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Le spiagge piene di rifiuti prodotti decenni fa: pagina web mostra la storia dei “reperti” raccolti

I rifiuti plastici possono persistere in mare per decenni e persino secoli. La pagina Facebook RuscQuizzone mostra quelli che inquinano le spiagge italiane.
A cura di Andrea Centini
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In uno studio del 2015 è stato determinato che nei mari e negli oceani di tutto il mondo, ogni anno, finiscono ben 8 milioni di tonnellate di rifiuti plastici. Secondo la più recente ricerca “Predicted growth in plastic waste exceeds efforts to mitigate plastic pollution” pubblicata sulla prestigiosa rivista Science, invece, tale cifra rappresenterebbe un'ampia sottostima: a inquinare il grande blu sarebbero infatti fino a 34 milioni di tonnellate di plastica all'anno. È un quantitativo enorme che rappresenta un gravissimo problema ambientale e per la salute pubblica. La plastica, infatti, oltre a uccidere pesci, uccelli marini, tartarughe e cetacei, si frammenta in microplastiche ed entra nella catena alimentare, fin sulle nostre tavole. Uno studio ha trovato il 100 percento dei prodotti ittici contaminati da plastica. Uno dei problemi principali dei rifiuti plastici risiede nei tempi lunghissimi di permanenza in acqua e nell'ambiente; una classica busta della spesa non biodegradabile può persistere fino a 30 anni, mentre un pannolino o una bottiglia possono arrivare addirittura a diverse centinaia di anni.

Non c'è da stupirsi che dopo le mareggiate arrivino sulle spiagge frammenti, confezioni e involucri di prodotti in plastica – e altri materiali – che non si vedono sugli scaffali dei negozi anche da diversi decenni. Su Facebook è stata aperta la pagina RuscQuizzone nella quale vengono presentati con post ad hoc i vari reperti “storici” rinvenuti su alcune spiagge italiane. “Il primo sito neoarcheologico: per ricostruire la storia del nostro passato recente attraverso la monnezz..ehm… il rusco che ci siam lasciati dietro. Ogni contributo di materiali ed expertise sui suddetti è gradito”, si legge nell'ironica descrizione della pagina, che ha invece un intento nobile e di sensibilizzazione sul tema dell'inquinamento ambientale.

Tra i rifiuti presentati recentemente sulla pagina vi sono un frammento in polietilene "ad altissimo peso molecolare" di una tanica da 20 litri per il trasporto di prodotti pericolosi, il cui contenuto potrebbe essere stato disperso in mare o sulla spiaggia; il blister di un farmaco per il trattamento del colon irritabile, probabilmente del secolo scorso; un posacenere in melamina degli anni '60 – '70 del secolo scorso; la confezione di un gelato venduto 50 anni fa; una boccetta per gocce oculari di almeno 40 anni; una lucina per alberi di Natale di diversi decenni; il tappo di una bevanda venduta nel Regno Unito; e tutta una serie di flaconi, tappi, confezioni e frammenti di diversa natura e origine, che stanno lì a testimoniare quanto gravi e duraturi possono essere i danni perpetrati dall'uomo all'ambiente.

Nonostante vi sia una varietà infinita di rifiuti che possono essere rinvenuti sui fondali marini o sulle spiagge, come dimostrato da RuscQuizzone, quello più comune in assoluto è tuttavia rappresentato dai mozziconi di sigaretta. Da quando nel 1986 è stata avviata una campagna di pulizia su iniziativa di The Ocean Conservancy, sulle spiagge di tutto il mondo ne sono stati raccolti ben 60 milioni. Ogni anno vengono prodotte 5,6 trilioni di sigarette con filtri in acetato di cellulosa; a causa del numero enorme di mozziconi gettati irresponsabilmente a terra dagli incivili, questi filtri finiscono prima nei fiumi e poi in mare. Una recente indagine ha rinvenuto frammenti o mozziconi interi di sigaretta nel 30 percento delle tartarughe marine e nel 70 percento degli uccelli marini.

Il problema dei rifiuti in mare si è ulteriormente acuito con la pandemia di COVID-19; da quando il coronavirus SARS-CoV-2 ha iniziato a circolare, sono state prodotte ben 8 milioni di tonnellate di rifiuti sanitari, tra mascherine, guanti, confezioni di gel disinfettanti, kit per i tamponi e simili. Di questi rifiuti, si stima che 34mila tonnellate finiranno nell'acqua di mari e oceani entro la fine di quest'anno. Non c'è da stupirsi se in futuro le nostre spiagge saranno inondate anche dai dispositivi di protezione individuale, moltissimi dei quali vengono ritrovati già oggi a causa dell'incuria e dell'inciviltà di molte persone.

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