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L’acqua su Marte c’è e noi rischiamo di contaminarla

Il dilemma dell’esplorazione sul Pianeta Rosso: come fare a conciliare il desiderio di conoscenza con la necessità di non alterare l’ecosistema?
A cura di Nadia Vitali
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Dopo l'entusiasmo per la scoperta della presenza di corsi d'acqua salata che solcano stagionalmente al superficie di Marte, adesso viene il momento della riflessione. Perché, se è vero che la notizia apre alla possibilità di cercare tracce di vita microbica, bisogna iniziare a valutare con ancora maggiore attenzione la possibilità che l'ecosistema del Pianeta possa venire alterato dalla presenza degli oggetti provenienti dalla Terra che circolano sul suolo marziano.

Ora, premesso che il rover Curiosity si trova sul Pianeta Rosso per cercare tracce di vita passata, mettiamo il caso che si pensi di sfruttarne le ruote per raggiungere uno dei punti individuati grazie alla sonda Mars Reconnaissance Orbiter: il robottino dovrebbe muoversi per una cinquantina di chilometri sul suolo brullo di Marte per raggiungere l'area in cui è localizzato uno dei ruscelletti. Il nuovo ambiente, per così dire più umido, sarebbe l'ideale per la proliferazione di spore e batteri che, nonostante il lungo viaggio e le radiazioni ultraviolette dell'atmosfera marziana, potrebbero essere ancora presenti sulla superficie del robot.

Le regioni in cui più alte sono le probabilità di trovare forme di vita non sono adatte alle missioni come Curiosity, appartenenti alla categoria IVb: per queste aree speciali è necessario un livello di sterilizzazione eccezionale (raggiungibile, naturalmente, a costi più elevati) in cui rientrano le missioni di categoria IVc.

Esplorare o non esplorare? Questo è il dilemma, tanto più che il Trattato internazionale sullo Spazio Extra-Atmosferico sancisce, tra l'altro, il divieto di contaminare gli oggetti spaziali esattamente come le risoluzioni del Comitato per la ricerca spaziale (COSPAR). Per cui la conoscenza è sempre l'obiettivo primario ma, proprio per questo, va perseguita nel rispetto di precisi parametri.

In ogni caso uno spiraglio c'è e si chiama ExoMars: la missione che vedrà lavorare fianco a fianco Europa e Russia con le rispettive agenzie spaziali dovrà partire nel 2018 e gli scienziati sono già all'opera per essere certi che, questa volta, il rover che atterrerà possa anche avvicinarsi alle zone più delicate senza che ci sia pericolo di contaminazione.

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