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Il ghiaccio marino artico alla fine di ottobre non si è ancora formato: è la prima volta

Nel Mare di Laptev, innanzi alla costa siberiana, il ghiaccio marino artico non ha ancora iniziato a formarsi. È la prima volta nella storia che viene documentato un simile fenomeno, che potrebbe avere conseguenze drammatiche per gli equilibri ecologici. La ragione del mancato congelamento risiede nell’ondata di calore estrema che ha colpito l’area del circolo polare artico nei mesi scorsi.
A cura di Andrea Centini
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Il ghiaccio marino artico non è costante nel corso dell'intero anno, ma fluttua in base alle stagioni. Durante l'autunno e l'inverno un sottile strato superficiale dell'Oceano Artico si congela, mentre in primavera ed estate fonde, per poi riformarsi ciclo dopo ciclo. Normalmente in questo periodo dell'autunno ampie porzioni di mare artico sono già congelate, tuttavia per la prima volta da quando si documenta questo fenomeno, il ghiaccio marino del Mare di Laptev (che fa parte del Mar Glaciale Artico) al largo della Siberia non si è ancora formato. Lo dimostrano i dati satellitari pubblicati dal National Snow & Ice Data Center (NSIDC), un centro di ricerca facente parte dell'Università del Colorado di Boulder e affiliato con la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA).

A causare la mancata formazione del ghiaccio marino artico, come sottolineato al Guardian dal professor Zachary Labe dell'Università Statale del Colorado, è stata l'ondata di calore senza precedenti che ha colpito la Siberia quest'anno. In base ai dati rilasciati dal Copernicus Climate Change (C3S) del Programma Copernicus gestito dalla Commissione Europea e dall'Agenzia Spaziale Europea (ESA), a giugno nella regione russa la temperatura media è stata di ben 10° centigradi superiore alla media di riferimento (1981-2010). Basti pensare che nella città di Verchojansk, sita oltre il Circolo Polare Artico, è stata raggiunta la temperatura record di 38° C, ben 18° C superiore rispetto alla media del periodo (la città siberiana è considerata una delle città più fredde al mondo). L'ondata di calore ha causato incidenti devastanti sulla terraferma, ma ha anche riscaldato l'acqua marina. Poiché gli oceani rilasciano calore molto lentamente, in questa parte dell'anno il Mare di Laptev non si è ancora “liberato” del calore accumulato nei mesi precedenti, mantenendo temperature troppo alte per permettere la formazione del preziosissimo ghiaccio marino artico.

Il primo problema di questo fenomeno risiede nel fatto che il ghiaccio ha una albedo elevata, e dunque riflette una grande quantità di raggi solari; quando il ghiaccio non c'è, l'irradiazione solare colpisce direttamente l'oceano, che invece ha l'albedo più bassa, e dunque fa accumulare una grande quantità di calore. Questo è il motivo per cui l'Artico si sta riscaldando al doppio della velocità del resto del mondo, e il motivo per cui qui si gioca una partita fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici. L'assenza di ghiaccio marino catalizza il riscaldamento e favorisce lo scioglimento dei ghiacci, innescando un circolo vizioso dal quale pare difficilissimo uscire, a causa della costante immissione di gas a effetto serra derivata dalle attività umane.

Ma c'è un altro importante effetto ecologico dovuto al ritardo nella formazione del ghiaccio nel Mare di Laptev, come spiegato da Zachary Labe al Guardian. Normalmente, dopo essersi formato nella stagione fredda, il ghiaccio viene spinto dai venti verso la Groenlandia e le Isole Svalbard che raggiunge in primavera. Qui, sciogliendosi, libera grandi quantità di nutrienti che foraggiano il plancton, a sua volta coinvolto nella capacità del mare di catturare anidride carbonica proveniente dall'atmosfera. Ma se il ghiaccio si formerà troppo tardi, non avrà il tempo di addensarsi a sufficienza e raggiungere – come faceva in passato – lo stretto di Fram, stravolgendo in modo imprevedibile un ciclo naturale di lungo corso. Se questi processi non verranno fermati in qualche modo, ci avvicineremo sempre più alla prima estate artica senza ghiaccio marino, che gli scienziati credono cadrà tra il 2030 e il 2050.

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