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La COP26 è un disastro: il mondo verso un riscaldamento di 2,4 °C, secondo un nuovo rapporto

Gli accordi che i governi stanno prendendo alla COP26, attualmente in corso di svolgimento a Glasgow, secondo un nuovo rapporto sono assolutamente insufficienti per contenere l’aumento della temperatura entro 1,5° C rispetto all’epoca preindustriale. Entro il 2030, infatti, le emissioni di CO2 saranno il doppio di quelle necessarie per raggiungere l’obiettivo. Se non verranno prese decisioni drastiche e immediate rischieremo un catastrofico riscaldamento di 2,4° C entro il 2100.
A cura di Andrea Centini
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Gli impegni presi dai singoli governi durante la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26) sono tutto fuorché sufficienti a scongiurare le conseguenze più drammatiche del riscaldamento globale. In base a un nuovo rapporto presentato da Climate Action Tracker (CAT), una delle coalizioni di analisi climatica più prestigiose al mondo, gli obiettivi a breve termine fissati dai governi contro le emissioni di CO2 determineranno entro il 2100 un aumento della temperatura di 2,4° C oltre la media dell'epoca preindustriale. Si tratta di un risultato semplicemente catastrofico, ben oltre l'obiettivo di 1,5° C di cui si parla sin dall'Accordo di Parigi sul Clima (dicembre 2015), ritenuto dagli scienziati il “male minore” per evitare le conseguenze peggiori. Perché non esiste un cambiamento climatico buono; già adesso, con 1,2° C oltre la media dell'epoca preindustriale, stiamo subendo serie conseguenze per le costanti emissioni di anidride carbonica e altri gas a effetto serra. Contenere tale aumento entro 1,5° C ci aiuterebbe a evitare gli scenari più apocalittici, verso i quali, come evidenziato da Climate Action Tracker, stiamo letteralmente precipitando.

A rendere ancora più drammatico il nuovo rapporto vi è il fatto che l'aumento di 2,4° C è calcolato sulla base delle proposte dei Paesi. Se invece si dovesse tener conto di ciò che i governi stanno effettivamente facendo contro i cambiamenti climatici, allora tale aumento è stimato in ben 2,7° C entro il 2100. Ciò si tradurrà in “indicibili sofferenze” per l'umanità, come evidenziato da un precedente studio sul clima, a causa di una lunga serie di devastanti effetti innescati dall'accumulo di CO2 nell'atmosfera su natura, salute, economia e società. L'emergenza climatica è talmente grave che alcuni esperti hanno persino ipotizzato che la civiltà umana come la conosciamo oggi potrebbe sparire nel 2050. Insomma, se le stime di Climate Action Tracker saranno confermate, vivremo un vero incubo e sarà solo colpa nostra. Ma come è stato effettivamente calcolato un simile aumento della temperatura?

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Gli analisti di Climate Action Tracker, organizzazione sostenuta anche dal governo tedesco, si sono concentrati sulle emissioni a breve termine dei Paesi, ovvero entro il 2030. Secondo i calcoli, entro il decennio le emissioni di anidride carbonica saranno il doppio di quelle necessarie per contenere l'aumento entro 1,5° C, che come indicato si tratta del target auspicabile dagli scienziati. Per fare in modo che la “febbre della Terra” non superi 1,5° C i governi dovrebbero riuscire ad abbattere del 45 percento le emissioni proprio entro il 2030, un traguardo bel lungi dal poter essere raggiunto, sulla base delle dichiarazioni che stanno emergendo alla COP26. A maggior ragione se si considera che le concentrazioni di CO2 continuano ad aumentare costantemente e raggiungeremo il nuovo record storico nel 2023, in base a un recente studio. “Le intenzioni a lungo termine dei Paesi sono buone, ma la loro attuazione a breve termine è inadeguata”, ha dichiarato al Guardian il dottor Niklas Höhne, uno degli autori del nuovo rapporto.

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Il problema principale risiede nel fatto che nella lotta ai cambiamenti climatici si corre su due binari distinti: da una parte gli obiettivi globali a lungo termine, quelli che puntano a raggiungere le emissioni nette zero attorno alla metà del secolo (2050 per Unione Europea ed USA, 2060 per Cina e Russia, 2070 per India), dall'altra i contributi determinati a livello nazionale o NDC, che riguardano proprio l'abbattimento delle emissioni nocive entro il 2030. È in questa seconda parte che emerge tutta la criticità della situazione, dato che tagli drastici e immediati delle emissioni di CO2 non sono stati avanzati praticamente da nessuno. Rispetto agli accordi precedenti, i tagli degli NDC presentati dai vari Paesi sono stati appena del 15 – 17 percento, come evidenziato in un comunicato stampa del New Climate Institte, col miglior contributo arrivato da Unione Europea, Cina e Stati Uniti. Ma non è affatto sufficiente. Basti sapere che Australia, Vietnam, Svizzera, Russia e altri Paesi hanno presentato alla COP26 gli stessi NDC della COP di Parigi, mentre Messico e Brasile li hanno addirittura peggiorati. I gas a effetto serra continuano ad accumularsi inesorabilmente in atmosfera giorno dopo giorno e il clima risponde a questo accumulo; se continueremo a puntare alla neutralità carbonica – ovvero un pareggio tra le emissioni e il “sequestro” di CO2 – tra tre decenni, ma nel frattempo continueremo a inquinare in modo sconsiderato o solo poco di meno, anche se in futuro raggiungeremo a raggiungere quell'obiettivo ben presto supereremo i fatidici 1,5° C, arrivando infine a + 2,4° C (o addirittura + 2,7° C) entro il 2100, come emerso dal nuovo rapporto “Glasgow’s one degree 2030 credibility gap: net zero’s lip service to climate action” di Climate Action Tracker.

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Come sottolineato più volte dagli esperti di clima, maggiore sarà l'aumento della temperatura media rispetto all'epoca preindustriale, peggiori saranno gli impatti sull'ambiente, sulla nostra salute, sulla biodiversità e sui delicati equilibri che sostengono gli ecosistemi. Per comprendere quanto sarà catastrofica una temperatura di 2,4° C più calda, basta fare riferimento all'analisi del World Resources Institute basata sui dati dell'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) dell'ONU, nel quale sono stati messi a confronto gli effetti di un riscaldamento di 1,5° C con uno di 2° C. Nel secondo caso vi sarà una perdita di vertebrati e piante due volte peggiore rispetto al primo; le ondate di calore mortali saranno 2,6 volte peggiori; la scomparsa degli insetti sarà tre volte peggiore; le estati artiche senza ghiaccio saranno dieci volte peggiori; sparirà il 99 percento delle barriere coralline e il livello del mare si alzerà di quasi mezzo metro. Inoltre ci saranno eventi meteo estremi ancora più frequenti e devastanti; si innescheranno migrazioni di massa globali ancora più grandi; sparirà sott'acqua un numero ancora maggiore di terre emerse (soprattutto isole del Pacifico e regioni costiere del Sud Est Asiatico); si diffonderanno più malattie; la perdita di cibo e raccolti sarà sempre più significativa e molto altro ancora. Ecco perché lo scenario da + 2,4° C tratteggiato da Climate Action Tracker è inquietante e va assolutamente evitato, con decisioni nette ed estreme da prendere adesso, proprio alla COP26. Perché di tempo a disposizione non ne abbiamo davvero più, come ci ricorda l'assordante ticchettio del Climate Clock.

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