati in grado di colpire anche le nuove varianti, e potrebbero essere pronti nel giro di alcuni mesi.

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