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Covid 19

Covid danneggia i vasi del cervello e scatena sintomi neurologici: colpito oltre l’80% dei pazienti

Analizzando il cervello di pazienti deceduti a causa della COVID-19 grave e il tessuto cerebrale di animali infetti, un team di ricerca internazionale guidato da scienziati tedeschi dell’Università di Lubecca ha dimostrato come il coronavirus SARS-CoV-2 danneggia i piccoli vasi cerebrali innescando le patologie neurologiche, dalla “nebbia mentale” agli ictus.
A cura di Andrea Centini
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I danni ai vasi del cervello provocati dalla COVID-19. Credit: Nature neuroscience
I danni ai vasi del cervello provocati dalla COVID-19. Credit: Nature neuroscience
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Tra le principali conseguenze della COVID-19, la malattia provocata dal coronavirus SARS-CoV-2, vi è una lunga serie di sintomi neurologici, che spaziano dalla perdita dell'olfatto (anosmia) all'alterazione del gusto (disgeusia), passando per disturbi cognitivi – come la famigerata “nebbia cerebrale” -, cefalea e ictus. Secondo vari studi come la ricerca “The emerging spectrum of COVID-19 neurology: clinical, radiological and laboratory findings” pubblicata sulla rivista scientifica Brain e guidata da scienziati dell'Istituto di Neurologia dell'University College di Londra, sino all'84 percento dei pazienti Covid sperimenta disturbi neurologici, in alcuni casi fatali. I meccanismi patogenici di tali sintomi non sono ancora completamente chiari, ma un nuovo studio ha rilevato in che modo il patogeno pandemico può danneggiare i vasi sanguigni del cervello e innescare malattie neurologiche.

A condurre l'indagine è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati del Centro del cervello, del comportamento e del metabolismo (CBBM) dell'Università di Lubecca (Germania), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Laboratorio di sviluppo e plasticità del cervello neuroendocrino dell'Università di Lille (Francia), del Dipartimento di Fisiologia dell'Università di Santiago de Compostela (Spagna), dell'Istituto di Virologia dell'Università di Francoforte e di numerosi altri centri di ricerca. Gli scienziati, coordinati dal professor Markus Schwaninger, docente presso l'Istituto di farmacologia e tossicologia sperimentale e clinica dell'ateneo tedesco, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato i cervelli di pazienti deceduti a causa della COVID-19, oltre ad aver condotto alcune ricerche su modelli animali.

Nel cervello dei pazienti colpiti dalla forma grave della COVID-19 sono stati identificati cambiamenti strutturali e alterazioni nei piccoli vasi cerebrali, che sono alla base del danno vascolare. Nello specifico, sono stati osservati danni chiamati “empty basement membrane tubes” o “vasi a corda” (string vessels), che non permettono il passaggio del sangue – sono cellule morte, fondamentalmente – e che possono scatenare i disturbi cognitivi, compresi micro ictus. “SARS-COV-2 infetta le cellule endoteliali cerebrali e porta alla patologia microvascolare tramite la segnalazione RIPK (la delezione della proteina chinasi che interagisce con il recettore NDR)”, scrivono Schwaninger e colleghi nello studio. Il meccanismo patogenico è legato all'enzima proteasi del virus che è in grado di scindere il modulatore essenziale del fattore nucleare-κB (NEMO). L'ablazione di questo modulatore porta alla morte delle cellule endoteliali nel cervello umano e fa sviluppare i vasi a corda, come osservato nei modelli murini (topi).

Fortunatamente, spiegano gli studiosi, attraverso un farmaco inibitore del segnalazione RIPK è stato dimostrato che è possibile impedire la patologia microvascolare. “I nostri dati suggeriscono che RIPK è un potenziale bersaglio terapeutico per trattare la neuropatologia di COVID-19”, spiegano i ricercatori. Nelle forme lievi di COVID osservate in modelli animali, inoltre, sembra che il danno alle cellule endoteliali cerebrali sia reversibile; la speranza è che lo sia anche nell'uomo. I dettagli della ricerca “The SARS-CoV-2 main protease Mpro causes microvascular brain pathology by cleaving NEMO in brain endothelial cells” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica specializzata Nature neuroscience.

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