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Il vaccino di Pfizer previene i sintomi, ma potrebbe non evitare la trasmissione da asintomatici

I risultati preliminari sull’efficacia del vaccino candidato “BNT162” sviluppato dalla casa farmaceutica statunitense Pfizer e dall’azienda di biotecnologie tedesca BioNTech sono stati accolti con grande entusiasmo dalla comunità scientifica, dato che non ci si attendeva una protezione così elevata, tuttavia non è ancora chiaro se eviti solo i sintomi o prevenga anche l’infezione asintomatica. I dubbi degli esperti.
A cura di Andrea Centini
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Sulla base della mappa interattiva messa a punto dagli scienziati dell'Università Johns Hopkins, ad oggi il coronavirus SARS-CoV-2 ha contagiato 53,5 milioni di persone e ne ha uccise 1,3 milioni in tutto il mondo (in Italia si registrano 1,1 milioni di contagi e poco più di 44mila vittime). Si tratta dei numeri ufficiali, cioè riguardano tutte persone che in un modo o nell'altro sono finite negli screening COVID dei vari Paesi. Tuttavia, per gli epidemiologi queste cifre sono un'ampia sottostima del dato reale, soprattutto per quel che concerne le infezioni. La ragione risiede nel fatto che una percentuale considerevole dei positivi è totalmente asintomatica, e dunque in larga parte non rientra nella casistica ufficiale. Gli asintomatici rappresentano un doppio problema: in primis, pur non sviluppando sintomi, sono perfettamente in grado di diffondere il coronavirus, e chi ne viene contagiato può sviluppare la forma grave e potenzialmente letale della COVID-19. In secondo luogo, non è noto se i vaccini candidati in sperimentazione – fra i quali quello di Pfizer che ha mostrato un'efficacia del 90 percento – riescano a impedire oltre all'infezione sintomatica che quella asintomatica, e dunque anche la trasmissione, con tutto ciò che ne conseguirebbe in termini di diffusione del virus.

A sottolineare questo rischio, riferendosi proprio ai sorprendenti risultati (preliminari) del vaccino “BNT162” sviluppato dal colosso farmaceutico statunitense e dall’azienda di biotecnologie tedesca BioNTech, vi è la dottoressa Cristina Cassetti, vicedirettrice della Divisione di Microbiologia e Malattie infettive presso il National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) statunitense, guidato dall'immunologo di fama internazionale Anthony Fauci. La scienziata, cinquantunenne romana, in una intervista al Corriere della Sera ha affermato che "i vaccini prevengono l’esplosione della malattia, ma ancora non sappiamo se eviteranno l’infezione che si manifesta senza sintomi". "In altri termini – ha aggiunto la Cassetti – bisogna verificare se una persona, anche se vaccinata, possa ugualmente contrarre il virus e diffonderlo senza accorgersene, come avviene ora per i cosiddetti asintomatici".

Lo stesso dubbio è stato espresso al Guardian dal professor Paul Hunter, docente di Medicina presso l'Università dell'East Anglia. Non è infatti detto che il vaccino di Pfizer, pur proteggendo dai sintomi nel 90 percento dei casi, come mostrano i risultati dello studio di Fase 3 (ancora in corso) su decine di migliaia di partecipanti, offra una protezione totale contro l'infezione, oppure blocchi solo la sintomatica. In quest'ultimo caso si tratterebbe comunque di un risultato notevole, poiché andrebbe a prevenire (anche) la forma potenzialmente letale, ciò nonostante non limiterebbe la circolazione del virus, che potrebbe accumulare nuove mutazioni – anche passando attraverso animali – e rendersi di nuovo pericoloso. “Se [il vaccino] sta fermando l'infezione, allora, per definizione, dovrebbe fermare la trasmissione da una persona all'altra”, ha dichiarato Hunter. “Se non prendi l'infezione perché sei stato immunizzato, non mi infetti comunque. Ma se invece stai sviluppando un'infezione asintomatica, allora c'è ancora il rischio potenziale che potresti infettarmi”, ha aggiunto lo studioso britannico. Hunter ha concluso il suo ragionamento affermando che, in caso di trasmissione da asintomatico vaccinato, “quasi certamente [il rischio] sarà molto inferiore rispetto a quello se fosse effettivamente e clinicamente malato”.

Per capire quale sarà la reale efficacia del vaccino candidato di Pfizer e BioNTech sarà necessario attendere i risultati definitivi degli studi di Fase 3, ma è verosimile che alcuni "dettagli" diverranno disponibili solo durante la Fase 4 della sperimentazione, quella cioè su scala globale, successiva all'autorizzazione da parte delle autorità sanitarie competenti, che arriva al termine della Fase 3. Tra gli altri dubbi che circondano il BNT162 (e gli altri vaccini candidati) vi sono la durata dell'immunizzazione e l'efficacia su bambini piccoli e anziani. Al momento la sicurezza del vaccino non sembra essere un problema, dato che durante gli studi sono emersi effetti collaterali lievi come dolore al sito dell'iniezione, una lieve febbriciattola e altri piccoli malesseri, comuni anche col vaccino annuale contro l'influenza. Non resta che attendere i risultati definitivi dei trial clinici e la distribuzione delle prime dosi, che dovrebbe avvenire entro la fine dell'anno.

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