Dove è nata l’epidemia di ebola?
In una remota area della Guinea sudorientale c'era un albero cavo che forniva rifugio a centinaia di pipistrelli: per i piccoli mammiferi, comunque, questa dimora non era delle più sicure, dal momento che gli animali venivano regolarmente cacciati ed uccisi dai bambini che giocavano nei paraggi. Gli sport dei monelli (purtroppo) sono uguali un po' dappertutto, che le vittime siano lucertole o topolini. Fino ad un anno fa, un bambino in particolare, Emile Ouamouno, viveva ad appena cinquanta metri da quell'albero: aveva due anni ed è morto nel dicembre del 2013. Poche settimane dopo è stato identificato come il "paziente zero" dell'epidemia di ebola che ha flagellato e continua a flagellare l'Africa Occidentale. Quell'albero era uno dei pochi che incombevano sulla sua casa nel villaggio di Meliandou, in tutto 31 casette e poche decine di anime; ma all'inizio della scorsa primavera è stato distrutto completamente dal fuoco, non è chiaro se per una coincidenza o perché in esso era già stato identificato un potenziale nemico per la salute pubblica.
Il legame tra pipistrelli della frutta ed ebola
Quello che da allora i ricercatori si sono chiesti è stato: gli occupanti di quell'albero sono stati in qualche modo responsabili del primo passaggio del virus da animale a uomo? Per cercare di dare una risposta a tale interrogativo, gli studiosi di diversi centri di ricerca tedeschi (Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia, Robert Koch Institute di Berlino, Universitätsmedizin Berlin) hanno ripercorso a ritroso il cammino giungendo fino alla prima scintilla dell'epidemia che ha causato fino ad oggi oltre 7.800 morti, svolgendo nello scorso aprile alcune indagini a Meliandou e dintorni. I risultati del lavoro sono stati resi noti attraverso un paper pubblicato da EMBO Molecular Medicine.
Il passaggio da animale a uomo
Pur essendo plausibile l'ipotesi di un coinvolgimento dei pipistrelli della frutta nell'ambito della diffusione, non è ancora del tutto chiarita la modalità di trasmissione dei virus dagli animali agli uomini: in primo luogo alcuni sostengono che potrebbe essere importante anche l'intermediazione dei primati non umani; e inoltre, se così non fosse, come avverrebbe il contagio? Con la penetrazione dei fluidi infetti degli animali attraverso le mucose o tramite il consumo alimentare? Il problema principale è che, pur essendo evidente la correlazione con i mammiferi, non si è mai riusciti negli anni ad isolare una sola variante del virus ebola sui pipistrelli.
E anche in questo ultimo caso di studio, purtroppo, la fatalità ha reso complesse le ricerche dei tedeschi, dal momento che, quando sono giunti sul territorio africano interessato, il principale imputato, cioè l'albero con la sua colonia di pipistrelli, era già andato distrutto. Secondo quanto venne spiegato dagli abitanti del posto agli studiosi, nessuno era a conoscenza (o si era posto il problema) del fatto che il tronco cavo dell'albero ospitasse le colonie di pipistrelli: soltanto a fine marzo l'incendio liberò i volatili dal suo interno, rendendone manifesta la presenza a tutti. All'epoca, però, l'epidemia era già iniziata, quindi il consumo di carne di pipistrello era stato già messo al bando: se anche qualcuno avesse mangiato gli animali probabilmente si sarebbe trattato di episodi isolati.
Soltanto pochissimi pipistrelli causano il contagio
Nell'impossibilità di analizzare la popolazione di pipistrelli interna all'albero bruciato, i ricercatori hanno comunque raccolto campioni del tronco trovando al suo interno tracce di DNA compatibili con quelle dei pipistrelli della frutta. Successivamente si sono occupati di alcuni esemplari di pipistrelli ritrovati nei paraggi ma in alcuno di essi è stata riscontrata la presenza del virus. E i pipistrelli cacciati dall'albero? Neanche quelli sono stati rintracciati dal momento che le ordinanze diramate avevano portato alla distruzione degli animali da parte della popolazione di Meliandou.
Insomma, a quanto pare, trovare un pipistrello portatore di ebola resta un'operazione molto complicata: ciò però, secondo gli studiosi, significherebbe semplicemente che soltanto un numero estremamente basso di questi animali può essere contagiato dal virus. Oltretutto non tutte le specie di pipistrello sarebbero portatrici di ebola ma soltanto una in particolare chiamata Mops condylurus, ossia i pipistrelli insettivori "dalla coda libera" dell'Angola. Del resto non potrebbe essere altrimenti, viste le tonnellate di carne di pipistrelli consumate ogni anno: se il contagio fosse esteso a tutti i pipistrelli l'epidemie sarebbero ancor più ricorrenti e gravi, hanno spiegato gli studiosi. L'ipotesi più verosimile, quindi, resta quella del contagio attraverso fluidi infetti avvenuta a causa dell'uccisione delle bestioline che vivevano nell'albero di Meliandou: lì è nata l'epidemia devastante che ancora oggi, ad oltre un anno di distanza, non accenna a finire.