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L’anno della pandemia è stato anche il più caldo di sempre: 2020 da dimenticare

Gli scienziati del Copernicus Climate Change Service (C3S) hanno comunicato che il 2020 è stato l’anno più caldo di sempre, facendo registrare la medesima temperatura media del 2016 detentore del primato (durante il quale ci fu tuttavia il fenomeno El Nino). In Europa è stato l’anno più caldo in assoluto. Le anomalie più estreme nelle temperature sono state rilevate nell’Artico e in particolar modo in Siberia, che è stata squassata da incendi devastanti.
A cura di Andrea Centini
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Il 2020 resterà impresso nei libri di storia come l'anno della pandemia di COVID-19, ma sarà ricordato anche per essere stato uno dei più significativi nel contesto dei cambiamenti climatici. L'anno appena concluso è stato infatti il più caldo di sempre a livello globale (assieme al 2016) da quando viene tenuta traccia della temperatura media della Terra, ed è stato anche il più caldo in assoluto per l'Europa. Questo nonostante le restrizioni e i lockdown abbiano rallentato in modo significativo le attività umane in tutto il mondo, determinando una riduzione del 7-8 percento nelle emissioni di anidride carbonica (CO2) rispetto al 2019. Il calo non ha comunque arrestato l'accumulo di anidride carbonica nell'atmosfera, il gas a effetto serra per eccellenza che catalizza il riscaldamento globale, alla base dei cambiamenti climatici. Le concentrazioni, secondo le misurazioni degli esperti, sono aumentate con un tasso di circa 2,3 parti per milione (ppm) nel 2020, sicuramente inferiore a quello dell'anno precedente, ma ciò non ha impedito di raggiungere il livello più alto di sempre di ben 413,1 ppm, registrato a maggio, subito dopo i mesi di lockdown più duri in numerosi Paesi (Italia compresa).

A comunicare che il 2020 è stato l'anno più rovente a pari "merito" col 2016 è stato un team di scienziati del Copernicus Climate Change Service (C3S), progetto di ricerca sviluppato dal Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (ECMWF) che viene gestito direttamente dalla Commissione europea. Nello specifico, il 2020 è stato di 0,6 ° C più caldo rispetto alla media del periodo di riferimento (dal 1981 al 2010) e di ben 1,25 ° C al di sopra della temperatura media antecedente alla rivoluzione industriale. Com'è noto, nell'Accordo di Parigi sul Clima sottoscritto nel 2015 i Paesi firmatari si sono impegnati a contenere l'aumento delle temperature rispetto all'epoca preindustriale entro i 2° C, sebbene il vero obiettivo sia quello di non superare 1,5° C. Nel 2020 ci siamo trovati ad appena 0,25° C dal mancare il traguardo. Tenendo presente che si è trattato del sesto anno consecutivo a far registrare aumenti e che la CO2 continua inesorabilmente ad accumularsi, se non si agirà in modo rapido e deciso andremo incontro all'inevitabile superamento della fatidica soglia. L'umanità rischia “sofferenze indicibili”, secondo il più ampio e approfondito studio sui cambiamenti climatici mai condotto. “Sebbene le concentrazioni di anidride carbonica siano aumentate leggermente meno nel 2020 rispetto al 2019, questo non è motivo di compiacimento. Fino a quando le emissioni globali nette non si ridurranno a zero, la CO2 continuerà ad accumularsi nell'atmosfera e determinerà ulteriori cambiamenti climatici”, ha dichiarato il dottor Vincent-Henri Peuch, direttore del Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS).

Nonostante nel 2016 sia stata toccata la stessa, rovente temperatura media del 2020, in quell'anno si manifestò il fenomeno climatico noto come El Niño-Oscillazione Meridionale, che determina un repentino aumento delle temperature dell'Oceano Pacifico e che a loro volta si riflettono in quelle globali. Nell'anno appena concluso si è invece registrato il fenomeno opposto, la Nina, che “raffredda” le temperature, e nonostante tutto si è comunque raggiunto il medesimo record negativo. L'Europa, come indicato, ha invece vissuto il suo anno più caldo di sempre, con una temperatura media superiore di ben 1,6 ° C rispetto al periodo di riferimento 1981-2010 e di 0,4 ° C al di sopra del 2019, che era stato il precedente anno più caldo. Tutto lascia immaginare che nei prossimi anni, a livello globale, la situazione sarà destinata a peggiorare. Le anomalie più significative sono state tuttavia registrate nella regione artica, squassata da incendi devastanti soprattutto in Siberia. In quest'area, e in particolar modo sulla Siberia settentrionale, le temperature medie sono state di ben 6° C più calde rispetto alla media del periodo 1981-2010. Il caso più estremocaso più estremo si è verificato nella città di Verchojansk, a 67.55° di latitudine Nord oltre il Circolo Polare Artico; in questa città, considerata una delle più fredde della Terra (dove si raggiungono temperature di – 60° C), il 20 giugno dello scorso anno la colonnina di mercurio ha raggiunto i 38° C, superiore di ben 18° C rispetto alla media del periodo. Non c'è da stupirsi che lo scorso anno sia stata registrata la seconda estensioni minima di sempre dei ghiacci artici, che per la prima volta nella storia, alla fine di ottobre ancora non si erano formati.

A causa delle temperature anomale, inoltre, nell'anno appena concluso è stato superato anche il record di tempeste tropicali nell'Oceano Atlantico settentrionale, così numerose che chi le classifica ha esaurito i nomi della lista predefinita, e ha dovuto attingere all'alfabeto greco. “Il 2020 si distingue per il suo eccezionale calore nell'Artico e un numero record di tempeste tropicali nel Nord Atlantico. Non sorprende che l'ultimo decennio sia stato il più caldo registrato, un altro promemoria sull'urgenza di ridurre in modo incisivo le emissioni al fine di prevenire impatti climatici negativi in futuro”, ha dichiarato Carlo Buontempo, direttore del Copernicus Climate Change Service (C3S). La speranza è che il 2021 sarà un anno migliore anche dal punto di vista climatico.

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