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Coronavirus, trasmissione prima dei sintomi più diffusa del previsto: lo indicano 2 studi

I risultati di due ricerche suggeriscono che la trasmissione del coronavirus prima della comparsa dei sintomi sia molto più diffusa di quanto si creda. Un’indagine condotta sui focolai epidemici di Singapore e della città cinese di Tianjin ha rilevato che circa la metà dei pazienti ha trasmesso la COVID-19 prima di sviluppare la sintomatologia. Gli studi devono ancora essere sottoposti a revisione paritaria, mentre l’OMS considera non frequente la trasmissione asintomatica.
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A cura di Andrea Centini
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Il nuovo coronavirus emerso in Cina (SARS-CoV-2) potrebbe essere trasmesso molto facilmente durante il periodo di incubazione, cioè prima dell'emersione dei sintomi clinici come febbre, tosse, mal di gola, dispnea e altri ancora. La trasmissione asintomatica della COVID-19, l'infezione scatenata dal patogeno, avrebbe un peso persino paragonabile a quella sintomatica, con tutto ciò che ne consegue in termini di diffusione. A suggerirlo è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Università di Hasselt, in Belgio, che hanno lavorato a stretto contatto con i colleghi del Centro per il controllo delle malattie infettive presso l'Istituto nazionale per la salute pubblica e l'ambiente di Bilthoven, Paesi Bassi.

Gli scienziati, coordinati dal professor Tapiwa Ganyani dell'ateneo belga, sono giunti alla loro conclusione dopo aver analizzato i dati relativi ai cluster epidemici di COVID-19 sviluppatisi a Singapore e Tianjin, in Cina. Il tempo di incubazione medio rilevato dagli scienziati è stato di 5,20 giorni per la popolosa città-Stato del Sud Est asiatico, mentre per la metropoli cinese da oltre 15 milioni di abitanti è risultato essere di 3,95 giorni. Ricordiamo che in base alle conoscenze attuali l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e il Ministero della Salute indicano un tempo di incubazione massimo del coronavirus di 14 giorni, benché un recente studio americano indichi un tempo limite di 12 giorni. Il dato più interessante emerso dal team guidato dal professor Ganyani è proprio quello relativo alla trasmissione asintomatica: secondo gli scienziati, dopo aver analizzato i dati con modelli matematici, ben il 48 percento dei pazienti di Singapore ha trasmesso il virus prima della comparsa dei sintomi, mentre quelli di Tianjin (o Tientsin) sono stati fino al 62 percento. Si tratta di un valore elevatissimo, che sovvertirebbe quanto indicato dall'OMS. Al momento, infatti, in base a quanto riportato dal Ministero della Salute, “l’OMS considera non frequente l’infezione da nuovo Coronavirus prima che sviluppino sintomi”. Qualora i dati dello studio belga-olandese venissero confermati (l'articolo è ancora in attesa di revisione paritaria), è verosimile che debba essere data molta più rilevanza alla trasmissione asintomatica. Anche gli scienziati Yang Liu, Sebastian Funk e Stefan Flasche, analizzando i dati di coronavirus in Germania avrebbero determinato un impatto significativo della trasmissione asintomatica.

Se confermata, sarebbe una caratteristica estremamente subdola del SARS-CoV-2, che potrebbe essere alla base della rapida diffusione del patogeno in oltre 100 nazioni. Nel momento in cui stiamo scrivendo, sulla base della mappa interattiva messa a punto dall'Università Johns Hopkins, il coronavirus ha infettato oltre 135mila persone in tutto il mondo e ne ha uccise poco meno di 5mila: solo in Italia si registrano 15mila casi e oltre mille morti, più del 20 percento del totale. Se davvero la trasmissione asintomatica fosse così rilevante, il virus avrebbe un comportamento molto diverso dai betacoronavirus della SARS e dalla MERS, che pur essendo molto simili si diffondevano solo dopo la comparsa dei sintomi.

Per controllare una pandemia di questo tipo diventa fondamentale il distanziamento sociale, attuando misure draconiane di contenimento incisive, come quelle adottate prima a Wuhan (dove è emersa l'epidemia) e successivamente anche in Italia. I dettagli dei due studi sulla diffusione asintomatica del coronavirus sono stati pubblicati sulla rivista scientifica medrXiv e sul sito del CMMID (Center for mathematical modelling of infectious diseases)

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