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Magnifico fiore fossile di 100 milioni di anni scoperto in un blocco d’ambra

In un blocco d’ambra fossile di cento milioni di anni recuperato in Birmania è stato scoperto un fiore appartenente a una specie e a un genere di pianta precedentemente sconosciuti. Il piccolo fiore maschile, di soli 2 millimetri, presenta decine di stami perfettamente conservati ed è ricchissimo di dettagli.
A cura di Andrea Centini
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Come sanno bene gli appassionati del romanzo “Jurassic Park” di Michael Crichton e dell'omonimo film di Steven Spielberg, i blocchi d'ambra preistorici possono essere delle vere e proprie capsule del tempo, intrappolando insetti, altri animali e piante al loro interno mantenendoli in un eccezionale stato di conservazione. Certo, poter far “nascere” dinosauri dal sangue succhiato dalle zanzare è pura fantascienza, tuttavia questi fossili rappresentano comunque reperti preziosissimi per le ricerche dei paleontologi e dei paleobotanici. La Birmania (o Myanmar) è uno dei Paesi più ricchi dove poter recuperare questi tesori naturalistici perduti di decine di milioni di anni fa, grazie a depositi risalenti al Cretaceo nei quali sono state fatte scoperte straordinarie: la più antica ape impollinatrice, fiori, uccelli, piume di dinosauro, chiocciole, artropodi e moltissimi altri organismi sono stati recuperati all'interno dell'ambra birmana. Ora, grazie a una nuova ricerca, è stato individuato anche un magnifico fiore di ben 100 milioni di anni fa.

Si tratta di un esemplare appartenente a un genere e a una specie di pianta precedentemente sconosciuti, che gli scienziati hanno deciso di chiamare Valviloculus pleristaminis. Valva è il termine latino che si riferisce a una foglia piegata; loculus significa compartimento; plerus vuol dire “molti” e staminis si riferisce alle dozzine di organi sessuali maschili del fiore, gli stami. Il fiore apparteneva a un'antichissima angiosperma, gruppo di piante vascolari con fusto, radici e foglie caratterizzate da veri fiori e semi protetti da frutti. A scoprire e descrivere il Valviloculus pleristaminis è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Università Statale dell'Oregon, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dello Skeletal Biology Laboratory presso il College of Public Health and Human Sciences e del Dipartimento dell'Agricoltura Statunitense. Gli scienziati sono stati coordinati dal professor George O. Poinar Jr, luminare che da decenni studia i fossili racchiusi nel cuore dell'ambra.

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“Questo non è proprio un fiore di Natale, ma è una bellezza, soprattutto considerando che faceva parte di una foresta che esisteva 100 milioni di anni fa”, ha dichiarato il professor Poinar in un comunicato stampa dell'ateneo americano. “Il fiore maschile è minuscolo, circa 2 millimetri di diametro, ma ha circa 50 stami disposti a spirale, con le antere che puntano verso il cielo. Nonostante sia così piccolo, i dettagli che si osservano sono sorprendente. Il nostro esemplare era probabilmente parte di un grappolo sulla pianta che conteneva molti fiori simili, alcuni forse femminili”, ha aggiunto l'esperto. Gli scienziati hanno deciso di classificarlo provvisoriamente all'ordine Laurales, date le sue affinità più strette con le famiglie Monimiaceae e Atherospermataceae.

Il fiore finì nell'ambra quando esisteva il supercontinente Gondwana, e gli scienziati ritengono che il blocco di terra su cui si trovava (chiamato blocco della Birmania Occidentale) si sganciò dall'Australia fino a raggiungere il Sud Est asiatico. Alcuni esperti ritengono che questo distacco avvenne 500 milioni di anni fa, altri 200 milioni di anni fa, ma poiché le angiosperme si sono evolute e diversificate solo 100 milioni di anni fa, secondo Poinar il blocco di terra non avrebbe potuto sganciarsi prima di allora. Insomma, la scoperta di un fiore preistorico potrebbe avere un impatto anche su rilevanti questioni geologiche. I dettagli della ricerca “Valviloculus pleristaminis gen. et sp. nov., a Lauralean fossil flower with valvate anthers from mid-Cretaceous Myanmar amber” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Journal of the Botanical Research Institute of Texas.

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