In quarantena fino al vaccino: i rischi di allentare le misure troppo presto e non gradualmente

Fin quando non verrà trovato un vaccinoverrà trovato un vaccino contro il coronavirus SARS-CoV-2, le misure di contenimento per spezzare la catena dei contagi non potranno essere eliminate del tutto. C'è infatti il concreto rischio che, una volta riusciti a contenere la diffusione della COVID-19, possa materializzarsi una seconda ondata di infezioni, con la nascita di nuovi, pericolosissimi focolai. I numeri complessivi delle persone contagiate e guarite sono ancora troppo bassi per contare sulla cosiddetta immunità di gregge, mentre larga parte della popolazione è ancora fortemente suscettibile al virus, trattandosi di un patogeno totalmente nuovo e per il quale non abbiamo “difese”.
A determinare che sarà fondamentale trovare un equilibrio tra ripresa economica e il rischio di una recrudescenza dei casi – in particolar modo per quelli importati dall'estero – è stato un team di ricerca del Centro di collaborazione OMS per l'epidemiologia e il controllo delle malattie infettive e della Facoltà di Medicina “Li Ka” presso l'Università di Hong Kong, che ha messo a punto un modello matematico basato sui dati estrapolati dalla diffusione dell'epidemia (poi evolutasi in pandemia) in Cina. Gli scienziati, coordinati dal professor Joseph T Wu della Scuola di Sanità Pubblica e dalla professoressa Kathy Leung, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato i dati sulla trasmissibilità e la gravità della COVID-19 in quattro metropoli del Paese asiatico (la capitale Pechino, Shanghai, Shenzhen, Wenzhou) e in dieci province esterne allo Hubei, la provincia dove si trova Wuhan, la città da 11 milioni di abitanti nel cui mercato il coronavirus SARS-CoV-2 avrebbe compiuto il salto di specie (spillover), tra il 20 e il 25 novembre, secondo uno studio italiano guidato da scienziati del Campus BioMedico di Roma.
I ricercatori hanno osservato che il rigido lockdown imposto a Wuhan a partire dal 23 gennaio è riuscito ad abbattere il tasso netto di riproduzione di base R0 (cioè il numero di persone che in media può essere infettato da un contagiato) da 2 a 3 a meno di 1, che è il valore in grado di eradicare una patologia infettiva da una comunità. Ma se le misure di contenimento non saranno allentate in modo graduale (Wuhan è stata appena riaperta), permettendo di nuovo i contatti sociali a tutto tondo con la ripresa delle attività economiche, allora l'R0 sarà destinato nuovamente a salite, determinando un ritorno di fiamma dei contagi. Così facendo, in pratica, le autorità sarebbero nuovamente costrette ad applicare un rigido lockdown per “spegnere” i nuovi focolai epidemici.
Il professor T Wu, dopo aver ricordato gli effetti positivi delle misure di controllo sulla prima ondata, ha dichiarato che “senza l'immunità di gregge nei confronti della COVID-19, i casi potrebbero facilmente ripresentarsi man mano che le attività commerciali, le fabbriche e le scuole riprendono gradualmente e aumentano il mescolamento sociale, in particolare modo dal rischio crescente di casi importati dall'estero, mentre la COVID-19 continua a diffondersi a livello globale”. “Sebbene le politiche di controllo come il distanziamento fisico e il cambiamento comportamentale possano essere mantenute per un po ‘di tempo – ha aggiunto lo studioso – trovare in modo proattivo un equilibrio tra la ripresa delle attività economiche e mantenere l'R0 al di sotto di 1 è probabilmente la strategia migliore fino a quando i vaccini efficaci non diventeranno ampiamente a disposizione”.
Gli scienziati hanno osservato che il tasso di mortalità per ogni caso confermato variava fortemente da provincia a provincia, durante l'esplosione dell'epidemia, sulla base dello sviluppo economico e delle risorse sanitarie. Anche gigantesche ed efficienti metropoli come Pechino, con un'incontrollata impennata di casi farebbero fatica a rispondere in modo adeguato. Lo dimostra ciò che è avvenuto nel Nord Italia, dove il miglior sistema sanitario del Paese ha avuto non poche difficoltà nel gestire il fiume di nuovi contagiati che si riversava costantemente nei nosocomi, tra carenze di posti in terapia intensiva, personale medico costretto a turni massacranti, dispositivi di protezione individuale difficili da reperire e la necessità di produrre più ventilatori polmonari possibili. Fortunatamente si è riusciti a resistere allo "tsunami", e finalmente, dopo settimane critiche stiamo vedendo la luce in fondo al tunnel.
Un “liberi tutti” in questo momento vanificherebbe tuttavia gli sforzi fatti fino ad oggi, e soprattutto farebbe ripiombare il nostro Paese in una nuova fase critica, che nel caso in cui dovesse svilupparsi al Sud, dove le risorse sanitarie non sono quelle della Lombardia (benché non manchino le eccellenze), c'è il rischio di un'altra catastrofe. Come spiegato a fanpage dal virologo Fabrizio Pregliasco sarà necessario mantenere il distanziamento sociale e le misure di igiene personale (come l'imprescindibile lavaggio delle mani) fin quando non verrà trovato un vaccino, con una graduale riapertura delle attività che rischiano di far avvicinare le persone e scatenare nuovi focolai. Monitorare costantemente le nuove infezioni e i contatti dei positivi (anche attraverso le applicazioni per smartphone di cui si parla), e allentare il modo graduale e strategico le misure di contenimento, è l'unico modo per non ripiombare nell'incubo. Verosimilmente, date le sperimentazioni cliniche già avviate, un vaccino sarà disponibile non prima dei prossimi 12-18 mesi. I dettagli della ricerca cinese sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica The Lancet.