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Covid 19

Per chi è stato contagiato dal coronavirus potrebbe bastare una sola dose di vaccino

I risultati di due nuovi studi hanno evidenziato che chi è stato contagiato dal coronavirus SARS-CoV-2, dopo la prima dose di vaccino può sperimentare effetti collaterali più intensi e presentare un elevato livello di anticorpi, paragonabile a quello di chi riceve due dosi di vaccino senza essere mai stato contagiato. Per questa ragione alcuni studiosi pensano che per chi ha già contratto la COVID-19 potrebbe essere sufficiente una singola dose di vaccino. Ma non tutti gli esperti sono d’accordo.
A cura di Andrea Centini
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La maggior parte dei vaccini anti COVID contro il coronavirus SARS-CoV-2, come quelli di Pfizer-BioNTech, Moderna-NIAID e AstraZeneca-Oxford-Irbm approvati in Italia, vanno somministrati in due dosi per garantire la necessaria efficacia protettiva. Se infatti con la prima dose (prime) si innescano la produzione di anticorpi e la risposta cellulare, con la seconda (il “richiamo” o boost) le armi contro l'invasione virale vengono aumentate in numero adeguato, collaudate e potenziate, affinché la protezione immunitaria sia efficiente e duratura. Non è un caso che in Israele, dove è stato vaccinato con due dosi oltre il 20 percento della popolazione con il tozinameran/BNT162b di Pfizer, l'efficacia del vaccino risulta sostanziale in chi ha ricevuto entrambi i “colpi” e decisamente minore in chi al momento ha ricevuto il solo prime. Ma la protezione immunitaria si innesca anche dopo un'infezione naturale, ed è per questa ragione che alcuni studiosi stanno pensando che per chi è stato contagiato dal coronavirus potrebbe essere sufficiente una singola dose. Potrebbe infatti innescare una reazione immunitaria paragonabile a quella del boost in chi non ne è mai stato esposto.

Un percorso di questo genere, benché non contemplato nelle linee guida delle autorità sanitarie, potrebbe avere un duplice beneficio, nel caso in cui dovesse risultare efficace: da un parte si renderebbero disponibili più dosi per portare avanti più rapidamente la campagna vaccinale, tenendo presente la cronica carenza di dosi legati a problemi logistici e produttivi, dall'altra si risparmierebbero effetti collaterali intensi dovuti alla somministrazione di un vaccino in presenza di una già elevata presenza di anticorpi e cellule B e T della memoria. Il mal di testa, il dolore al sito dell'iniezione, i dolori muscolari e articolari, la febbre e altri sintomi sono tipici delle vaccinazioni, soprattutto dopo la seconda dose, proprio perché rappresentano una risposta del nostro organismo all'esposizione all'antigene e dimostrano che il vaccino sta funzionando. Nel caso specifico della vaccinazione anti COVID, l'antigene è la proteina S o Spike del coronavirus, la glicoproteina che il patogeno sfrutta per legarsi alle cellule umane e infettarle.

Nello studio “Robust spike antibody responses and increased reactogenicity in seropositive individuals after a single dose of SARS-CoV-2 mRNA vaccine” condotto da scienziati della Icahn School of Medicine at Mount Sinai è stato dimostrato che, tra i vaccinati contro il coronavirus, le persone che in precedenza erano state contagiate dal patogeno dopo la prima dose hanno sperimentato con maggiore frequenza brividi, febbre, mal di testa e altri sintomi rispetto a chi non era mai stato esposto al virus. Tra i vaccinati, inoltre, chi era sopravvissuto alla COVID-19 aveva una concentrazione di anticorpi sensibilmente superiore ai non contagiati. Alla luce di questi risultati, il professor Florian Krammer, virologo e autore principale della ricerca, ha dichiarato al New York Times di credere che una singola dose dovrebbe essere sufficiente per chi ha già contratto il virus. “Ciò risparmierebbe alle persone una sofferenza inutile quando prendono la seconda dose e renderebbe disponibili ulteriori dosi di vaccino”, ha aggiunto lo scienziato.

Lo studio “Single Dose Vaccination in Healthcare Workers Previously Infected with SARS-CoV-2” condotto dalla Scuola di Medicina dell'Università del Maryland su decine di operatori sanitari ha invece dimostrato che i livelli di anticorpi di chi era stato infettato in precedenza, dopo la prima dose di vaccino erano paragonabili a quelli di chi non era mai stato infettato dopo la seconda dose. Secondo una recente indagine condotta all'Ospedale Bambino Gesù di Roma, il 100 percento dei vaccinati sviluppa anticorpi contro il coronavirus SARS-CoV-2 a 7 giorni dalla seconda dose. Per gli scienziati dell'ateneo americano, guidati dal professor Mohammad M. Sajadi, chi è già stato contagiato dal coronavirus dovrebbe essere messo in fondo alle liste delle priorità e ricevere soltanto una singola dose di vaccino. Tuttavia, sebbene molti colleghi la pensino allo stesso molto, diversi altri predicano cautela. Procedendo in questo modo, infatti, si deraglierebbe dalle linee guida e si creerebbe un precedente pericoloso anche per il trattamento di altre patologie, come specificato al New York Times dal dottor John Wherry, direttore dell'Istituto di immunologia dell'Università della Pennsylvania. Senza dimenticare che circolano varianti che sembrano avere una notevole capacità di reinfettare chi ha già sperimentato una prima infezione naturale. A Manaus, in Brasile, si sta verificando un'ondata di contagi senza precedenti, sebbene si credesse di aver raggiunto l'immunità di gregge dopo una prima ondata particolarmente dura. Ma la diffusione della variante brasiliana avrebbe completamente riscritto la storia. Il dottor Wherry ricorda anche che chi ha sperimentato una forma lieve della malattia di solito ha meno anticorpi, e con una sola dose potrebbe non essere protetto. Anche identificare chi è stato effettivamente contagiato in precedenza potrebbe diventare un problema, e si creerebbe ulteriore confusione nella gestione della delicatissima e fondamentale campagna vaccinale.

Restano tuttavia significativi i casi di alcuni operatori sanitari (la fascia della popolazione ad oggi più vaccinata) che hanno sperimentato sintomi particolarmente intensi dopo la prima dose, come la dottoressa Susan Malinowski del Michigan, che aveva contratto la COVID-19 nel mese di marzo. Ha sviluppato brividi, sudorazione notturna e dolori intensi persino peggiori rispetto a quelli indotti dall'infezione naturale, verosimilmente perché aveva ancora un livello altissimo di anticorpi al momento della vaccinazione, e il suo sistema immunitario ha risposto in modo intenso. I casi di persone già contagiate che hanno avuto una simile risposta sono diversi, e anche per questo le autorità competenti potrebbero dover valutare caso per caso la necessità di una seconda dose.

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