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Dall’ictus alla cefalea cronica: tutti i danni neurologici di Covid

A identificare le conseguenze più comuni dell’infezione da coronavirus è lo studio italiano Neuro-Covid condotto dai ricercatori delle Università di Milano-Bicocca, della Statale e dell’Istituto Auxologico con il patrocinio della Società Italiana di Neurologia. Tra i disturbi più frequenti ci sono anche le alterazioni di gusto e olfatto che possono persistere fino a sei mesi.
A cura di Valeria Aiello
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Ictus ed encefalopatia acuta, ma anche cefalea e alterazione di gusto e olfatto: sono questi alcuni dei danni neurologici causati dall’infezione da coronavirus Sars-Cov-2, identificati da un team di ricerca tutto italiano coordinato dalle Università Milano-Bicocca, della Statale e dell’Istituto Auxologico, grazie alla collaborazione di oltre 50 centri di neurologia ubicati in diverse Regioni, nell’ambito dello studio Neuro-Covid patrocinato dalla Società italiana di Neurologia (SIN). Questi disturbi, spiegano i ricercatori, sono “maggiormente causati da carenza cerebrale di ossigeno, infiammazione cerebrale oppure trombosi di arterie e di vene cerebrali”.

I danni neurologici di Covid-19

Dai dati dello studio, presentato in occasione del 25° Congresso Mondiale di Neurologia (WCN 2021) previsto dal 3 al 7 ottobre, emerge che il disturbo neurologico più frequente è l’alterazione di olfatto (anosmia) e gusto (ageusia), con durata superiore a un mese nel 50% dei casi e oltre i sei mesi nel 20%. Segue l’encefalopatia acuta, un’infiammazione rara ma grave del tessuto cerebrale, che determina “uno stato confusionale, perdita di attenzione e memoria, stato di agitazione, fino a un’alterazione dello stato di coscienza e al coma”, riportata nel 25% dei casi.

L’analisi, che prende in esame le condizioni di salute di 904 pazienti ricoverati per Covid a partire dal marzo 2020, ha inoltre valutato la frequenza di ictus ischemico (dovuto dall’improvvisa occlusione di un’arteria cerebrale), il cui legame causa-effetto “è tutt’ora oggetto di dibattito” indicano gli esperti, verificando la comparsa di questo evento nel 20% dei casi.

Quasi tutti i pazienti – precisa il coordinatore dello studio, il professore Carlo Ferrarese, direttore del Centro di Neuroscienze di Milano e della Clinica neurologica del San Gerardo di Monza – riportavano i classici fattori di rischio vascolare per un ictus, cioè ipertensione, diabete, fibrillazione atriale, ipercolesterolemia. Sembra inoltre confermato che l’infezione abbia fatto da innesco per la trombosi arteriosa cerebrale e per le trombosi venose cerebrali, molto più rare”.

Anche la cefalea associata a Covid è risultata frequente e non sempre di breve durata, diventando cronica in circa il 50% dei casi per due settimane e in quasi il 20% oltre i tre mesi. Riguardo invece i disturbi cognitivi post-Covid, che fanno parte della cosiddetta Long Covid e sono stati definiti anche come “nebbia cognitiva”, questi hanno interessato circa il 10% dei partecipanti allo studio, sebbene l’entità del disturbo “sia quasi sempre modesto e non raggiunga i criteri di demenza” indicano i ricercatori. Nella quasi totalità dei casi, la durata media è di circa 3 mesi, con risoluzione spontanea entro i 6 mesi.

Nell’ambito del Congresso, lo studio Neuro-Covid sarà confrontato con gli analoghi studi promossi da altre società neurologiche europee, con il coordinamento di una task force della European Academy of Neurology, che cura la creazione di un registro europeo, chiamato Energy. Il registro verrà inoltre confrontato con un analogo registro americano curato dalla Neurocritical Care Society e a sua volta chiamato US GCS-NeuroCovid.

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