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Covid 19

L’AIFA autorizza 3 farmaci per i pazienti Covid: come funzionano anakinra, baricitinib e sarilumab

Dopo il tocilizumab l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha reso disponibili e rimborsabili dal SSN tre farmaci per il trattamento della forma grave della COVID-19. Si tratta dell’anakinra, del baricitinib e del sarilumab, tutti ad azione immunomodulante, per contrastare la reazione esagerata del sistema immunitario che si sviluppa in alcuni pazienti.
A cura di Andrea Centini
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L'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha comunicato di aver reso disponibili tre farmaci per combattere la COVID-19, la malattia provocata dal coronavirus SARS-CoV-2. Si tratta dell'antinfiammatorio anakinra e dei due immunomodulanti baricitinib e sarilumab, che saranno tutti rimborsabili – dunque a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) – per il trattamento dei pazienti ricoverati in ospedale “con polmonite ingravescente sottoposti a vari livelli di supporto con ossigenoterapia”. I tre farmaci vanno ad aggiungersi al tocilizumab della “cura Ascierto”, il medico dell’Unità di Oncologia Medica e Terapie Innovative presso l’Istituto Nazionale Tumori – IRCCS Fondazione “Pascale” di Napoli che ha creduto in questo anticorpo monoclonale sin dall'inizio della pandemia.

Tutti e quattro i farmaci sopraindicati hanno un'attività di immunomodulazione – non a caso sono stati progettati per il trattamento di patologie autoimmuni alla stregua dell'artrite reumatoide – e vengono sfruttati per contrastare la risposta esagerata del sistema immunitario all'invasione virale, che si sviluppa in una parte dei pazienti. La “tempeste di citochine” è considerata una delle complicanze più severe della COVID-19 e può essere pericolosa per la vita, poiché può innescare la sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) e insufficienza multiorgano. L'AIFA ha deciso di autorizzare i tre nuovi farmaci sulla base delle “evidenze di letteratura recentemente pubblicate”, con l'obiettivo di allargare le opzioni terapeutiche e nello stesso tempo permettere di evitare “che l’eventuale carenza di tocilizumab o di uno di questi tre farmaci possa avere un impatto negativo sulle possibilità di cura”.

Per quanto concerne l'anakinra, un recente studio condotto da scienziati italiani e greci in doppio cieco, randomizzato e controllato con placebo (il SAVE-MORE)  ha dimostrato che può abbattere la mortalità nei pazienti Covid gravi fino all’80 percento. Un risultato estremamente significativo, considerando che il corticosteroide desametasone, che fa parte delle terapie anti Covid standard, secondo uno studio clinico riduce la mortalità del 30 percento. Tecnicamente l'Anakinra è un antagonista umano del recettore dell’IL-1 (la citochina interleuchina 1), che “neutralizza l’attività biologica dell’IL-1α e dell’IL-1β mediante l’inibizione competitiva del loro legame ai recettori di tipo I dell’IL-1R1”, spiega l'AIFA. Viene prodotto nelle cellule di batteri Escherichia coli attraverso la tecnologia del DNA ricombinante. L'AIFA lo raccomanda a pazienti con polmonite da COVID-19 moderata/severa – non sottoposti a CPAP o alla ventilazione meccanica – che hanno una saturazione dell'ossigeno di pO2/FiO2>150. Il dosaggio previsto è di 100 milligrammi al giorno per 10 giorni attraverso iniezione sottocutanea.

Nel recente studio Adaptive COVID-19 Treatment Trial (ACTT-2) il baricitinib ha dimostrato di ridurre i tempi di recupero nei pazienti Covid ospedalizzati, quando somministrato in associazione all'antivirale Remdesivir. L'AIFA specifica che si tratta di un inibitore “selettivo e reversibile” di due enzimi intracellulari – chiamati Janus chinasi (JAK)1 e JAK2 – che sono coinvolti nella maturazione delle cellule del sangue (emopoiesi), nella risposta immunitaria e nella trasmissione di segnali legati a citochine e fattori di crescita. È raccomandato per i pazienti adulti ospedalizzati con la forma severa dell'infezione da coronavirus SARS-CoV-2, “sottoposti a ossigenoterapia ad alti flussi o in ventilazione meccanica non invasiva, e/o con livelli elevati degli indici di infiammazione sistemica”. Il dosaggio previsto negli adulti è di 4 milligrammi al giorno per un massimo di due settimane.

Il sarilumab, come il tocilizumab, è un anticorpo monoclonale immunosoppressore e antiinfiammatorio sviluppato per combattere l'artrite reumatoide e altre patologie affini. Lo studio REMAP-CAP ha dimostrato che entrambi i farmaci hanno la medesima efficacia di migliorare la sopravvivenza e ridurre la durata delle terapie di supporto d'organo nei pazienti con COVID-19 severa. Tecnicamente si tratta di antagonisti per l'interleuchina-6 (IL-6) e dunque sono considerati preziosi nel contrastare la tempesta di citochine. L'AIFA raccomanda il sarilumab in pazienti adulti ricoverati in ospedale con la forma severa dell'infezione “e/o con livelli elevati degli indici di infiammazione sistemica”. Più nello specifico, nei pazienti ingravescenti come quelli in terapia intensiva da meno di due giorni sottoposti a ventilazione meccanica/ossigeno ad alti flussi e chi si aggrava nonostante la somministrazione di corticosteroidi da 24/48 ore. Il dosaggio raccomandato per il sarilumab è di 400 milligrammi da somministrare per via endovenosa.

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