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Ferro meteoritico nel pugnale di Tutankhamon

Una ricerca svela quale fu l’origine di un’arma trovata nel corredo del “faraone bambino”.
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A cura di Nadia Vitali
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Le immagini del pugnale del faraone bambino
Le immagini del pugnale del faraone bambino

Un gruppo internazionale di ricercatori, appartenenti Politecnico di Milano, all'Università di Pisa, al CNR, al Politecnico di Torino, al Museo Egizio del Cairo e all'Università di Fayoum, oltre che alla ditta XGLab, ha fatto luce su una questione che, a lungo, ha impegnato i dibattiti degli studiosi: i ricercatori hanno, infatti, documentato l'origine meteoritica del ferro della lama del pugnale appartenuto a Tutankhamon.

Il sovrano egizio, che tra piramidi misteriose e ricostruzioni fisiche non smette mai di fornire elementi curiosi agli appassionati, visse una breve vita nel XIV secolo a. C. e morì che non aveva neanche vent'anni, lasciando in eredità ai posteri un corredo funerario dalla bellezza e dalla ricchezza sbalorditivi. La sua mummia venne scoperta nel 1925 dall'archeologo Howard Carter e, fin da allora, il pugnale alimentò il dibattito sulla sua effettiva origine: in molti pensavano che quella raffinata arma  avesse qualcosa di "alieno", ma la conferma è arrivata soltanto attraverso indagini appropriate.

Un'analisi chimica non invasiva, eseguita tramite la tecnica della fluorescenza di raggi X, ha rivelato che il reperto, esposto al Museo Egizio del Cairo, ha effettivamente una lama contenete nichel al 10% e cobalto per lo 0,6%: le concentrazioni, spiegano gli autori del lavoro, sono quelle tipicamente osservabili nelle meteoriti metalliche.

Dunque gli antichi egizi avevano una particolare passione per il ferro di origine meteoritica, come già testimoniato da uno studio di qualche anno fa:verosimilmente attribuivano un grande valore ad esso, se finì addirittura a fornire la lama per un pregiato pugnale di elevata qualità manifatturiera di proprietà del Faraone.

Alla ricerca hanno partecipato i professori Massimo D’Orazio e Luigi Folco, del dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Pisa: i due coordinano il gruppo di ricerca pisano per lo studio delle rocce extraterrestri che vengono catturate dal campo gravitazionale.

da sinistra, i professori Massimo D’Orazio e Luigi Folco.
da sinistra, i professori Massimo D’Orazio e Luigi Folco.

I dettagli del lavoro sono stati resi noti attraverso un articolo pubblicato dalla rivista Meteoritics and Planetary Science.

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