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Covid 19

Dovremo vaccinarci ogni anno contro la Covid-19?

Contro il coronavirus SARS-CoV-2 è in corso la più grande campagna vaccinale nella storia dell’umanità, ma secondo molti esperti essa non sarà sufficiente per eliminare del tutto il virus. Ormai è infatti troppo diffuso e radicato. Per continuare a “tenerlo a bada” anche nei prossimi anni, dunque, potrebbe essere necessario vaccinarsi ogni anno.
A cura di Andrea Centini
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Alla data odierna, giovedì 1 aprile, dall'inizio della pandemia il coronavirus SARS-CoV-2 ha infettato 130 milioni di persone in tutto il mondo e ne ha uccise 2,8 milioni (in Italia i contagi superano i 3,5 milioni e i decessi sfiorano i 110mila). Questi numeri drammatici e “ufficiali”, secondo gli esperti, rappresentano un'ampia sottostima dei casi reali, poiché la COVID-19, l'infezione provocata dal patogeno emerso in Cina, in moltissimi casi è lieve (dunque può essere confusa con altre condizioni respiratorie) o persino asintomatica. Pertanto un numero enorme di positivi sfugge alla rete dei controlli. Considerando la diffusione ubiquitaria nella popolazione umana, il virus si è ormai radicato come i patogeni responsabili di altre infezioni, e come specificato da molti esperti, compresa la virologa Ilaria Capua, neanche la campagna vaccinale globale in corso riuscirà a eliminarlo. In parole semplici, ormai è troppo tardi, e a meno di una (improbabile) sparizione improvvisa, come avvenne col virus della "Spagnola" circa cento anni fa, dovremo imparare a convivere col SARS-CoV-2, come facciamo con tante altre infezioni.

E come conviviamo con morbillo, influenza, pertosse, tetano, epatite B e le numerosissime altre malattie infettive cui siamo esposti? Semplicemente, vaccinandoci. Una o più volte nel corso della vita, in base al patogeno con cui abbiamo a che fare. Perché gli anticorpi e le altre “armi” che costituiscono le nostre difese immunitarie, dopo il vaccino, possono durare per tutta la vita, ma anche pochi mesi. Il vaccino contro l'influenza, ad esempio, va fatto ogni anno a causa del considerevole numero di virus influenzali e della loro spiccata tendenza a mutare, mentre i richiami per i vaccini contro il tetano e la difterite, ad esempio, possono essere fatti ogni 10 anni.

Se il destino del coronavirus SARS-CoV-2 sarà quello di trasformarsi in un patogeno endemico, cioè responsabile di focolai circoscritti, controllabili e socialmente accettabili, la vaccinazione contro di esso potrebbe diventare una routine annuale, esattamente come si fa con l'influenza. A specificarlo anche il professor Garattini dell'Istituto Mario Negri: "Dobbiamo essere preparati all'ipotesi che ci sia bisogno di fare i vaccini anti Covid ogni anno, come accade per l'influenza". L'Agenzia Italiana del Farmaco indica inoltre che l'immunità garantita dai vaccini potrebbe durare 9-12 mesi (quella legata all'infezione naturale un po' meno), e anche alla luce di questo dato, che ancora non è ben definito, si potranno stabilire gli intervalli tra un'inoculazione e l'altra del vaccino anti COVID. I richiami, del resto, saranno importanti non solo per rinvigorire le difese immunitarie già acquisite da precedenti infezioni o dosi di vaccino, ma anche per "perfezionarle", grazie agli aggiornamenti dei farmaci sviluppati per contrastare le varianti, sia quelle già in circolazione che quelle che potrebbero emergere in futuro.

Non è un caso che le principali case farmaceutiche siano già a lavoro su aggiornamenti dei propri vaccini per contrastare meglio le varianti sudafricana e brasiliana, caratterizzate da una mutazione di “fuga immunitaria” sulla proteina S o Spike (la E484K) che garantisce una certa resistenza agli anticorpi neutralizzanti. Non solo verso quelli scaturiti da una precedente infezione naturale, ma anche per le immunoglobuline innescate dai vaccini già approvati per l'uso di emergenza, come dimostrato da diversi studi clinici. Non si può escludere che in futuro, continuando a mutare, il SARS-CoV-2 possa accumulare nuove mutazioni in grado di renderlo capace di eludere completamente i vaccini in commercio, pertanto sarà fondamentale continuare a monitorarlo, studiarlo e a rispondere con farmaci sempre aggiornati.

Ovviamente, convivere col coronavirus nei prossimi anni non significa affatto che continueranno tutte le restrizioni che hanno stravolto le nostre vite da oltre 12 mesi. Grazie alla campagna vaccinale in corso, infatti, la circolazione del patogeno crollerà – i vaccini proteggono soprattutto dalla malattia e dalla morte, ma anche dall'infezione -, e da pandemico il SARS-CoV-2 (si spera) diventerà endemico. La nuova normalità la si raggiungerà entro 7-13 mesi, secondo il virologo Fabrizio Pregliasco.  Arriveremo a questo risultato anche con le inoculazioni della terza dose di vaccino, che alcuni Paesi stanno già programmando. Il Regno Unito, il primo Paese europeo ad avviare la campagna vaccinale anti COVID, ha annunciato che a settembre inizierà il nuovo ciclo di somministrazioni: “Alcune persone riceveranno tre dosi nel giro di dieci mesi”, ha dichiarato al Daily Telegraph il dottor Nadhim Zahawi, sottosegretario alla Sanità britannico. In questo modo si miglioreranno le difese immunitarie di coloro che hanno ricevuto le dosi di vaccino durante la primissima fase della campagna. In pratica, è l'avvio della vaccinazione periodica che potrebbe attenderci in futuro. Anche il colosso farmaceutico Pfizer ha annunciato che avvierà un trial clinico con una terza dose di vaccino, in particolar modo per verificare l'efficacia contro le varianti, ma si getteranno le basi per l'immunizzazione ciclica.

Va infine tenuto presente un ultimo aspetto, evidenziato nell'articolo “Immunological characteristics govern the transition of COVID-19 to endemicity” pubblicato sull'autorevole rivista scientifica Science da ricercatori  dell'Università Emory di Atlanta e dell'Università Statale della Pennsylvanya. Il coronavirus per sopravvivere ha bisogno del suo ospite, non “vuole” ucciderlo, e continuando a diffondersi nella popolazione umana, col passare del tempo potrebbe ridurre la propria aggressività (come avvenuto con altri patogeni). Secondo gli autori di questo studio, nel giro di 10 anni il patogeno non solo diventerebbe endemico, ma potrebbe attenuarsi a tal punto da dar vita a un banale raffreddore, come quelli provocati da altri coronavirus umani. La malattia, secondo le previsioni degli studiosi, si legherebbe fondamentalmente all'infanzia, mentre nella popolazione adulta sarebbe sempre meno preoccupante, anche grazie all'immunità acquisita con vaccini e infezioni precedenti. Se la COVID-19 diventerà davvero un semplice raffreddore per tutti, allora potrebbe non avere più senso la vaccinazione annuale. Ma al momento si tratta solo di un'ipotesi.

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