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Covid 19

I pazienti con sindrome da COVID lungo hanno sintomi anche a 7 mesi dal contagio: ecco i più comuni

Analizzando i dati di un sondaggio online dedicato a pazienti con infezione da coronavirus confermata o sospetta, un team di ricerca internazionale ha determinato che chi viene colpito da “Long COVID” o “Sindrome da COVID lungo” sperimenta sintomi anche a sette mesi di distanza dal contagio. Tra i più comuni la fatica cronica, i dolori muscolari e la nebbia cerebrale.
A cura di Andrea Centini
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La COVID-19, l'infezione provocata dal coronavirus SARS-CoV-2, è una patologia nuova e come tale ha ancora diverse caratteristiche che gli scienziati devono comprendere, in particolar modo per quel che concerne gli effetti a medio e lungo termine, tenendo presente che il patogeno è emerso in Cina circa un anno fa. In parole semplici, la storia naturale della malattia è ancora troppo breve per conoscerne a fondo tutti gli effetti. Negli ultimi mesi si è tuttavia scoperto che in alcuni pazienti l'infezione può determinare strascichi assai duraturi dopo la fase acuta, portando a una serie di sintomi cui gli scienziati hanno dato il nome di “Long COVID” o Sindrome del COVID lungo. Fatica cronica, debolezza, astenia, disturbi cognitivi (la cosiddetta “nebbia cerebrale”) e dolori muscolari sono quelli più comuni, che in alcuni casi possono perdurare anche a 7 mesi di distanza dal contagio.

Per provare a capire meglio l'impatto e la diffusione della Long COVID, analizzando il profilo dei sintomi, il decorso temporale e gli effetti su vita quotidiana, lavoro e recupero della salute, un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dello University College London e del gruppo Patient-Led Research for COVID-19 ha messo a punto un sondaggio web dedicato ai casi sospetti e confermati di COVID-19 che hanno sperimentato uno stato patologico per oltre 28 giorni. Il sondaggio, che ha coinvolto tutti partecipanti con insorgenza dei sintomi prima del mese di giugno, è stato diffuso tra gruppi di supporto online e sui social media. In tutto hanno risposto 3.762 persone di una sessantina di Paesi. In 1.166 (il 33,7 percento) avevano un'età compresa tra i 40 e i 49 anni; 937 (27,1 percento) avevano tra i 50 e i 59 anni e 905 (26,1 percento) avevano tra i 30 e i 39 anni. La stragrande maggioranza dei partecipanti era composta da donne (2961, ovvero il 78,9 percento). Fra essi, l'8,4 percento ha dichiarato di essere stato ricoverato in ospedale, mentre solo il 27 percento ha avuto una diagnosi confermata di COVID-19 dopo un tampone oro-rinofaringeo. Gli altri erano tutti casi "sospetti" di infezione.

Dall'analisi statistica dei dati raccolti, gli scienziati coordinati dalle professoresse Athena Akrami e Hannah E. Davis hanno determinato che il 96 percento dei partecipanti ha sperimentato sintomi per oltre 3 mesi. Nel sondaggio è stato richiesto di indicare l'insorgenza di uno dei 205 sintomi associati alla patologia, e per 66 di essi è stata osservata anche la durata. Dopo il sesto mese dal contagio, i sintomi indicati più diffusi sono risultati essere affaticamento (circa 80 percento); malessere dopo uno sforzo (circa il 70 percento); e disfunzioni cognitive (circa il 55 percento). Anche i dolori muscolari sono risultati particolarmente diffusi. A causa di questa condizione di malessere persistente, circa la metà dei partecipanti ha chiesto una riduzione nell'orario del lavoro, mentre il 22 percento non è più tornato a lavoro. Si tratta di numeri estremamente significativi, che hanno un impatto economico e sociale elevatissimo e di cui le istituzioni dovranno tenere conto.

Lo studio presenta tuttavia diversi limiti non sottovalutare; innanzitutto non è rappresentativo della popolazione globale (tenendo presenti le caratteristiche della coorte), inoltre sono state coinvolte anche persone “sospettate” di essere state contagiate. Senza dimenticare che si tratta di risposte auto-riferite (molte potrebbero essere legate a condizioni mentali) e che l'indagine non è ancora stata sottoposta a revisione tra pari – deve cioè essere ancora pubblicata su una rivista scientifica -, dunque i risultati potrebbero essere modificati sensibilmente. Nonostante i limiti della ricerca, la Long COVID è una realtà, come mostra lo studio “Attributes and predictors of Long-COVID: analysis of COVID cases and their symptoms collected by the Covid Symptoms Study App”, e sarà fondamentale capire come e quanto questi strascichi dell'infezione avranno un impatto sulla vita dei pazienti. I dettagli della ricerca “Characterizing Long COVID in an International Cohort: 7 Months of Symptoms and Their Impact” sono disponibili sul database online MedrXiv.

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