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Covid 19

Il coronavirus sta facendo crollare l’inquinamento atmosferico

La diffusione del coronavirus SARS-CoV-2 nel mondo sta determinando un significativo crollo dell’inquinamento atmosferico nei Paesi più colpiti dalla pandemia, come la Cina e l’Italia. I primi effetti si stanno osservando anche negli Stati Uniti. I cali più sensibili sono quelli legati al biossido di carbonio, un gas tossico derivato dai combustibili fossili.
A cura di Andrea Centini
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Calo dell'inquinamento in Europa per la diffusione del coronavirus. Credit: ESA
Calo dell'inquinamento in Europa per la diffusione del coronavirus. Credit: ESA
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La pandemia di coronavirus sta sconvolgendo il mondo intero, costringendo i governi a imporre drastiche misure draconiane per arrestare la diffusione della COVID-19, l'infezione scatenata dal patogeno. Basti pensare che nel momento in cui stiamo scrivendo, sulla base della mappa interattiva messa a punto dall'Università Johns Hopkins, SARS-CoV-2 ha contagiato circa 230mila persone uccidendone oltre 9mila. In questa drammatica situazione di emergenza sanitaria, sociale ed economica, c'è tuttavia un elemento che ne sta traendo grande beneficio: l'ambiente. A causa dei “lockdown”, della sostanziale riduzione del traffico e della produttività dei Paesi, si è infatti verificato un calo significativo dell'inquinamento atmosferico in diverse parti del mondo.

Le prime avvisaglie del positivo impatto ambientale del coronavirus si erano registrate all'inizio di marzo, quando gli “occhi” dei satelliti della NASA e dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA) hanno mostrato cosa stava succedendo su Wuhan e sulla provincia dello Hubei, da dove l'epidemia ha iniziato a diffondersi nel resto del mondo alla fine dello scorso anno. Nelle immagini condivise dalle agenzie si può osservare un drastico calo delle macchie rosse e arancioni relative al biossido di azoto (NO2), un gas tossico derivato dai combustibili fossili, e in particolar modo legato alle emissioni dei veicoli a motore diesel e a quelle di centrali elettriche e industrie. L'inquinante si è ridotto del 30 percento in un solo mese, tra gennaio e febbraio. Analoga situazione si è verificata in Italia, il secondo Paese ad essere colpito più duramente dalla COVID-19. Lo strumento TROPOMI installato sul satellite Sentinel-5 della missione Copernicus dell'ESA e della Commissione Europea ha mostrato che in un solo mese, da quando sono state introdotte le prime “zone rosse” nel Lodigiano e in Veneto, è stata spazzata via buona parte del biossido di azoto dalla Pianura Padana, una delle aree più inquinate di tutta Europa.

Dati analoghi stanno arrivando anche dagli Stati Uniti. Ricercatori dell'Università di New York hanno confermato alla BBC che la riduzione del traffico nella “Grande Mela” causato dall'effetto coronavirus ha determinato una riduzione dei livelli di monossido di carbonio del 50 percento rispetto alla stesso periodo dello scorso anno. Sempre a New York, ricercatori dell'Università Columbia hanno documentato una calo del traffico del 35 percento (ora sono raccomandati solo gli spostamenti necessari) e il dimezzamento del monossido di carbonio. Anche la CO2 e il metano risultano ridotti significativamente rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. L'organizzazione CarbonBrief ha determinato che all'inizio di marzo, in Cina, il consumo di carbone nelle centrali elettriche è crollato del 36 percento rispetto al mese precedente; l'operatività dei principali poli siderurgici è diminuita di oltre il 15 percento; i livelli di NO2 su base satellitare si sono ridotti del 37 percento; la capacità di raffinazione del petrolio è stata ridotta del 34 percento e sono scesi numerosi altri parametri. È crollato in tutto il mondo anche il numero di passeggeri negli aeroporti, e moltissime compagnie aeree hanno dovuto lasciare i loro velivoli a terra, con un ulteriore beneficio sulle emissioni di CO2.

Gli scienziati si aspettano che la pandemia abbia un impatto sulla concentrazione delle emissioni a livello globale, ma molto dipenderà dalla durata della pandemia. C'è infatti da considerare che molte persone stanno lavorando da casa, aumentando i consumi legati all'elettricità e ai riscaldamenti domestici. Inoltre, molti analisti si attendono che al termine dell'emergenza, per far risollevare le economie dei Paesi, ci sarà un "rimbalzo" nelle emissioni e un successivo picco che in qualche modo potrebbe bilanciare gli effetti positivi registrati fino ad ora. È una situazione che si è già verificata dopo crisi passate, anche se non di questa portata. “Dipenderà da quanto tempo durerà la pandemia e da quanto è diffuso il rallentamento dell'economia, in particolare negli Stati Uniti. Ma molto probabilmente penso che vedremo un effetto nelle emissioni globali quest'anno”, ha dichiarato alla BBC la professoressa Corinne Le Quéré dell'Università dell'Anglia orientale.

La riduzione dello smog avrebbe anche un impatto positivo sulla diffusione dell'epidemia. Una team di ricerca guidato da scienziati della Società italiana di medicina ambientale (Sima) ha infatti scoperto un’associazione tra i picchi di polveri sottili PM10 e PM2,5 nel Nord Italia e una diffusione accelerata dei contagi di COVID-19. Questo spiegherebbe il motivo per cui in Italia SARS-CoV-2 ha colpito soprattutto nella zona della Pianura Padana, una delle più inquinate in assoluto.

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