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Influenza, quando va fatto il vaccino e perché è importante

La stagione influenzale 2018-2019 è ufficialmente iniziata ed è importante procedere alla vaccinazione, soprattutto per alcune specifiche categorie come anziani oltre i 65 anni di età, bambini e malati cronici. Perché è importante fare il vaccino – per molti disponibile gratuitamente – e quando.
A cura di Andrea Centini
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Come ogni anno l'arrivo delle stagioni fredde collima col “ritorno” dei virus parainfluenzali e soprattutto dell'influenza vera e propria, che in base alle stime degli esperti nella stagione 2018-2019 farà finire a letto oltre 5 milioni di italiani. Il metodo migliore per evitare di ammalarsi e, nel caso di contagio, di minimizzare i rischi legati alle pericolose complicazioni, risiede nella vaccinazione. La campagna di sensibilizzazione del Servizio Sanitario Nazionale è già in atto: scopriamo insieme quando, perché e chi deve vaccinarsi.

Quando fare il vaccino per l'influenza

Sulla base delle miti condizioni climatiche del nostro Paese, la campagna vaccinale prende normalmente il via alla metà del mese di ottobre. Questo perché si entra “ufficialmente” nella nuova stagione influenzale, destinata a durare fino ai primi mesi dell'anno successivo. Poiché la copertura del vaccino non è indeterminata ma abbraccia un arco temporale di circa 6 mesi, facendolo non appena disponibile, dunque in ottobre, si riesce a coprire praticamente tutta la stagione influenzale. Va tenuto presente che dopo l'inoculazione ci vuole fino a un mese di tempo per ottenere la massima protezione. Vaccinarsi dopo il mese di novembre aumenta invece esponenzialmente il rischio di ammalarsi, perché si finisce proprio nel periodo in cui la diffusione della patologia diventa massima. Com'è ampiamente noto, il vaccino contro l'influenza non garantisce una protezione al 100 percento, questo perché viene messo a punto sulla base dei dati raccolti sui virus circolanti dal sistema di sorveglianza internazionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Non sempre le informazioni si rivelano esatte e la copertura di qualche ceppo può essere meno efficace di quanto servirebbe, come avvenuto nella stagione 2017-2018 con lo Yamagata B. In caso di contagio, fortunatamente, chi è vaccinato esprime di solito sintomi molto più lievi e il rischio di complicazioni serie e ospedalizzazione è sensibilmente più basso.

Perché vaccinarsi contro l'influenza

L'influenza è una malattia seria che non deve assolutamente essere sottovalutata, anche se ciò avviene sin troppo spesso. Basti pensare che il professor William Schaffner, il direttore medico della National Foundation for Infectious Diseases (NFID), ha dichiarato che il rischio di ictus e infarto aumentano anche a settimane dalla guarigione dalla malattia, mentre gli anziani che si ammalano rischiano danni irreparabili che danno il via a un inesorabile declino. Questo perché il virus produce un'infiammazione generalizzata che può interessare i vasi sanguigni di cuore e cervello. Vaccinarsi non limita soltanto il rischio di malanni fisici, ma anche una serie di disagi legati alla perdita di giorni di lavoro, scuola e altre attività. Il vaccino contro l'influenza è inoltre un atto di responsabilità sociale, verso tutte le persone che per qualche motivo non possono farlo e sono più esposte ai rischi delle complicazioni.

Chi deve vaccinarsi contro l'influenza

Il vaccino, sostengono gli esperti, è consigliabile a tutte le persone con più i sei mesi di età che non hanno particolari controindicazioni. Naturalmente ci sono categorie specifiche per le quali il vaccino è caldamente raccomandato, e per le quali nel nostro Paese è distribuito gratuitamente. Tra esse vi sono gli anziani con un età superiore ai 65 anni, famigliari di soggetti ad alto rischio e bambini e adulti con malattie croniche che determinano un rischio maggiore di complicazioni, come diabete, fibrosi cistica, tumori, patologie all'apparato respiratorio e cardiovascolare, malattie metaboliche etc etc. Vi sono inoltre diverse categorie di lavoratori per le quali il vaccino risulta opportuno: operatori sanitari, forze dell'ordine e addetti ai servizi pubblici di interesse collettivo. Questo anche perché in caso di pandemia si eviterebbe il rischio di far crollare completamente il supporto di infrastrutture fondamentali.

[Credit: huntlh]

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