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Disastro petrolifero a Mauritius, almeno 17 delfini trovati morti lungo la costa

Almeno 17 delfini sono stati trovati spiaggiati lungo la costa dell’isola di Mauritius, i cui abitanti sono da settimane impegnati a combattere il disastro ambientale provocato dall’incidente della nave cargo giapponese MV Wakashio. Secondo gli ambientalisti la morte dei numerosi cetacei sarebbe legata direttamente o indirettamente alla fuoriuscita della marea nera.
A cura di Andrea Centini
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Uno dei delfini spiaggiati. Credit: Greenpeace Africa
Uno dei delfini spiaggiati. Credit: Greenpeace Africa

Lo scorso 25 luglio a causa del maltempo la nave cargo giapponese MV Wakashio è finita contro la barriera corallina innanzi alla costa sudorientale della splendida isola di Mauritius, iniziando a perdere petrolio e gasolio da una falla. Si ritiene che entro la metà di agosto circa mille tonnellate di combustibili fossili siano state rilasciate nel mare a causa dell'incidente, interessando fino a 15 chilometri di costa dell'isola africana, come affermato dalla Mauritius Marine Conservation Society. Oltre a numerosi granchi e pesci trovati morti, tutti uccisi dalla marea nera, il 26 agosto gli abitanti dell'isola si sono imbattuti in numerosi delfini spiaggiati. In diciassette sono morti, mentre i dieci esemplari sopravvissuti, come sottolineato alla Reuters dal membro del Ministero della Pesca Jasvin Sok Appadu, “sembravano molto provati e riuscivano a malapena a nuotare”.

Benché la morte dei cetacei sia stata immediatamente associata al disastro ambientale, gli animali non avevano segni evidenti di combustibile attorno alla bocca o allo sfiatatoio. Anche le autopsie condotte su alcuni esemplari presso l'Albion Fisheries Research Center non hanno rilevato tracce di carburante nel loro tratto digerente, sebbene l'oceanografo Vassen Kauppaymuthoo che li ha esaminati ha affermato alla BBC che i cetacei avevano un forte odore di carburante. Due degli esemplari avevano ferite evidenti molto probabilmente dovute a morsi di squalo, ma lo spiaggiamento di un numero così elevato di esemplari è del tutto insolito. Basti pensare che nel 2019 si arenano solo due esemplari nel mese di maggio.

Dunque come sono morti i delfini? Ad avanzare un'ipotesi inquietante sulla fine di questi bellissimi animali è l'ambientalista Sunil Dowarkasing, che oltre a puntare il dito contro la fuoriuscita di carburante cita anche l'affondamento della MV Wakashio. Negli scorsi giorni, infatti, la nave cargo si era spezzata in due, fortunatamente dopo che la chiusura della falla e l'aspirazione di tutto il carburante possibile, ma poiché prua era rimasta “sospesa” sulla barriera corallina, le autorità mauriziane hanno preso l'infausta decisione di affondarla deliberatamente. La forte esplosione potrebbe aver spaventato a morte i cetacei, sensibilissimi ai suoni, ed è possibile che alcuni leader si siano spiaggiati in preda al panico, seguiti dagli altri membri del gruppo. Un recente studio ha dimostrato che sonar militari, trivellazioni dei fondali e altre attività che producono forti rumori subacquei sono particolarmente letali per gli zifidi, cetacei di profondità che quando vengono spaventati sperimentano la malattia da decompressione per la rapida risalita in superficie, esattamente come accade ai subacquei. Non si esclude che i delfini coinvolti possano aver sperimentato un fenomeno analogo (benché si tratti di una specie che frequenta acque di superficie).

In riferimento alla decisione di affondare la nave, il responsabile della campagna Clima ed Energia di Greenpeace Africa Happy Khambule aveva espresso profonda perplessità. “Tra tutte le opzioni disponibili, il governo mauriziano sta scegliendo la peggiore. Affondando questa nave si metterebbe a rischio la biodiversità e si contaminerebbe l'oceano con grandi quantità di tossine derivate da metalli pesanti, minacciando anche altre aree, in particolar modo l'isola francese di La Réunion. I mauriziani non hanno avuto nulla da guadagnare dall'attraversamento della MV Wakashio nelle loro acque, e ora devono pagare il prezzo questo disastro. Un maggiore inquinamento mette ulteriormente a rischio la loro economia basata sul turismo e la sicurezza alimentare basata sul pesce ”, ha sottolineato il dirigente di Greenpeace in una dichiarazione citata da IFL.

La marea nera ora sta minacciando la riserva marina di Blue Bay, dove sono ospitati 38 specie di coralli e un'ottantina di pesci, incastonata in una zona umida di interesse internazionale. Tra le specie più a rischio il piccione rosa, endemico dell'isola, i pesci pagliaccio e le foreste di mangrovie. Tra le prime vittime dirette o indirette di questo disastro anche i poveri delfini, mentre gli abitanti dell'isola stanno facendo di tutto per provare a contenere il carburante, anche donando in massa i propri capelli.

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